lunedì 26 aprile 2010
giovedì 22 aprile 2010
25 aprile: San Marco e ITALIA al Cimitero delle Croci Bianche, Altare
Altare: anche quest'anno il 25 Aprile delle Croci Bianche
Anche quest'anno, come ormai da molto tempo, la mattina del 25 Aprile, festa della Liberazione dal nazi-fascismo (sic), il cimitero militare delle croci bianche, ad Altare, ospiterà una cerimonia di commemorazione di tutti i caduti, compresi i molti appartenenti alla repubblica sociale di Salò (sic) ed alla Decima MAS qui seppelliti, a fianco di diversi combattenti Partigiani. Una manifestazione unica in zona, spesso non scevra da polemiche, che negli intenti degli organizzatori si prefigge di ricordare tutti gli italiani caduti in combattimento e di sottolineare lo spirito patriottico ed unitario di questo luogo simbolico. Il Comune di Altare, inoltre, ha reso noto che alle 9,45 avverrà la consueta deposizione della Corona commemorativa.
Foto tratta dal sito web dell'Associazione Culturale Italia, riferita alle celebrazioni del 25 aprile 2009. Nella foto il sindaco Flavio Genta.
l.m.
Martedì 20 Aprile 2010 ore 07:01
http://www.savonanews.it/it/internal.php?news_code=74330
Etichette:
Altare,
Cimitero delle Croci Bianche,
San Marco
lunedì 19 aprile 2010
I combattimenti del Btg. Lupo sul Senio, nella testimonianza del Sottocapo Luigi Sitia
Nella foto, sulla destra, Luigi Sitia. Milano, novembre 1944.
Testimonianza del Sottocapo Luigi Sitia, Btg. Lupo, sui combattimenti difensivi lungo gli argini del fiume Senio, tra Alfonsine e Fusignano, 1945.
Avevo diciott'anni; credevo, così come oggi ancora fermamente credo, in Dio e nella Patria e, con una trentina di ragazzi come me, al comando di un giovane sottotenente torinese, nella notte del 29 dicembre 1944, percorrevo una strada di campagna, qua e là sbranata dalle granate, in avvicinamento agli argini del fiume Senio, lungo via Stroppata.
Ci saremmo sistemati nelle postazioni scavate negli argini meridionali del Senio, più o meno all'altezza della frazione La Rossetta, poco distante da Alfonsine. Ogni tanto il fischio di un proiettile in arrivo ci obbligava a buttarci per terra, malgrado Capo Basadonna sbraitasse: "Camminare! Perdio!... Se fischia non colpisce!... È quando soffia, che bisogna buttarsi a terra!". Lui lo sapeva, perché reduce dalle ultime battaglie in Tunisia... era un "duro del regio San Marco! E, siccome piovigginava, ci ritrovammo presto tutti più o meno sporchi di fango.
In silenzio, su una passerella traballante, attraversammo il fiumiciattolo, poi io e Colombo, il porta arma, prendemmo possesso di un bel buco scavato nella fiancata settentrionale dell'argine e che fuoriusciva, con una stretta feritoia, sulla fiancata meridionale, proprio sopra i ruderi di alcune case da cui proveniva un incredibile profumo di caffè!
Lì sotto erano Canadesi.
I Tedeschi, a cui stavamo dando il cambio, avvertirono: "State attenti, hanno cecchini che non sbagliano!". Il giorno dopo Santoni doveva verificare l'esattezza di quell'avvertimento... Alzatosi in piedi sull'argine per sparare a colpo sicuro, nell'attimo successivo si ritrovò senza fucile e col braccio sinistro trapassato dal polso all'omero. Lo accolse l'ospedale di Argenta e per lui la guerra finì lì. Non per noi, che eravamo lì per dimostrare al nemico di sempre e soprattutto all'ex-alleato, che gli Italiani non erano banderuole e che sapevano anche perdere la guerra, senza perdere la faccia. Quella era la molla, la motivazione fondamentale dei Marinai della Xa Flottiglia MAS, ora presenti sugli argini del Senio, ma che già avevano lasciato non pochi caduti nella pianura di Anzio, nella ritirata lungo le strade toscane, nelle foreste del Cansiglio e tra le pietre delPIstria. Per qualcuno era anche difesa del proprio credo politico, ma per tutti valeva una sola professione di fede: "Fosse pure la mia, purché l'Italia viva?'.
Alcuni giorni dopo essere entrati in linea, era il 6 gennaio 1945, per alcuni di noi fu la sua!
Dovevamo attaccare alcune case poste all'inizio di via Bellaria, quelle da cui proveniva a sera il vigliacco profumo di caffè, per spodestarne gli occupanti... ma i Canadesi la guerra la sapevano fare, mentre noi volevamo soltanto farla, senza renderci ben conto che - per farla - bisognava voler uccidere!
Scesi cautamente dall'argine, aggirate le case, ci stavamo avvicinando all'obiettivo, quando improvvisamente fummo presi tra il fuoco concentrico di tre postazioni canadesi... Schiacciato nel fango, sentivo le pallottole dei Bren canadesi sfiorare le natiche fradice di fango e di pioggia, mentre l'urlo di un ferito a morte squarciava la notte: "Mamma!...aiuto! Mamma!". Ma gli rispondevano soltanto le raffiche sempre più fitte dei nemici. Poi una voce urlò: "II Comandante è morto! Rientrare!", il che equivalse al si salvi chi può.
Davanti a me vedevo la fiammella del mitragliatore canadese che sparava su di noi; non era a più di quattro-cinque metri... restando sdraiato lanciai una bomba a mano, che non scoppiò, poi mi alzai in piedi e raggiunsi, non so bene come, l'argine di corsa. Prima di afferrare il mitragliatore saltai sull'argine e scagliai una, due bombe a mano... tutte quelle che ancora avevo in dotazione, ma nessuna scoppiò. Il giorno dopo ci accorgemmo che quelle bombe erano state sabotate; non avevano il percussore!
Più tardi scrissi il brano che segue, già apparso su una pubblicazione del mio compagno di Battaglione Bonvicini, ormai salito sulle nubi del Cielo, e che mi legge da Lassù:" È finita. Incrostato di fango sono tornato al mitragliatore, mentre Franco è andato a dare una mano per trasportare il Comandante nelle retrovie. Rimango così, allucinato, con gli occhi sbarrati nelle tenebre, sotto la pioggia che è ricominciata e che ora picchietta con insistenza sull'elmetto. Ho ancora negli occhi tutto ciò che ho visto a pochi metri da me, mi si è infitto nel cervello quell'urlo disumano. Pare che i Canadesi non si accontentino della batosta che ci hanno inflitto: forse intendono sfruttare il nostro disorientamento. Si odono rumori sotto l'argine, raffiche di thompson fanno zampillare la terra ai bordi delle postazioni. Probabilmente non si credono in forze sufficienti, altrimenti attaccherebbero su tutta la linea.
Una rabbia sorda, forse reazione a tutto ciò che ho provato, mi assale alla gola. Afferro il mitragliatore e sparo, sparo un caricatore via l'altro e unisco una maledizione a ogni pallottola.
Verso l'alba mi sento diventato bambino, come quando avevo bisogno della mamma e m'abbandono sfinito sulla canna rovente dell'arma. Piango in silenzio, e sottovoce chiamo i camerati scomparsi...Gatti, Ferrano, Savona, Fanfani, Messina, il mio Tenente".
Due giorni dopo, previa intensa battuta di mortaio, attaccammo quei dannati casolari e li occupammo quasi senza colpo ferire, perché i Canadesi ebbero la buona presenza di spirito di andarsene dopo la prima grandinata dei mortai di Voltolina che con le mitragliere da 20 e i mortai ci sapeva fare. Tra le macerie trovammo ogni ben di Dio, dalle coperte di lana merinos alle cioccolate, dai barattoli di corned-beef ai pacchetti di sigarette Navy-Cut... anche armi e munizioni, molte delle quali traccianti, che impiegammo subito per far conoscere agli avversar! il nostro gradimento.
E sull'unica parete rimasta quasi intatta, il sottocapo Erasmi scrisse col carbone: Hic manebimus optime! Purtroppo non fu così. Erasmi cadde pochi giorni dopo. Così trascorsero i giorni di quei lunghi mesi: di giorno piovevano bombe e mitragliate dagli aerei; di notte si strisciava nel fango, fino a raggiungere le postazioni avversarie per gettarvi dentro qualche bomba a mano... e, ogni tanto, qualcuno non tornava nelle linee perché saltava su una mina o perché cadeva sotto le raffiche degli avversari.
Sulla via Pratolungo, alle nostre spalle, era una chiesetta abbandonata... vi approntammo il nostro cimitero di guerra e, quasi ogni giorno, dovevamo scavare una fossa in più. Quando ce ne andammo i tumuli sormontati dall'elmetto erano parecchi; quanti, ...non ricordo più, ma soltanto quelli della mia Compagnia erano almeno una decina, dal Gap. Strada al piccolo Farcis, dal sottocapo Challier al marò Leoni (saltato su una mina mentre tentava di soccorrere il sottocapo Marchetta) senza contare quelli caduti dall'altra parte dell'argine e quelli morti all'ospedale per le ferite riportate sugli argini insanguinati del fiume Senio.
Ora il piccolo cimitero è sparito. In quella terra di Romagna sono fioriti e restano ben custoditi i cimiteri che raccolgono i caduti tedeschi, inglesi, polacchi, canadesi ed ebrei, ma quelli che accolsero i morti da dimenticare sono spariti. Fino a qualche anno fa rimaneva la chiesetta, diroccata, con le tracce della scritta: "Xa - Lupo Fosse pure la mia purché l'Italia viva. Ci sarà ancora?... Almeno quella?
A fine febbraio 1945, quasi tre mesi dopo il nostro arrivo, mentre i Tedeschi avevano avuto due avvicendamenti e davanti a noi ai Canadesi erano succeduti i Polacchi e poi i Neozelandesi, così io scrissi, nel diario tracciato poi in prigionia, a est di Algeri: "Il giorno del diluvio si approssimava. Bisognava fare qualcosa, nella vana illusione di arrestarlo. I capisaldi inglesi, così come i nostri, erano collegati col telefono e dal Comando di Compagnia giunse un ordine: interrompere quei collegamenti! I cinque rimasti tirarono le pagliuzze... La paura, a momenti, penetrava fin dentro le ossa. Erano
cinque larve umane, ben consapevoli dell'annientamento finale. Ma ancora lottavano per allontanarne la data... e anche una pagliuzza poteva servire".
Qualche giorno dopo, sostituiti da soldati tedeschi, i resti del Btg. "Lupo" marciarono in silenzio verso Boccaleone. Là vennero avvertiti che sarebbero stati spostati nel Veneto e, una volta ripuliti e ricompattati, sarebbero stati trasferiti sulla frontiera orientale, dove già combattevano e morivano i ragazzi del "Barbarigo", derFulmine", del "Valanga", percon-tenere i partigiani slavi, che volevano scendere su Trieste. E i marinai della Xa Flottiglia MAS, trasformati in marò, cantavano: "... Navi d'Italia che ci foste tolte, /non in battaglia, ma col tradimento! / Nostri fratelli prigionieri o morti, /noi vi facciamo questo giuramento... / ...combatteremo finché avremo pace con onore!".
E i ragazzi del Btg. "Lupo" ebbero questo onore! Lo sanno i Padovani che li videro sfilare, insieme ai resti della Divisione Decima, davanti ai Neozelandesi che rendevano l'onore delle armi.
Un onore che non ebbero dai fratelli italiani, neanche dopo morti. Ma tutto ciò, ormai, non ha più importanza! I marò del "Lupo" sono ormai quasi tutti Lassù, affratellati a quei loro fratelli prigionieri o morti, per i quali vollero continuare a combattere fino alla fine, perché nessuno potesse dire, nel mondo intero, a cominciare soprattutto dai Tedeschi, che gli Italiani sono gente infida, che trovano sempre i modi e le giustificazioni per saltare sul carro vincente. E, certamente, ormai a conoscenza della Verità, pregano tutti assieme Iddio perché l'Italia viva!
Ci saremmo sistemati nelle postazioni scavate negli argini meridionali del Senio, più o meno all'altezza della frazione La Rossetta, poco distante da Alfonsine. Ogni tanto il fischio di un proiettile in arrivo ci obbligava a buttarci per terra, malgrado Capo Basadonna sbraitasse: "Camminare! Perdio!... Se fischia non colpisce!... È quando soffia, che bisogna buttarsi a terra!". Lui lo sapeva, perché reduce dalle ultime battaglie in Tunisia... era un "duro del regio San Marco! E, siccome piovigginava, ci ritrovammo presto tutti più o meno sporchi di fango.
In silenzio, su una passerella traballante, attraversammo il fiumiciattolo, poi io e Colombo, il porta arma, prendemmo possesso di un bel buco scavato nella fiancata settentrionale dell'argine e che fuoriusciva, con una stretta feritoia, sulla fiancata meridionale, proprio sopra i ruderi di alcune case da cui proveniva un incredibile profumo di caffè!
Lì sotto erano Canadesi.
I Tedeschi, a cui stavamo dando il cambio, avvertirono: "State attenti, hanno cecchini che non sbagliano!". Il giorno dopo Santoni doveva verificare l'esattezza di quell'avvertimento... Alzatosi in piedi sull'argine per sparare a colpo sicuro, nell'attimo successivo si ritrovò senza fucile e col braccio sinistro trapassato dal polso all'omero. Lo accolse l'ospedale di Argenta e per lui la guerra finì lì. Non per noi, che eravamo lì per dimostrare al nemico di sempre e soprattutto all'ex-alleato, che gli Italiani non erano banderuole e che sapevano anche perdere la guerra, senza perdere la faccia. Quella era la molla, la motivazione fondamentale dei Marinai della Xa Flottiglia MAS, ora presenti sugli argini del Senio, ma che già avevano lasciato non pochi caduti nella pianura di Anzio, nella ritirata lungo le strade toscane, nelle foreste del Cansiglio e tra le pietre delPIstria. Per qualcuno era anche difesa del proprio credo politico, ma per tutti valeva una sola professione di fede: "Fosse pure la mia, purché l'Italia viva?'.
Alcuni giorni dopo essere entrati in linea, era il 6 gennaio 1945, per alcuni di noi fu la sua!
Dovevamo attaccare alcune case poste all'inizio di via Bellaria, quelle da cui proveniva a sera il vigliacco profumo di caffè, per spodestarne gli occupanti... ma i Canadesi la guerra la sapevano fare, mentre noi volevamo soltanto farla, senza renderci ben conto che - per farla - bisognava voler uccidere!
Scesi cautamente dall'argine, aggirate le case, ci stavamo avvicinando all'obiettivo, quando improvvisamente fummo presi tra il fuoco concentrico di tre postazioni canadesi... Schiacciato nel fango, sentivo le pallottole dei Bren canadesi sfiorare le natiche fradice di fango e di pioggia, mentre l'urlo di un ferito a morte squarciava la notte: "Mamma!...aiuto! Mamma!". Ma gli rispondevano soltanto le raffiche sempre più fitte dei nemici. Poi una voce urlò: "II Comandante è morto! Rientrare!", il che equivalse al si salvi chi può.
Davanti a me vedevo la fiammella del mitragliatore canadese che sparava su di noi; non era a più di quattro-cinque metri... restando sdraiato lanciai una bomba a mano, che non scoppiò, poi mi alzai in piedi e raggiunsi, non so bene come, l'argine di corsa. Prima di afferrare il mitragliatore saltai sull'argine e scagliai una, due bombe a mano... tutte quelle che ancora avevo in dotazione, ma nessuna scoppiò. Il giorno dopo ci accorgemmo che quelle bombe erano state sabotate; non avevano il percussore!
Più tardi scrissi il brano che segue, già apparso su una pubblicazione del mio compagno di Battaglione Bonvicini, ormai salito sulle nubi del Cielo, e che mi legge da Lassù:" È finita. Incrostato di fango sono tornato al mitragliatore, mentre Franco è andato a dare una mano per trasportare il Comandante nelle retrovie. Rimango così, allucinato, con gli occhi sbarrati nelle tenebre, sotto la pioggia che è ricominciata e che ora picchietta con insistenza sull'elmetto. Ho ancora negli occhi tutto ciò che ho visto a pochi metri da me, mi si è infitto nel cervello quell'urlo disumano. Pare che i Canadesi non si accontentino della batosta che ci hanno inflitto: forse intendono sfruttare il nostro disorientamento. Si odono rumori sotto l'argine, raffiche di thompson fanno zampillare la terra ai bordi delle postazioni. Probabilmente non si credono in forze sufficienti, altrimenti attaccherebbero su tutta la linea.
Una rabbia sorda, forse reazione a tutto ciò che ho provato, mi assale alla gola. Afferro il mitragliatore e sparo, sparo un caricatore via l'altro e unisco una maledizione a ogni pallottola.
Verso l'alba mi sento diventato bambino, come quando avevo bisogno della mamma e m'abbandono sfinito sulla canna rovente dell'arma. Piango in silenzio, e sottovoce chiamo i camerati scomparsi...Gatti, Ferrano, Savona, Fanfani, Messina, il mio Tenente".
Due giorni dopo, previa intensa battuta di mortaio, attaccammo quei dannati casolari e li occupammo quasi senza colpo ferire, perché i Canadesi ebbero la buona presenza di spirito di andarsene dopo la prima grandinata dei mortai di Voltolina che con le mitragliere da 20 e i mortai ci sapeva fare. Tra le macerie trovammo ogni ben di Dio, dalle coperte di lana merinos alle cioccolate, dai barattoli di corned-beef ai pacchetti di sigarette Navy-Cut... anche armi e munizioni, molte delle quali traccianti, che impiegammo subito per far conoscere agli avversar! il nostro gradimento.
E sull'unica parete rimasta quasi intatta, il sottocapo Erasmi scrisse col carbone: Hic manebimus optime! Purtroppo non fu così. Erasmi cadde pochi giorni dopo. Così trascorsero i giorni di quei lunghi mesi: di giorno piovevano bombe e mitragliate dagli aerei; di notte si strisciava nel fango, fino a raggiungere le postazioni avversarie per gettarvi dentro qualche bomba a mano... e, ogni tanto, qualcuno non tornava nelle linee perché saltava su una mina o perché cadeva sotto le raffiche degli avversari.
Sulla via Pratolungo, alle nostre spalle, era una chiesetta abbandonata... vi approntammo il nostro cimitero di guerra e, quasi ogni giorno, dovevamo scavare una fossa in più. Quando ce ne andammo i tumuli sormontati dall'elmetto erano parecchi; quanti, ...non ricordo più, ma soltanto quelli della mia Compagnia erano almeno una decina, dal Gap. Strada al piccolo Farcis, dal sottocapo Challier al marò Leoni (saltato su una mina mentre tentava di soccorrere il sottocapo Marchetta) senza contare quelli caduti dall'altra parte dell'argine e quelli morti all'ospedale per le ferite riportate sugli argini insanguinati del fiume Senio.
Ora il piccolo cimitero è sparito. In quella terra di Romagna sono fioriti e restano ben custoditi i cimiteri che raccolgono i caduti tedeschi, inglesi, polacchi, canadesi ed ebrei, ma quelli che accolsero i morti da dimenticare sono spariti. Fino a qualche anno fa rimaneva la chiesetta, diroccata, con le tracce della scritta: "Xa - Lupo Fosse pure la mia purché l'Italia viva. Ci sarà ancora?... Almeno quella?
A fine febbraio 1945, quasi tre mesi dopo il nostro arrivo, mentre i Tedeschi avevano avuto due avvicendamenti e davanti a noi ai Canadesi erano succeduti i Polacchi e poi i Neozelandesi, così io scrissi, nel diario tracciato poi in prigionia, a est di Algeri: "Il giorno del diluvio si approssimava. Bisognava fare qualcosa, nella vana illusione di arrestarlo. I capisaldi inglesi, così come i nostri, erano collegati col telefono e dal Comando di Compagnia giunse un ordine: interrompere quei collegamenti! I cinque rimasti tirarono le pagliuzze... La paura, a momenti, penetrava fin dentro le ossa. Erano
cinque larve umane, ben consapevoli dell'annientamento finale. Ma ancora lottavano per allontanarne la data... e anche una pagliuzza poteva servire".
Qualche giorno dopo, sostituiti da soldati tedeschi, i resti del Btg. "Lupo" marciarono in silenzio verso Boccaleone. Là vennero avvertiti che sarebbero stati spostati nel Veneto e, una volta ripuliti e ricompattati, sarebbero stati trasferiti sulla frontiera orientale, dove già combattevano e morivano i ragazzi del "Barbarigo", derFulmine", del "Valanga", percon-tenere i partigiani slavi, che volevano scendere su Trieste. E i marinai della Xa Flottiglia MAS, trasformati in marò, cantavano: "... Navi d'Italia che ci foste tolte, /non in battaglia, ma col tradimento! / Nostri fratelli prigionieri o morti, /noi vi facciamo questo giuramento... / ...combatteremo finché avremo pace con onore!".
E i ragazzi del Btg. "Lupo" ebbero questo onore! Lo sanno i Padovani che li videro sfilare, insieme ai resti della Divisione Decima, davanti ai Neozelandesi che rendevano l'onore delle armi.
Un onore che non ebbero dai fratelli italiani, neanche dopo morti. Ma tutto ciò, ormai, non ha più importanza! I marò del "Lupo" sono ormai quasi tutti Lassù, affratellati a quei loro fratelli prigionieri o morti, per i quali vollero continuare a combattere fino alla fine, perché nessuno potesse dire, nel mondo intero, a cominciare soprattutto dai Tedeschi, che gli Italiani sono gente infida, che trovano sempre i modi e le giustificazioni per saltare sul carro vincente. E, certamente, ormai a conoscenza della Verità, pregano tutti assieme Iddio perché l'Italia viva!
Etichette:
Btg. Lupo,
Fronte sud,
Senio,
Sottocapo Luigi Sitia,
Xa MAS
domenica 18 aprile 2010
Gli autori di ITALIA (1): Pierluigi Romeo di Colloredo
Pierluigi Romeo di Colloredo è nato a Roma l’11 febbraio 1966. Archeologo e storico, si è laureato in Lettere presso l’Università di Roma La Sapienza con tesi in Egittologia; si è specializzato in Archeologia Orientale (indirizzo egittologico) ed ha conseguito il Dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi di Venezia “Cà Foscari”. Ha prestito servizio militare come Ufficiale dei Granatieri di Sardegna ed è Capitano della Riserva qualificata. Appassionato di storia militare e conoscitore di Kriegsspiele, è autore di numerosi saggi storici, e in particolare di una serie d’opere basilari sui reparti delle Camicie Nere, segnalati anche nelle biblioteche delle università di Berkeley, Stanford e Toronto:
Passo Uarieu. Le Termopili delle CCNN in Etiopia, ITALIA, Genova 2007, Eserciti sul Piave 1917-1918, Chillemi, Roma 2007; La Battaglia del Solstizio. Piave, giugno 1918 (con fotografie dell’AUSSME), ITALIA, Genova 2008; La Guerra Italo-etiopica 1935-1936, Chillemi, Roma 2008; Emme Rossa! Le Camicie Nere sul Fronte russo, 1941-1943 (con fotografie dell’AUSSME), ITALIA, Genova 2008; I pretoriani di Mussolini. Storia militare delle Camicie nere 1923-1943, Chillemi, Roma 2009; I Pilastri del Romano Impero. Le Camicie Nere in Africa Orientale 1935-1936, ITALIA, Genova 2009; …Et l’Alifante battagliò coll’Aquila. Sigismondo Pandolfo dei Malatesti e Federico da Montefeltro: vita parallela di due condottieri nell’Italia del XV secolo, Chillemi, Roma 2009; I Cavalieri della Croce Nera. L’Ordensbuch del 1264: statuti e regola dell’Ordine Teutonico, ITALIA, Genova 2009.
Ha inoltre all’attivo molte pubblicazioni scientifiche storico-archeologiche, tra le quali citiamo:
L’Egitto al tempo dei Romani, in B. Adembri (cur.) Suggestioni egizie a Villa Adriana, Electa Mondadori, Milano 2006; Sabina e l’Egitto in B. Adembri, R. M. Nicolai (curr.) Vibia Sabina, da Augusta a Diva, Electa Mondadori, Milano 2007.
Passo Uarieu. Le Termopili delle CCNN in Etiopia, ITALIA, Genova 2007, Eserciti sul Piave 1917-1918, Chillemi, Roma 2007; La Battaglia del Solstizio. Piave, giugno 1918 (con fotografie dell’AUSSME), ITALIA, Genova 2008; La Guerra Italo-etiopica 1935-1936, Chillemi, Roma 2008; Emme Rossa! Le Camicie Nere sul Fronte russo, 1941-1943 (con fotografie dell’AUSSME), ITALIA, Genova 2008; I pretoriani di Mussolini. Storia militare delle Camicie nere 1923-1943, Chillemi, Roma 2009; I Pilastri del Romano Impero. Le Camicie Nere in Africa Orientale 1935-1936, ITALIA, Genova 2009; …Et l’Alifante battagliò coll’Aquila. Sigismondo Pandolfo dei Malatesti e Federico da Montefeltro: vita parallela di due condottieri nell’Italia del XV secolo, Chillemi, Roma 2009; I Cavalieri della Croce Nera. L’Ordensbuch del 1264: statuti e regola dell’Ordine Teutonico, ITALIA, Genova 2009.
Ha inoltre all’attivo molte pubblicazioni scientifiche storico-archeologiche, tra le quali citiamo:
L’Egitto al tempo dei Romani, in B. Adembri (cur.) Suggestioni egizie a Villa Adriana, Electa Mondadori, Milano 2006; Sabina e l’Egitto in B. Adembri, R. M. Nicolai (curr.) Vibia Sabina, da Augusta a Diva, Electa Mondadori, Milano 2007.
Prossime uscite:
Croce di ghiaccio. Il CSIR e l'ARMIR in Russia, 1941-1943
Controrivoluzione massonica. Da Valmy a Waterloo i massoni che si batterono contro la rivoluzione. Re, zar,imperatori- Luigi XVI,Giorgio III, Giuseppe II- generali- dal duca di Brunswick a Wellington e Blucher- artisti- Beethoven,Haydn, Korner- sino a de Maistre all'"Arcangelo della Vandea" Henri de La Rochejaqueline ed a Nelson, la storia dei fratelli che combatterono contro la rivoluzione che sciolse la massoneria francese.
venerdì 16 aprile 2010
Addio a Vianello, combattente nelle FFAA della RSI
ROMA — Un sorriso, sì, gli sarebbe scappato: a mezza bocca, sornione, come sempre. Perché uno con tanta avversione per la retorica da affidare il suo primo vero outing da vecchio ragazzo della Repubblica Sociale a un’intervista intitolata «Non rinnego né Salò né Sanremo», beh, magari si sarebbe pure commosso, ma di sicuro non ce l’avrebbe fatta a restare proprio serio davanti all’onda anomala di blogger di ultradestra che salutano adesso «il camerata Raimondo», gli dedicano post con croci celtiche e fasci littori corredati da pensieri come «Vianello presente! Onore alla tua coerenza» e da versi di Mario Castellacci, l’autore di «Le donne non ci vogliono più bene», l’inno romantico e guascone dei giovani repubblichini.
È rimasta seminascosta come un fiume carsico, ed infine è tornata su, quell’intervista del 1998 a Lo Stato di Marcello Veneziani, in sintonia ma anche in polemica coi tempi, perché già Violante aveva avviato il ripensamento della sinistra postcomunista sui ragazzi che scelsero «la parte sbagliata» dopo l’8 settembre ’43, e già Fini dopo Fiuggi aveva approfondito a sua volta la revisione della destra su quegli anni: «I giovani che sono andati a Salò dovrebbero essere più rispettati se non altro per i loro ideali ispiratori. Chi è andato su sapeva di finire male. Non va abiurato», disse allora Raimondo, al culmine della sua quarta o quinta giovinezza, dopo gli anni ruggenti di «Un due tre» con Ugo Tognazzi (altro camerata ragazzino, Brigata Nera di Cremona) e tre decenni consecutivi di trionfi tv, ancora in cima alla popolarità grazie a «Casa Vianello», l’eterna sit-com con l’amata Sandra. «Sapevo che c’era questa storia, mandai un redattore, lui ne fu contento, non ebbe alcuna ritrosia a parlarne», ricorda adesso Veneziani.
Dodici anni dopo, questo Paese spaesato ha fame di icone pop. Dal post di «DeEuropaeaStirpe»: «Raimondo Vianello, bersagliere volontario della Rsi: aderì per ribellione verso il colonnello comandante che il 12 settembre, con un piede già sulla macchina carica di roba, lo chiamò per dirgli a bassa voce come fosse una confidenza: "Vianello, si salvi chi può!" Onore a te, camerata, riposa in pace». Sembra di rileggere «A cercar la bella morte», le pagine di Carlo Mazzantini che, sedicenne, vede volare giù dalle finestre del suo palazzo i busti del duce dopo il 25 luglio, si volta sconcertato verso il padre che gli fa segno di starsene buono e aspettare che passi la buriana, matura la decisione di combattere «per l’onore della patria» che lo porterà al nord. Mirko Tremaglia, l’ultimo di quei ragazzi ancora in Parlamento, racconta: «Vianello era con me al campo di prigionia di Coltano, vicino Pisa, nell’estate del ’45. Eravamo 36 mila della Repubblica sociale. Non ha mai rinnegato la sua storia. Come Tognazzi. Come Walter Chiari. Come Giorgio Albertazzi». Un lampo: «Gli americani che comandavano il campo ci tenevano alla fame. E per punirci ci mettevano nella "fossa dei fachiri", piena di pietre aguzze, a piedi nudi». Poi un sorriso, perché il tempo non è passato invano e ha levigato il ricordo di quelle pietre: «Loro, quelli di noi che sono diventati personaggi di spettacolo, hanno contribuito molto alla pacificazione, ci hanno avvicinato alla gente». Si dura fatica a calare un mito televisivo dell’Italia postbellica dentro quella tragedia collettiva che stava concludendo la sua parabola nei fascist criminal camp narrati da Roberto Mieville, mito letterario dei giovani missini anni Sessanta e Settanta.
Anche Albertazzi raccontò a un giornale la sua storia: «E certo mi danneggiò enormemente nel cinema, un certo cinema era tutto comunista». Diversa la strada di Vianello: «Raimondo era d’istinto quello che si diceva un attore brillante, se uno pensa alla scena di Tarzan o all’indimenticabile Un due tre"...». Nel piccolo universo blogger della destra nostalgica e a tratti persino ingenua, l’«attor brillante » ritrova infine il giovane bersagliere. «Non ha mai rinnegato» (Vovò). «Soldato che mai ha ritrattato la propria appartenenza » (Johnny). «Chiari, Tognazzi ed ora lui: dopo la Rsi la tv, ed ora continueranno anche da lassù» (eja-Gio). «Portava con sé l’umanità e la simpatia di tanti giovani fascisti che nell’Italia dopo il 1945 dovettero lavorare duro e mandare giù rospi incredibili per andare avanti» (Quinto Fabio Massimo). Ci sono percorsi dove la piccola storia popolare incontra la Storia con la maiuscola. Dieci anni fa, uno studioso di sinistra famoso come Roberto Vivarelli, pubblicando il libro di memorie «La fine di una stagione», confessò: «Sono stato un fascista repubblicano a 13 anni e non me ne pento» (dove l’assenza di pentimento era sottolineata anche da quel repubblicano in luogo dello spregiativo repubblichino). Mazzantini, commentando quella confessione, si rammaricò che non fosse avvenuta prima, quando «certi giudizi storici potevano ancora essere modificati». Poi aggiunse: «Se oggi mi venisse riproposta la scelta, alla luce di tutto ciò che ho imparato, sceglierei ciò che scelse la maggioranza degli italiani e fu sintetizzato da una scritta apparsa a Trastevere: nun volemo né tedeschi né americani fatece piagne da soli». Vianello, rimarginate le cicatrici di Coltano, aveva scelto di farci sorridere.
Goffredo Buccini
16 aprile 2010
Nota dell'Ass. ITALIA: secondo altre fonti Vianello avrebbe combattuto nel Btg. NP della Xa MAS (grazie a P.R. di Colloredo per la segnalazione).
mercoledì 14 aprile 2010
Storia in Rete di aprile è in edicola!
Storia in Rete di aprile è in edicola!
Storia in Rete di aprile dedica un ampia sezione iniziale ad alcuni degli aspetti oscuri della politica estera di Mussolini, dalla scoperta di un servizio segreto creato dal Duce a Salò per contrastare il tentativo tedesco di annettere il Trentino-Alto Adige alla poco nota – ma molto istruttiva – vicenda della “Linea Non-mi-fido”, la fortificazione del confine al Brennero portata avanti dal 1940 al 1942 in piena alleanza italo-tedesca. E ancora l’ultimo Mussolini, oscillante fra pensieri di morte e disfatta e fisso agli “assi” che ancora gli restavano nella manica e la vicenda dei documenti che forse erano quegli “assi” e che finirono in mano inglese. E – infine – la storia di De Agazio, uno dei primi giornalisti ad indagare sulla sorte di quei documenti, assassinato nel 1947 perchè giunto troppo vicino a verità scottanti. Chiuso il lungo “dossier Mussolini”, Storia in Rete torna ad occuparsi di Risorgimento, con un ritratto di Luigi Luzzatti e quindi con la 14^ puntata della storia dell’astronautica italiana si avvicina al momento clou della nascita dell’Agenzia Spaziale tricolore. Storia in Rete quindi getta uno sguardo sul lato oscuro di Salvator Allende, quando – nella sua giovinezza – il futuro campione della democrazia cilena (e mondiale) sosteneva tesi eugenetiche. Dal Cile a Vienna, dove si celebra il più grande condottiero italiano del Settecento, il Principe Eugenio di Savoia, e ancora il secondo dei ritratti dei fratelli di Napoleone, Luciano Bonaparte, testardo e nobile oppositore dell’Imperatore dei Francesi. Infine una sconsolata panoramica del massacro della storia di Elisabetta di Baviera – conosciuta come “Sissi” – compiuto dalla recente fiction RAI. Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di aprile!
sabato 10 aprile 2010
convegno e mostra “DONNA DI CUORI”
Associazione Culturale “ Eredi della Storia”
Ass. Benemerita Istituto Nastro Azzurro
Corso Dante n. 92
70056 MOLFETTA (BA)
Comunicato Stampa : convegno e mostra “DONNA DI CUORI”
L’immagine della donna
Il XX secolo è quello che ha segnato maggiormente l’affermazione delle donne nello spazio pubblico e nella conquista dei loro diritti sul piano della vita privata. Nelle società occidentali, gli ultimi decenni hanno visto modificarsi il loro status giuridico, le condizioni della loro indipendenza, l’ accesso a certe forme di potere e alla creazione artistica. Il XIX secolo, con la diffusione e l’imposizione di una morale conservatrice, aveva imbavagliato le donne delle classi agiate e sfruttato le più povere al limite di ogni tollerabilità. Le opere di Friedrich Engels per l’Inghilterra e Emile Zola per la Francia descrivono quanto siano costati alle donne la modernizzazione del lavoro in fabbrica, l’urbanizzazione. La loro condizione è potuta migliorare solo a prezzo di dure battaglie, quando si sono associate alle lotte operaie cercando di far sentire la voce della specificità femminile
Oltre alla lotta perseverante e coraggiosa si sono prodotti eventi, talvolta tragici, che hanno contribuito ad accelerare l’evoluzione della condizione femminile. Innanzitutto le guerre: con la mobilitazione di qualsiasi tutta la popolazione maschile, le due guerre hanno aperto alle donne l’accesso agli impieghi occupati dagli uomini, non solo nei settori dell’industria legati alla produzione bellica, ma anche in funzioni riservate agli uomini. Le donne hanno così lasciato l’universo familiare per affrontare il mondo del lavoro e ciò ha profondamente trasformato le mentalità, le aspirazioni e ha fatto prendere coscienza delle capacità produttive e intellettuali delle donne. Finita la guerra, la situazione si è invertita, con i governi che incoraggiavano le donne a ritornare a casa per restituire il posto agli uomini di ritorno dal fronte. I progressi della tecnologia hanno favorito l’affrancamento dagli obblighi domestici; i nuovi strumenti, le nuove macchine, ma anche i nuovi modi di preparazione dei prodotti a seguito della razionalizzazione della produzione facilitano l’adempimento delle funzioni tradizionali del preparare da mangiare, pulire e curare la casa. Negli anni ’70, il controllo legalizzato delle procreazione e l’aborto ha liberato inoltre le donne dalle gravidanze indesiderate. Gli ostacoli al controllo delle nascite, legati sia alle pressioni di tipo religioso che alle condizioni dei Paesi in via di sviluppo, costituiscono per molte donne un fardello. Anche nei Paesi “ricchi” esistono molti altri freni alla libera affermazione delle donne: per esempio l’avanzare della crisi economica e il diffondersi delle famiglie con un solo genitore, in cui le donne svolgono le funzioni di capofamiglia e si assumono da sole la responsabilità dell’educazione dei figli e del loro mantenimento, le conducono molto spesso all’emarginazione.
E’ incontestabile che le donne abbiano superato una dopo l’altra le barriere imposte dagli uomini. E’ cambiata la loro mentalità: ormai è accettato che una ragazza debba preoccuparsi del proprio futuro professionale allo stesso modo di un ragazzo; il matrimonio non è più l’unico scopo della vita, l’indipendenza economica e la possibilità di disporre liberamente il proprio corpo e della propria anima.
Il cammino da percorrere delle donne è ancora lungo, persistono ancora discriminazioni nel mondo del lavoro, sia per i salari che per le assunzioni, e non sono scomparsi gli ostacoli che sbarrano l’accesso a certe professioni, anche se alcune coraggiose riescono a superarli. I rapporti umani generati da questi profondi mutamenti pongono nuovi problemi a entrambi i sessi.
Michele Spadavecchia
Pres. Ass. Eredi della Storia
Ass. Benemerita Istituto Nastro Azzurro
Corso Dante n. 92
70056 MOLFETTA (BA)
Comunicato Stampa : convegno e mostra “DONNA DI CUORI”
L’immagine della donna
Il XX secolo è quello che ha segnato maggiormente l’affermazione delle donne nello spazio pubblico e nella conquista dei loro diritti sul piano della vita privata. Nelle società occidentali, gli ultimi decenni hanno visto modificarsi il loro status giuridico, le condizioni della loro indipendenza, l’ accesso a certe forme di potere e alla creazione artistica. Il XIX secolo, con la diffusione e l’imposizione di una morale conservatrice, aveva imbavagliato le donne delle classi agiate e sfruttato le più povere al limite di ogni tollerabilità. Le opere di Friedrich Engels per l’Inghilterra e Emile Zola per la Francia descrivono quanto siano costati alle donne la modernizzazione del lavoro in fabbrica, l’urbanizzazione. La loro condizione è potuta migliorare solo a prezzo di dure battaglie, quando si sono associate alle lotte operaie cercando di far sentire la voce della specificità femminile
Oltre alla lotta perseverante e coraggiosa si sono prodotti eventi, talvolta tragici, che hanno contribuito ad accelerare l’evoluzione della condizione femminile. Innanzitutto le guerre: con la mobilitazione di qualsiasi tutta la popolazione maschile, le due guerre hanno aperto alle donne l’accesso agli impieghi occupati dagli uomini, non solo nei settori dell’industria legati alla produzione bellica, ma anche in funzioni riservate agli uomini. Le donne hanno così lasciato l’universo familiare per affrontare il mondo del lavoro e ciò ha profondamente trasformato le mentalità, le aspirazioni e ha fatto prendere coscienza delle capacità produttive e intellettuali delle donne. Finita la guerra, la situazione si è invertita, con i governi che incoraggiavano le donne a ritornare a casa per restituire il posto agli uomini di ritorno dal fronte. I progressi della tecnologia hanno favorito l’affrancamento dagli obblighi domestici; i nuovi strumenti, le nuove macchine, ma anche i nuovi modi di preparazione dei prodotti a seguito della razionalizzazione della produzione facilitano l’adempimento delle funzioni tradizionali del preparare da mangiare, pulire e curare la casa. Negli anni ’70, il controllo legalizzato delle procreazione e l’aborto ha liberato inoltre le donne dalle gravidanze indesiderate. Gli ostacoli al controllo delle nascite, legati sia alle pressioni di tipo religioso che alle condizioni dei Paesi in via di sviluppo, costituiscono per molte donne un fardello. Anche nei Paesi “ricchi” esistono molti altri freni alla libera affermazione delle donne: per esempio l’avanzare della crisi economica e il diffondersi delle famiglie con un solo genitore, in cui le donne svolgono le funzioni di capofamiglia e si assumono da sole la responsabilità dell’educazione dei figli e del loro mantenimento, le conducono molto spesso all’emarginazione.
E’ incontestabile che le donne abbiano superato una dopo l’altra le barriere imposte dagli uomini. E’ cambiata la loro mentalità: ormai è accettato che una ragazza debba preoccuparsi del proprio futuro professionale allo stesso modo di un ragazzo; il matrimonio non è più l’unico scopo della vita, l’indipendenza economica e la possibilità di disporre liberamente il proprio corpo e della propria anima.
Il cammino da percorrere delle donne è ancora lungo, persistono ancora discriminazioni nel mondo del lavoro, sia per i salari che per le assunzioni, e non sono scomparsi gli ostacoli che sbarrano l’accesso a certe professioni, anche se alcune coraggiose riescono a superarli. I rapporti umani generati da questi profondi mutamenti pongono nuovi problemi a entrambi i sessi.
Michele Spadavecchia
Pres. Ass. Eredi della Storia
sabato 3 aprile 2010
Buona Pasqua a tutti...
...lettori e sostenitori!
Auguri!!!
Auguri!!!
venerdì 2 aprile 2010
Novità: Le armi da fuoco e l'arte della guerra in Giappone, di Fosco Baiardi
Presentiamo la Libreria Lanterna Magica, Palermo
Se siete di Palermo potete trovare i libri dell'Associazione ITALIA presso la Libreria Lanterna Magica:
Lanterna Magica di Giuseppe Mirisola nasce nel 2003 col proposito di soddisfare il desiderio comune di evadere (per quel poco che è possibile) dalla quotidianità sempre più frenetica e ben poco attenta al gusto del bello, all’osservazione ed alla riflessione… viviamo nella società delle immagini, eppure il più delle volte troppo velocemente il nostro sguardo scivola su di esse senza posarvisi per un attimo. Lanterna Magica spera di contribuire col suo operato a regalarvi attimi di serenità tra le pagine di un libro o nelle luci e ombre di una bella immagine… quei momenti che, sebbene così brevi, ci scaldano l’animo portando il nostro pensiero in luoghi lontani nello spazio o nel tempo, risvegliando in noi quella capacità un po’ fanciullesca di sognare mondi reali o mai esistiti… in fondo - che importa - reali o no, ci aiutano a vivere meglio.
Il nostro impegno in campo fotografico:
Lanterna Magica di Giuseppe Mirisola nasce come libreria antiquaria specializzata in fotografie originali dell’Ottocento. L’unica nel centro-sud d’Italia. Sin dall’inizio della sua attività la libreria si è impegnata a divulgare la storia della fotografia e la conoscenza delle tecniche e degli originali vintage dell’Ottocento, con particolare riguardo alle immagini siciliane. Numerose le mostre a tema che hanno presentato fotografie del vasto archivio di Lanterna Magica, da Giuseppe Incorpora ed Eugenio Interguglielmi, a Giorgio Sommer, Robert Rive e i Fratelli Tagliarini. Nel Giugno del 2007, con l’acquisizione di nuovi locali più ampi, la libreria si è dotata di due sale espositive che consentono di esporre fino a cinquanta fotografie di grande formato. La nuova galleria è stata inaugurata ufficialmente il primo Giugno 2007 con la mostra “I grandi fotografi dell’Ottocento”: quarantacinque immagini di alcuni dei più grandi fotografi italiani e stranieri delle origini, tra cui Caneva, Macpherson, Beato, Nadar, Disderi, Braun, Ponti, Naya, Noack, Tuminello, Pluschow, Von Gloeden, Crupi, D’Ora, Luxardo ed altri. La mostra delle foto originali vintage d’epoca si è protratta per tre mesi e ha richiamato un vastissimo pubblico. Grazie ai nuovi spazi, Lanterna Magica ha potuto estendere la sua attività anche alla fotografia contemporanea, presentando le mostre di molti fotografi provenienti da diverse città italiane.
Il Fantasy:
Fin dal 2004 Lanterna Magica si occupa della diffusione dei "giochi intelligenti" ponendosi come punto di riferimento per tutti gli appassionati di giochi di ruolo, giochi di carte e di miniature nonchè della letteratura fantastica. Numerosi i tornei e le rappresentazioni organizzate in occasione di eventi ludici a Palermo, spesso in collaborazione con le associazioni locali. Tra gli ultimi eventi a cui abbiamo partecipato impossibile non ricordare il primo grande evento palermitano di settore: "Cospladya 2009" organizzato dai ragazzi di Palermo in Cosplay.
L'Esoterismo:
Presso Lanterna Magica troverai tutto quello che riguarda la magia bianca e le tradizioni popolari, con particolare riferimento alla stregoneria e alla Wicca. Ci occupiamo di tutto quello che può apportare un beneficio alla tua crescita spirituale o alle tue indagini antropologiche.
"Non credo nei maghi che dietro pagamento di cifre esorbitanti promettono ricongiungimenti amorosi, cure miracolose, fatture e malocchi, o che esistano formule precise per fare avverare i desideri; non amo il bigottismo in qualsiasi forma si manifesti, né il pregiudizio che nella maggior parte dei casi è dettato dall’ignoranza.
Credo nella storia del Cristianesimo, così come nella storia della Stregoneria, in quanto di storia si tratta, e nell’incredibile energia che la nostra mente, il nostro corpo, le nostre emozioni e le nostre azioni sono in grado di sprigionare. Credo nel bene e nel male che coesistono in tutti noi, e fra di noi, dalla notte dei tempi, poiché senza l’uno non potrebbe esistere l’altro, e nella libertà di scelta, fin dove non nuoce a nessuno; credo nelle anime di coloro che non sono più fra noi e nelle forze primordiali"[...]
[Dal libro "Indagine sulla Magia" di Giuseppe Mirisola]
Nel mese di Luglio 2008 sono nate le edizioni Lanterna Magica a supporto dei settori principali della libreria: Fotografia, Fantasy, Sicilia, Esoterismo.
Libreria, galleria e casa editrice sono a Palermo, in via Goethe 43.
Lanterna Magica di Giuseppe Mirisola nasce nel 2003 col proposito di soddisfare il desiderio comune di evadere (per quel poco che è possibile) dalla quotidianità sempre più frenetica e ben poco attenta al gusto del bello, all’osservazione ed alla riflessione… viviamo nella società delle immagini, eppure il più delle volte troppo velocemente il nostro sguardo scivola su di esse senza posarvisi per un attimo. Lanterna Magica spera di contribuire col suo operato a regalarvi attimi di serenità tra le pagine di un libro o nelle luci e ombre di una bella immagine… quei momenti che, sebbene così brevi, ci scaldano l’animo portando il nostro pensiero in luoghi lontani nello spazio o nel tempo, risvegliando in noi quella capacità un po’ fanciullesca di sognare mondi reali o mai esistiti… in fondo - che importa - reali o no, ci aiutano a vivere meglio.
Il nostro impegno in campo fotografico:
Lanterna Magica di Giuseppe Mirisola nasce come libreria antiquaria specializzata in fotografie originali dell’Ottocento. L’unica nel centro-sud d’Italia. Sin dall’inizio della sua attività la libreria si è impegnata a divulgare la storia della fotografia e la conoscenza delle tecniche e degli originali vintage dell’Ottocento, con particolare riguardo alle immagini siciliane. Numerose le mostre a tema che hanno presentato fotografie del vasto archivio di Lanterna Magica, da Giuseppe Incorpora ed Eugenio Interguglielmi, a Giorgio Sommer, Robert Rive e i Fratelli Tagliarini. Nel Giugno del 2007, con l’acquisizione di nuovi locali più ampi, la libreria si è dotata di due sale espositive che consentono di esporre fino a cinquanta fotografie di grande formato. La nuova galleria è stata inaugurata ufficialmente il primo Giugno 2007 con la mostra “I grandi fotografi dell’Ottocento”: quarantacinque immagini di alcuni dei più grandi fotografi italiani e stranieri delle origini, tra cui Caneva, Macpherson, Beato, Nadar, Disderi, Braun, Ponti, Naya, Noack, Tuminello, Pluschow, Von Gloeden, Crupi, D’Ora, Luxardo ed altri. La mostra delle foto originali vintage d’epoca si è protratta per tre mesi e ha richiamato un vastissimo pubblico. Grazie ai nuovi spazi, Lanterna Magica ha potuto estendere la sua attività anche alla fotografia contemporanea, presentando le mostre di molti fotografi provenienti da diverse città italiane.
Il Fantasy:
Fin dal 2004 Lanterna Magica si occupa della diffusione dei "giochi intelligenti" ponendosi come punto di riferimento per tutti gli appassionati di giochi di ruolo, giochi di carte e di miniature nonchè della letteratura fantastica. Numerosi i tornei e le rappresentazioni organizzate in occasione di eventi ludici a Palermo, spesso in collaborazione con le associazioni locali. Tra gli ultimi eventi a cui abbiamo partecipato impossibile non ricordare il primo grande evento palermitano di settore: "Cospladya 2009" organizzato dai ragazzi di Palermo in Cosplay.
L'Esoterismo:
Presso Lanterna Magica troverai tutto quello che riguarda la magia bianca e le tradizioni popolari, con particolare riferimento alla stregoneria e alla Wicca. Ci occupiamo di tutto quello che può apportare un beneficio alla tua crescita spirituale o alle tue indagini antropologiche.
"Non credo nei maghi che dietro pagamento di cifre esorbitanti promettono ricongiungimenti amorosi, cure miracolose, fatture e malocchi, o che esistano formule precise per fare avverare i desideri; non amo il bigottismo in qualsiasi forma si manifesti, né il pregiudizio che nella maggior parte dei casi è dettato dall’ignoranza.
Credo nella storia del Cristianesimo, così come nella storia della Stregoneria, in quanto di storia si tratta, e nell’incredibile energia che la nostra mente, il nostro corpo, le nostre emozioni e le nostre azioni sono in grado di sprigionare. Credo nel bene e nel male che coesistono in tutti noi, e fra di noi, dalla notte dei tempi, poiché senza l’uno non potrebbe esistere l’altro, e nella libertà di scelta, fin dove non nuoce a nessuno; credo nelle anime di coloro che non sono più fra noi e nelle forze primordiali"[...]
[Dal libro "Indagine sulla Magia" di Giuseppe Mirisola]
Nel mese di Luglio 2008 sono nate le edizioni Lanterna Magica a supporto dei settori principali della libreria: Fotografia, Fantasy, Sicilia, Esoterismo.
Libreria, galleria e casa editrice sono a Palermo, in via Goethe 43.
Iscriviti a:
Post (Atom)