martedì 25 marzo 2008

Fascisti dopo la liberazione



Segnaliamo con piacere questo nuovo libro di Daniele Lembo:

Il nuovo libro di Lembo, dal titolo “Fascisti dopo la liberazione - Storia del Fascismo e dei fascisti nel dopoguerra in Italia, Dalla Repubblica Sociale al Movimento Sociale Italiano - 1945 –1956”, tratta di un tema che sta diventando di moda in questi ultimi anni. Ne è di esempio l’enorme successo ottenuto da libri come quello di Giuseppe Parlato – Fascisti Senza Musolini – (ed. Il Mulino), uscito appena nell’anno 2006, ed altri lavori similari di recente edizione.L’autore divide la sua opera in due parti. Nella prima risponde al quesito: Quando finì la Repubblica Sociale Italiana che fine fecero quegli uominie quelle donne che avevano creduto nella Repubblica di Mussolini?Nella seconda parte, invece, descrive di come i reduci della R.S.I., per non sentirsi stranieri nello loro terra, provarono a riorganizzarsi nel Movimento Sociale Italiano, tentando, con la costituzione del nuovo partito, di salvare il proprio mondo e le proprie idee dalla sconfitta militare.Nella prima parte del volume, lo scrittore tratta delle “scialuppe di salvataggio” approntate dai fascisti per salvarsi dal naufragio della sconfitta militare. Passa poi a descrivere che fine fecero quei fascisti che affrontarono il dopoguerra “senza neanche il salvagente” . Molti di loro furono trucidati, i meno sfortunati finirono nei campi di concentramento, come quello famoso di Coltano ed in altri meno noti, approntati dagli Alleati. Il sistema di “resistenza” fascista si attivò subito, con una serie di “ aiuti per reduci, detenuti e prigionieri“.Appena furono liberati, molti di loro emigrarono in cerca di buona sorte, mentre altri andarono incontro al destino di sentirsi “esuli in Patria”.Inizialmente, i fascisti si organizzarono in strutture clandestine, prima elementari e poi articolate, nacquero così i F .A.R. -I Fasci d’Azione Rivoluzionaria -. I F.A.R. però non potevano rispondere alle esigenze politiche di un’Italia completamente cambiata e fu così che, per rientrare in gioco a pieno titolo, i reduci della R.S.I. diedero vita al M.S.I. che, inizialmente, si pensò di chiamare MO.S.IT..La Fiamma missina entrò in gara, inizialmente, con risultati che sembrarono allettanti, ma dopo qualche tornata elettorale ai missini sarebbe stato chiaro che gli italiani gli avevano ormai “voltato le spalle”.Il volume in argomento descrive solo i primi dieci anni del M.S.I., dal ’46 al ’56, anno in cui, il “M.S.I. comincia a figliare”. Scrive, infatti, l’autore: “Il congresso del 1956 sortì effetti drastici, dando l’avvio ad un esodo che non avrebbe più avuto termine. Il Msi si era trasformato in una sorta di casa madre dalla quale per anni sarebbero continuati a nascere, ad ogni piè sospinto, partiti, movimenti e associazioni.A partire da quel congresso, nel caso un fascista avesse preso l’ascensore da solo ed avesse premuto il pulsante per il quarto piano, stia pur certo il lettore che, nei quattro piani di percorso, avrebbe litigato con se stesso e fondato, al pianerottolo d’arrivo, due partiti, tre movimenti e qualche associazione culturale.Più che neofascisti, da quel momento in poi, si sarebbe potuto parlare di neofascisti . I primi dieci anni furono unici, nel senso che furono gli unici dieci anni in cui i fascisti del dopoguerra riuscirono a dimostrare un’unità politica.“.Il tema fondante del libro è quel sottile filo rosso, o meglio, filo nero, che lega la Repubblica Sociale Italiana con il M.S.I. . Il progetto di traghettare l’Idea Fascista nel dopoguerra veniva da lontano ed aveva avuto origine negli ultimi mesi della Repubblica Sociale. Il M.S.I., ufficialmente nato nel dopoguerra, in realtà trovava le sue origini più profonde molto prima.L’ultimo capitolo del libro, forse il più interessante è dedicato alla deriva ideologica alla quale sono andati incontro, negli anni, i neofascisti. Si legge nel capitolo finale: “il Msi, aveva traghettato l’idea fascista e gli uomini del fascismo oltre la sconfitta militare.Mussolini non era riuscito, con la socializzazione, a disseminare la valle Padana di mine sociali, come avrebbe voluto, ma con il Msi era sicuramente riuscito a disseminare l’Italia di mine vaganti.E, mi si creda, trovo la definizione di mina vagante quanto mai appropriata per il partito in trattazione e, considerando la filiazione di partiti, partitini, associazioni, movimenti, circoli e simili che il Msi avrebbe poi avuto reputo che si possa agevolmente parlare di mine vaganti, usando il plurale. Infatti, nessun partito è stato mai più vagante in senso ideologico del Msi.”In chiusura, è da dire che l’autore ha voluto fare del suo libro una sorta di “pietra lanciata nello stagno”, aprendosi ad ogni tipo di critica e, anzi, sollecitando i pareri e le eventuali precisazioni dei lettori.A tal proposito, una sua nota iniziale precisa: Quest’opera intende dare il quadro di un momento della nostra Storia, ma non pretende di raccontare la completa verità. Come ogni lavoro umano è imperfetto e sicuramente contiene inesattezze.Vorrei chiarire che se vi sono errori, sono stati tutti commessi in buona fede e senza l’intenzione di nuocere a nessuno. Qualche cantonata è possibile prenderla anche per semplici sviste o abbagli e, quindi, le inesattezze sono sempre possibili.Sarò grato a chiunque vorrà segnalare sbagli o omissioni, rendendomi disponibile, sin d’ora, ad eventuali correzioni e rettifiche.”


Daniele Lembo, “Fascisti dopo la liberazione - Storia del Fascismo e dei fascisti nel dopoguerra in Italia, Dalla Repubblica Sociale al Movimento Sociale Italiano - 1945 –1956”, MA.RO. EDITRICE – Copiano (PV) , Euro 25,00 Per ordinazioni tel. 338 8735571

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