martedì 29 gennaio 2008

La fanteria di marina nella grande guerra



La fanteria di marina nella prima guerra mondiale

di Pierluigi Romeo di Colloredo


Le operazioni terrestri della Regia Marina iniziarono quando vennero occupate Grado e Monfalcone, zone che vennero affidate al presidio costiero della Marina.
Data la necessità di artiglieria pesante nei territori presso le foci dell’Isonzo vennero inviati cannoni navali, serviti da personale navale; alcuni di questi vennero impiantati su pontoni e serviti da equipaggi di navi affondate, come l’incrociatore pesante Amalfi, silurato nel Luglio del 1915: con i suoi superstiti vennero formate due compagnie operanti nelle batterie galleggianti presso Grado, ed una terza, denominata Gruppo Amalfi, armata con cannoni da sbarco da 76/17, che operò inquadrata nel XI Corpo d’Armata tra Peteano e Sdraussina.
Sopraggiunta la ritirata seguita allo sfondamento di Caporetto i marinai riuscirono a portare in salvo tutti i materiali, trasportandoli fortunosamente con zattere e pontoni attraverso i canali interni, ed attestandosi a Capo Sile, divenuto l’ultimo ostacolo per le truppe austro- ungariche prima di Venezia, la cui difesa dipendeva dalla tenuta delle foci del Piave: il generale Diaz e l’ammiraglio Paolo Thaon di Revel decisero di affidare il settore ai marinai utilizzandoli come fanteria di marina.
Non era una novità per le forze armate, giacché, prescindendo dai fanti da mar veneziani, già nel 1714 l’esercito sabaudo aveva costituito un reggimento di fanti di marina, il Real Navi, nel 1908 i marinai della R.N. Elba avevano combattuto come fanteria in Cina contro i Boxer, e nel 1911 marinai in tenuta da sbarco avevano conquistato Tripoli.
Con mille difficoltà per il reperimento dell’organico venne dunque costituito il reggimento Marina, comandato dal capitano di vascello Alfredo Dentice di Frasso.
Tale reggimento era costituito da quattro battaglioni su tre compagnie di 250 uomini ciascuna, denominati Monfalcone, Grado, Caorle e Golametto dalle località dove avevano operato i pontoni armati inquadrati nella 3a Armata.
Venne anche costituito un Raggruppamento di Artiglieria di Marina, comandato dal capitano di fregata Antonio Foschini, con otto gruppi di artiglieria.
A causa della carenza di ufficiali di marina preparati alla guerra terrestre, se i comandi di reggimento e dei battaglioni vennero affidati ad ufficiali della Regia Marina, quello delle compagnie e dei plotoni venne dato ad ufficiali dei Granatieri di Sardegna, dato che tale specialità era considerata la migliore come addestramento e come morale di tutto il Regio Esercito.
Nei mesi seguenti gli ufficiali aumentarono di numero, ed il reggimento raggiunse una forza di 140 ufficiali e 3000 uomini; vennero effettuati numerosi colpi di mano, e costituita una compagnia i Arditi reggimentali.
Nel marzo 1918 il comandante del Monfalcone, tenente di vascello Andrea Bafile, cadde durante una ricognizione oltre le linee austriache, ed in seguito il battaglione venne ridenominato con il suo nome.
Il 19 marzo, con una cerimonia in piazza San Marco a Venezia venne consegnato lo stendardo di guerra, dono dei veneziani, al reggimento.
In quell’occasione il sindaco della città, il Senatore Grimani, auspicò che il reggimento fosse battezzato San Marco, come poi avvenne, nome che il reggimento porta ancora oggi.
Nel corso di un anno di operazioni il reggimento perse un terzo della propria forza: 1.156 uomini, di cui 384 caduti, 19 mutilati, 753 feriti. Nessun marò cadde prigioniero.


Tratto dal libro La battaglia del Solstizio, Piave 1918, di prossima pubblicazione.

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Il Comandante Bardelli

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Decima MAS

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