venerdì 29 febbraio 2008

Evento 90 anni San Marco



Segnalo questa inziativa, dove parteciperemo come gruppo storico quali figuranti del San Marco:

Il Gruppo Nazionale Leone di San Marco, con il patrocinio del comune di Como e la partecipazione della Marina Militare, terrà sabato 5 aprile 2008, presso il Sacrario Nautico di Garzola (Como), la sua assemblea nazionale.

In tale occasione si ricorderanno i novant’anni da quando il sindaco di Venezia Senatore Grimani, consegnò al Capitano di Fregata Giuseppe Sirianni, Comandante del Reggimento Marina, la Bandiera di Combattimento meritata sul campo nella strenue difesa della città di Venezia dall’invasore austriaco.La Bandiera, trasferita al fronte il giorno dopo, fu spiegata di fronte al nemico.Lo stesso Senatore Grimani, un anno dopo, avanzò una istanza al Ministero della Marina “affinché al nome di San Marco si intitolasse il Reggimento Marina, consacrando così il sentimento di amore e di riconoscenza, verso quegli eroi che avevano protetto con il loro sangue, la sua bellezza immortale.”Il 25 Marzo 1919, in piazza San Marco, una rappresentanza del Reggimento agli ordini del Capitano di Vascello Giuseppe Sirianni ricevette l’investitura del nome.

In data 5 di aprile alle ore 21:00 verrà ricordata la consegna della Bandiera di Combattimento con un concerto della Banda della Marina Militare che si terrà in sede da decidersi.
Domenica 6 aprile alle 9.30 verrà deposta una Corona al Monumento ai Caduti, in memoria di tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per la Patria.
Alle ore 10.30 durante la Santa Messa celebrata nel Duomo verrà benedetto lo stendardo che verrà poi donato con la cerimonia di consegna al Reggimento alle ore 11.30 in piazza Cavour, alla presenza della autorità civili e militari.

I soci del Gruppo Nazionale Leone di San Marco Marina Militare, doneranno lo stendardo come simbolo dell’eterna gratitudine verso il Reggimento per il lavoro da questo svolto sempre con professionalità, spirito di sacrificio e onore nel rappresentare l’Italia laddove c’è bisogno di aiuto e di pace.

BREVI CENNI STORICI DEL BATTAGLIONE SAN MARCO

Rinata nel gennaio 1965, dopo l’intervallo post-bellico, questa specialità della Marina Militare è intervenuta, negli ultimi quarant’anni, nel nostro paese ed all’estero, sia in soccorso di popolazioni colpite da catastrofi naturali sia in situazioni in cui l’uso della forza, per mantenere o ristabilire la pace, era ed è una seria possibilità, dal Libano alla Somalia, ai Balcani, all’Afganistan come in Iraq.Ma la storia dei Fanti di Marina italiani è naturalmente molto più antica. Anche senza risalire ai classarii milites della flotta romana, fanti di marina erano presenti sulle navi delle repubbliche marinare, e fra tutti ricordiamo i “fanti da mar” della Serenissima, come anche negli organici delle flotte del Regno di Napoli e del Regno di Sardegna..Appunto dalla fusione del Reggimento “Real Navi” sardo, e del “Corpo dei fanti di Marina” napoletano nacque, il 21 marzo 1861 il Reggimento “Fanteria Real Marina” che fu però sciolto nel 1878, e le missioni di sbarco vennero affidate agli equipaggi delle Regie Navi, come nel 1911 – ’12 in Libia e nel Dodecaneso.Fu nel corso della prima Guerra Mondiale che l’impegno a terra della Marina Militare si sviluppò notevolmente, dapprima con l’impiego di batterie navali collocate su pontoni operanti nelle lagune venete in appoggio al fianco destro dell’esercito, e, dopo Caporetto, con l’impiego organico di battaglioni di marinai operanti come fanteria nella zona lagunare e del basso Piave a difesa diretta della città di Venezia.Nel 1919, in riconoscimento dei meriti acquisiti, la città di Venezia offrì al reparto costituito da questi marinai il nome di San Marco, patrono della città, e l’insegna col leone alato.Da allora i fanti di Marina, in organico talora di Reggimento, talora di Battaglione, si crearono una meritata fama di efficienza e di combattività, guadagnata in Cina, Africa o Europa. Fama che fece sì che nel periodo 1943 – 1945 sia le forze del Regno del Sud che quelle della Repubblica Sociale schierassero reparti col nome ed il simbolo di San Marco per distinguere alcune delle proprie migliori unità combattenti.Oggi, il Gruppo Nazionale Leone di San Marco li riunisce tutti, superate le contrapposizioni di quei tragici giorni, in un’unica associazione assieme a quanti hanno militato dopo la guerra, sotto l’insegna del leone alato ed il motto:“Per Mare per Terram – San Marco!”Dal Battaglione San Marco del 1965, divenuto poi Reggimento, si è sviluppata la Forza da Sbarco della Marina Militare, che affianca al Reggimento “San Marco” il Reggimento “Carlotto” ed una moderna flotta di navi per operazioni anfibie, come la “San Marco” e la “San Giorgio” oltre a quelle di minore tonnellaggio, ed un moderno ed autonomo equipaggiamento di elicotteri e mezzi blindati.Gli impegni italiani negli ambiti europei, Nato ed ONU, gli interessi italiani ed europei nel “Mediterraneo allargato” – concetto strategico che riconosce come gli interessi europei ed italiani vitali per la nostra sopravvivenza si estendano fino al Mar Nero ed all’Oceano Indiano – fanno della Marina Militare in generale e di questa struttura in particolare una delle principali garanzie per l’indipendenza e la pace del nostro paese.

DECORAZIONI ALLA BANDIERADEI REPARTI DELLE FANTERIE DI MARINAMEDAGLIA D'ORO AL VALOR MILITARE Alla Forza da Sbarco della Regia Marina - Libia, 1911.MEDAGLIA D'ARGENTO AL VALOR MILITAREAl Reggimento Marina - Delta del Piave, 1917/18.CROCE DI CAVALIERE DELL'ORDINE MILITARE DI SAVOIAPrima Guerra Mondiale - 1915/18.CROCE DI CAVALIERE DELL'ORDINE MILITARE D'ITALIAAl Reggimento "San Marco" - Africa Settentrionale, 1941/43.MEDAGLIA D'ARGENTO AL VALOR MILITAREAl Battaglione "Grado" - Tunisia, 1942/43.MEDAGLIA DI BRONZO AL VALOR MILITAREGuerra di Liberazione - 1945.CROCE DI GUERRA AL VALOR MILITAREAl Battaglione "Bafile" - Tunisia, 1942/43.ATTESTAZIONE DI BENEMERENZA AL VALOR CIVILEAl Battaglione “San Marco”- Province di Venezia e Rovigo 1966.MEDAGLIA DI BRONZO AL VALORE DELL’ESERCITO.Al Battaglione “San Marco” – Provincia di Potenza, 1980/81.CROCE DI CAVALIERE DELL’ORDINE MILITARE D’ITALIA Al Reggimento San Marco - Libano, Somalia, Bosnia, Albania, Kosovo, Iraq ed Afghanistan 1982 – 2005.

SABATO• Dalle 9.30 alle 14.00:Ritrovo presso il Sacrario Nautico di Garzola (Como)Regolarizzazione tesseramento• Ore 11.00:Assemblea Sezione Storica• Ore 14.30:Inizio Assemblea Nazionale• Ore 18.30Fine Assemblea Nazionale• Ore 21.00Concerto Banda Marina Militare

DOMENICA:• Ore 9.15:Ritrovo presso Monumento ai Caduti• Ore 9.30:Deposizione Corona Monumento ai Caduti• Ore 9.45Inizio defilamento verso il Duomo di Como• Ore 10.30:Inizio S. Messa presso il Duomo di Como• Ore 11.30:Consegna dello Stendardo• Ore 11.40:Allocuzioni• Ore 12.00:Ringraziamenti e termine della cerimonia• Ore 12.30:Pranzo sociale

Informazioni, partecipazione:

Nicola Tropeano
Vice Presidente, Gruppo Nazionale Leone di San Marco:
TEL: 335 6032008
E-MAIL: nicola.tropeano@gruppotropeano.it

martedì 19 febbraio 2008

Documentario "Sognare di volare"



Proiezione del documentario “Sognare di volare” -Il Museo dell’Aeronautica Militare di Vigna di Valle. La proiezione si terrà Lunedì, 25 febbraio 2008, alle ore 18:30, presso la SALA PARROCCHIALE – PARROCCHIA DI SAN FRANCESCO, CISTERNA DI LATINA.

Il filmato e’ stato realizzato dall’Associazione Culturale VELA TRICOLORE - CISTERNA

Introdurrà e commenterà le immagini il Dr. Daniele Lembo, Giornalista - pubblicista.

per informazioni contattare vela tricolore: velatricolore@email.it

lunedì 18 febbraio 2008

Vincitori o vinti?

Riportiamo da: http://xflottigliamas.forumfree.net/?t=24492785&st=0#lastpost

Il 17 febbraio 2007 alle ore 10:30, presso l'Istituto Storico RSI di Terranova Bracciolini (AR) si è tenuta una conferenza del Presidente dell'Associazione Combattenti X Flottiglia MAS, Avv. Bartolo Gallitto, dal titolo "Vincitori o vinti?".


Il tema dell'incontro: "Vincitori o vinti?" ovvero, chi può esser considerato a pieno titolo "Vincitore" e chi "Vinto" se confrontiamo le esperienze della R.S.I. e quelle della cosiddetta resistenza? Quale dei due opposti schieramenti e in che misura ha effettivamente contribuito al bene della Patria, sia durante la guerra civile che dopo?Quali furono gli ideali e i progetti per un futuro assetto istituzionale che mossero gli opposti schieramenti?Un tema assai delicato e intricato, che il ns. Pres. è riuscito a sintetizzare in uno scritto (a cui sta ancora lavorando) ricco di riferimenti storici, bibliografici ma soprattutto giuridici.L'analisi è stata infatti particolarmente interessante poichè condotta attraverso lo studio della "legittimità delle forze in campo", compiuta con precisi riferimenti al quadro normativo costituzionale e legislativo dell'epoca, che ha messo in risalto come l'esperienza della R.S.I. abbia costituito, al contrario di quella resistenziale, il naturale e legittimo proseguimento dell'esperienza di governo fascista a seguito del 25 luglio e del 9 settembre (data, quest'ultima, che che dal punto di vista giuridico decreta la morte del governo Badoglio e della monarchia poichè, sulla base del diritto internazionale, un governo in fuga per scelta e non per costrizione rinuncia implicitamente alla sovranità e alla legittimazione).Gallitto, in particolare, ha messo in evidenza come i provvedimenti legislativi adottati dal governo Badoglio nei giorni successivi al 25 luglio, che costituirono le premesse del futuro governo del sud assoggettato agli Alleati, debbono ritenersi illegittimi in quanto compiuti con la decretazione d'urgenza che, per sua natura, oltre ad essere limitata a situazioni "di necessità ed urgenza", non era prevista (da norme al tempo vigenti) come strumento legittimo attraverso cui modificare l'assetto istituzionale del Paese (ed. scioglimento della Camera dei Fasci e delle Corporazioni).Sulla base di queste articolate considerazioni, il Pres. Gallitto ha dimostrato come la Repubblica Sociale Italiana e il Governo di Mussolini, definito "fantoccio" dalla maggior parte storiografia moderna, sia in realtà da considerare a pieno titolo come giuridicamente legittimo, autonomo, indipendente e come tale degno di essere riconosciuto.Un riconoscimento che, sottolinea Gallitto, avvenne anche a guerra finita dal momento che la stragrande maggioranza della produzione legislativa e giudiziaria (le sentenze dei Tribunali) della R.S.I. fu "assorbita" dalla nascente Repubblica Italiana e quindi, implicitamente, considerata legittima.Un Governo di fatto, quindi, fondato su basi giuridiche.Al contrario, al sud, si era costituito un governo formalmente riconosciuto dagli Alleati ma, di fatto, ad esso assoggettato e senza autonomia e indipendenza.Queste differenze "di fatto", precisa Gallitto, sono evidenti se si confronta come si svolgeva la vita di tutti i giorni al nord, con la R.S.I., e al sud, con Badoglio e gli Alleati.Al nord era la R.S.I., con il suo Governo e il relativo apparato amministrativo, che regolava la vita dei cittadini italiani, battendo moneta, assicurando la giustizia, legiferando e garantendo al popolo la fornitura dei servizi primari (come i trasporti).Al sud le cose erano ben diverse, poichè la vita di tutti i giorni dipendeva dagli Alleati e dall'autorità che avevano imposto con l'armistizio: basti pensare che il Governo di Badoglio non batteva moneta, in quanto il denaro corrente era la "AM-Lira" introdotta dagli Alleati, e che l'autonomia decisionale del governo del sud era assai limitata e soggetta all'avvallo delle autorità Alleate.Ma in particolar modo, se consideriamo anche il fenomeno resistenziale, emerge con chiarezza come le due forze contrapposte fossero ineluttabilmente all'antitesi dal punto di vista giuridico: da una parte un esercito regolare, rispettoso della Convenzione dell'Aja in tema di guerra, che ha utilizzato lo strumento della rappresaglia come legittima punizione in reazione ad atti illegittimi e di guerriglia condotti da forze irregolari, quelle resistenziali.Forze irregolari in quanto non identificabili attraverso una regolare divisa e non riconosciute come forze militari, che utilizzavano lo strumento della rappresaglia a scopo politico e non in reazione ad atti illegittimi compiuti dai tedeschi o dagli italiani. Sottolinea infatti Gallitto, riportando le parole di uno storico resistenzialista, che gli attacchi partigiani alle truppe tedesche (ininfluenti sul piano militare) avevano lo scopo di suscitare odio nei civili allorquando i tedeschi o gli italiani, in risposta agli attacchi (illegittimi) dei partigiani, utilizzavano lo strumento (legittimo) della rappresaglia. Questo odio, a fine guerra, si sarebbe trasformato in repulsione verso qualsiasi forma di nazismo e fascismo ed avrebbe così aperto le porte sul piano politico all'ideale comunista, quale unico spiraglio di pace e di non violenza dopo anni di guerra civile e di sangue versato.In sostanza, mentre le FF.AA. della R.S.I. e tedesche utilizzavano la rappresaglia allo scopo di punire atti di guerra illegittimi (così come prevede la Convenzione dell'Aia), i partigiani, pur sapendo che i loro attacchi avrebbero provocato morti fra la popolazione, attaccavano senza scrupoli con l'intento di spianare la strada al proprio credo politico nel dopo guerra!Ma il Pres. Gallitto non si ferma qui e a sostegno delle proprie affermazioni propone una dettagliata e documentata analisi delle ragioni per le quali Mussolini decise di dar vita alla R.S.I., a dimostrazione ancora una volta che il Governo della Repubblica Sociale, in fatto e in diritto, autonomo e indipendente, non era così assoggettato all'autorità tedesche come la "vulgata resistenziale" ha da sempre sostenuto.Citando documenti che riportano i colloqui intercorsi tra il Duce e il Führer, emerge chiaramente come la scelta di Mussolini sia stata indotta da Hitler, che minacciava di porre sotto la propria egemonia l'Italia al pari degli altri paesi europei già conquistati.La scelta di Mussolini fu dunque coerente con quanto aveva fatto negli anni precedenti: curare l'interesse dell'Italia e del suo popolo, a costo di assumer scelte che sarebbero costate care sia a lui sia a coloro i quali decisero di seguirlo.Nonostante il "ricatto", Mussolini (come Borghese) lottò tenacemente con i tedeschi per mantenere quell'autonomia ed indipendenza che al sud poteva essere solo sognata, a dimostrazione che l'idea di una fantomatica sudditanza non assunse mai quei connotati che la storiografia resistenziale propina ormai da decenni.Stabilimenti industriali, fabbriche come la FIAT, aree logistiche come il porto di Genova e finanche gli studi di Cinecittà a Roma furono sottratti al controllo tedesco e preservate dalle mire dei partigiani da parte dei militi della R.S.I.Dalle parole di Gallitto, sostenute da precisi riferimenti storici e fattuali, emerge con chiarezza come la R.S.I. sia stata anche nei fatti e non solo nella forma uno Stato in grado di regolare la vita dei propri cittadini, nonostante l'influenza dell'alleato tedesco dal punto di vista delle grandi scelte militari.Alla luce di queste considerazioni, citando una dichiarazione dell'ex-Presidente della Repubblica Francesco Cossiga in cui si dice che "i combattenti della R.S.I. meritano il nostro ricordo, anche se hanno combattuto dalla parte sbagliata", Gallitto si chiede: "ma siamo proprio sicuri che fosse la parte sbagliata? Proviamo a confrontare i progetti che le due parti in lotta avevano in serbo per l'Italia "Da una parte, lo Stato della R.S.I. cercava di difendere la propria terra da un "liberatore" che è precipitato sul suolo italiano in veste di nemico ed invasore (e solo dopo si è trasformato in "liberatore"), allo scopo di riscattare un Onore infangato e gettare le basi per un dopo guerra che, seppur dalla parte dei vinti, avrebbe dato modo all'Italia di avere più voce in capitolo al tavolo della pace.E inoltre, chi ha difeso i confini orientali dalle mire espansionistiche di Tito?....Chi si è occupato di preservare l'Italia dall'arroganza tedesca?Infine, la R.S.I., legittima prosecutrice dell'esperienza istituzionale passata, ha mantenuto fede all'alleanza con la Germania, tanto millantata da Badoglio e poi ignobilmente tradita.Dall'altra parte, quella della cosiddetta resistenza, che progetti stavano maturando per il futuro dell'Italia?Pochi, ma precisi.E' Togliatti stesso a dircelo, attraverso una sua ordinanza del 1944 rivolta ai partigiani comunisti: "favorire l'avanzata delle armate titine nei territori italiani del nord est, allo scopo di espandere l'egemonia comunista contro il nazionalismo e l'imperialismo italiano". In poche parole, portare l'Italia sotto l'orbita sovietica e annullare qualsiasi rigurgito di italianità in favore di una sovietizzazione.Questo il progetto che la "vulgata resistenziale", foraggiata dagli Alleati, aveva in serbo per l'Italia.E dunque, in conclusione, la domanda che il Pres. Gallitto si è posto e che ha costituito il titolo della sua conferenza potrà mai avere più di una risposta? I presenti, ma non solo, ritengono proprio di no!


giovedì 14 febbraio 2008

Il Campo della Memoria






La cerimonia al porto di Anzio








La cerimonia al Campo della Memoria

Reportage sulla Cerimonia tenutasi il 22 gennaio 2008 al Campo della Memoria-Cimitero di Guerra dei Caduti del Btg. Barbarigo, in occasione dell'anniversario dello sbarco Alleato ad Anzio-Nettuno, e dei conseguenti combattimenti sulla testa di ponte, che videro la partecipazione di diversi reparti della RSI di terra, di cielo e di mare. Durante la cerimonia, sono stati letti i nomi dei Caduti dei mezzi d'assalto della Xa MAS impiegati contro la Flotta d'invasione.

Tra i partecipanti e le autorità convenute elenchiamo Donna Assunta Almirante, l'Avv. Bartolo Gallitto, Presidente dell'Ass.Comb. Xa Flott. MAS, il Dott. Alberto Indri, responsabile della sezione Roma dell'Ass., e il Marò Franco Grazioli del Btg. Lupo.






Decima MAS a Bari




La Segreteria della ASSOCIAZIONE CULTURALE Xa FLOTTIGLIA MAS comunica
che il giorno 29 febbraio il Centro Tradizione e Comunità di MODUGNO ( BA ) organizzerà un’intera giornata commemorativa per i martiri delle Foibe. Il programma di massima dovrebbe essere il seguente:

- ore 10: raduno in Piazza Sedile;
- ore 10.30: partenza con corteo alla volta del cimitero comunale. Corteo composto da scolaresche, autorità civili e militari;
- ore 11: discorso e commemorazione di Paolo de Benedictis (Xa MAS);
- ore 12: Concerto in Piazza Sedile con inni e canti patriottici.

In serata ore 18.30 si terrà una conferenza dal titolo: “ Foibe e resistenza: tutto quello che non vi hanno mai detto ”.
La manifestazione sarà libera a tutti coloro che volessero parteciparvi.
L’Inno della Xa MAS sarà suonato in corteo dalla Banda Musicale.
Una curiosità: lo spartito musicale dell'inno della Xa è stato ricostruito dopo un certosino studio dal Marò Mitr. Giulio Ronchi e dal Maestro Oscar Costa nel 2001.

In più il giorno 28 febbraio, in un comune vicino (Cassano delle Murge) in serata ci sarà una onferenza sul tema delle foibe organizzata e patrocinata dalla locale Amm. ne Comunale.

Si fa presente che interverrà Emilio MALUTA, veterano del Btg. Lupo e Presidente della Associazione Culturale Xa Flottiglia MAS.

martedì 12 febbraio 2008

I libri editi dall'Associazione ITALIA



I libri editi dall'Associazione sono posti in vendita per autofinanziare le attività della stessa. Enti o Associazioni con finalità simili possono richiedere una copia omaggio.

Per info e acquisti: ars_italia@hotmail.com

Clicca sui link sottostanti per visualizzare le schede dei libri:

Cronaca dei bombardamenti aerei 1940-1943

La battaglia del Piave, giugno 1918

Libro: PASSO UARIEU
Le termopili delle CC.NN. in Etiopia

Libro: IL MARE NEL BOSCO
Sui MAS nel Tirreno, 1943-1945

Libro: IL BOCIA VA ALLA GUERRA
Un artigliere Alpino dalla Grecia alla Decima MAS

Libro: UNA VITA COME TANTE ALTRE
Dall'AOI alla Monterosa in Garfagnana

Libro: SOTTO TRE BANDIERE
Il Generale Giorgio Farotti REI-Decima MAS-EI
Storia del Cimtero di Guerra del Btg Barbarigo a Nettuno

Libro: CAMERATA TAVIANI PRESENTE!
Cronaca semiseria dei voltagabbana italiani, politici e intellettuali

lunedì 11 febbraio 2008

Il Comandante Bardelli ultima parte



Giunto a La Spezia, il Barbarigo si diresse quindi nella zona di Viverone, vicino Ivrea, per ricostituirsi e riorganizzarsi, e Bardelli dovette riprendere il suo impegno nell’organizzazione del Reggimento F.M. San Marco.Tuttavia, lo sforzo di reclutamento fatto da Bardelli nei confronti del suo primo Battaglione, continuò anche dopo il ritorno del Barbarigo dal Fronte di Nettuno; infatti il Tenente Giorgio Farotti ricorda così una visita del Capitano Bardelli alla Scuola Ufficiali di Alessandria: Bardelli era venuto a ricordarci che alla fine del corso avremmo potuto chiedere di essere assegnati a quel Reparto di Fanteria di Marina, erede della Xª Mas delle epiche gesta di Alessandria, Malta, Suda e Gibilterra, e che aveva già dato un’ottima prova combattendo sul fronte di Nettuno contro gli angloamericani, vale a dire il Battaglione Barbarigo, da lui comandato, il primo Reparto organico della R.S.I. ad essere inviato al fronte dopo l’ignobile 8 settembre 1943. Vestiva il Samurai, e non sprecò molte parole. Disse: “Io ho bisogno di dieci Ufficiali per i miei reparti. Vi posso offrire soltanto la possibilità di crepare per l’Italia”, e ci conquistò. (39) L’otto luglio 1944 Bardelli si recherà a Viverone per visitare i Marò del Barbarigo, i veterani del Battaglione ed i rimpiazzi che non lo conoscevano ancora. Ad essi mostrò il Distintivo del Battaglione Barbarigo, con il cartiglio “Fronte di Nettuno”, destinato ai reduci dei combattimenti sulla testa di ponte, si intrattenne con i Marò e con gli Ufficiali, quindi, assieme ad una scorta, ripartì per Agliè, dove era dislocato il Battaglione Sagittario. Lungo la strada Bardelli ricevette la notizia che un Guardiamarina del Sagittario, tale Gaetano Oneto, assieme da alcuni disertori, era fuggito portandosi dietro la cassa del Battaglione. Bardelli darà ordine ad alcuni Marò del Sagittario di seguirlo, per poter riconoscere Oneto, e si lancerà sulle tracce del fuggitivo, segnalato ad Ozegna. Dopo alcuni chilometri la piccola colonna, composta dalla 1100 scoperta di Bardelli e due automezzi con i Marò del Barbarigo e del Sagittario arrivò alla Stazione di Ozegna; lì stazionava parte di un reparto partigiano capitanato da Piero Urati, nome di battaglia “Piero Piero”, poiché anche egli, avvertito da una staffetta della diserzione di Oneto, si era mosso celermente verso Ozegna, dando ordine alla sua banda di seguirlo e catturando i disertori. Bardelli, fedele al suo pensiero di evitare lo scontro fratricida, e probabilmente confortato dalle precedenti esperienze di dialogo tra Reparti e Comandi della Decima e gruppi di partigiani, sia nel Nord Italia sia a Nettuno e alla Base Sud di Fiumicino, ordinò ai suoi Marò di non intraprendere alcuna azione offensiva. Quindi Bardelli andò a parlamentare con il capo dei partigiani:Senza rendersi conto dell’individuo con cui aveva a che fare, Bardelli disse a “Piero Piero” che il Barbarigo era nella zona soltanto per riorganizzarsi e tornare al fronte, contro gli angloamericani. Che i partigiani stessero tranquilli, e ci lasciassero passare, perché dovevamo andare a prendere un disertore, cioè un individuo che nemmeno a loro poteva piacere; lui, Bardelli, non aveva alcuna intenzione di far fuoco su altri italiani. (40) Urati prestò orecchio alle parole di Bardelli, ma solo per permettere ad altri suoi uomini di circondare il reparto di Marò: quando ritenne arrivato il momento più opportuno “Piero Piero” si allontanò da Bardelli, e puntatagli un’arma addosso, gli intimò di arrendersi.Bardelli, sorpreso, si riprese immediatamente, e, gridando ai suoi Marò “Barbarigo non si arrende! Fuoco!”, raccolse la sua Walther P 38, sparando verso Urati che si era posto al riparo, mentre i partigiani aprivano il fuoco da più direzioni, ferendo e poi uccidendo Bardelli e colpendo molti dei Marò, colti allo scoperto.Secondo Urati invece egli stesso fu costretto a strappare l’arma dalle mani di Bardelli e a colpirlo, dando inizio allo scontro, dopo che i Marò si erano resi conto di essere stati circondati. (41) Solo pochi di essi, riusciti a ripararsi, colpirono mortalmente tre uomini della banda di “Piero Piero” con il loro fuoco di reazione, ma, esaurite in breve tempo le poche munizioni che avevano con loro, non ebbero altra scelta che arrendersi. Dopo alcuni giorni di prigionia nei rifugi della banda di Urati, saranno liberati grazie ad uno scambio di prigionieri tra i partigiani e la Decima.Oltre a Bardelli, saranno uccisi ad Ozegna il T.V. Piccolo, il S.T.V. Beccocci, il Capo di 3a Credentino, il Sergente Grosso, e i Marò Biaghetti, De Bernardinis, Fiaschi, Gianolli, Masi e Rapetti. Dopo che i partigiani si furono allontanati con i loro prigionieri, i corpi di Bardelli e del Sergente Grosso furono trasportati da alcune Suore in un Istituto Religioso. Alcuni abitanti di Ozegna e dei partigiani probabilmente non appartenenti alla banda di Urati depredarono i caduti (42), che furono trovati il giorno successivo da un Reparto di Marò comandato dal Comandante Borghese ed il Sottotenente di Vascello Bertozzi; alla vista dei cadaveri,ritrovati spogliati degli indumenti e dei valori personali, strappati gli anelli dalle dita e i denti d’oro dalle bocche piene di terra e di erba in segno di sfregio, (43)Bertozzi minacciò di compiere una rappresaglia contro la popolazione di Ozegna, ma Borghese, sia per il suo intimo sentire, sia perché senza dubbio conscio dell’idealismo di Bardelli, che mai avrebbe voluto un tale crudele atto, seppur tanto comune nella controguerriglia, riuscì a calmare Bertozzi.Inoltre un tale atto poteva esporre i Marò fatti prigionieri da Urati ad una controrappresaglia da parte dei partigiani.Buona parte della popolazione di Ozegna si rese conto della gravità dell’azione di “Piero Piero”, e ancora oggi considera con gratitudine il non essere stata coinvolta in una rappresaglia che avrebbe portato molti lutti tra quelle genti incolpevoli. D’altra parte, l’uccisione di Bardelli significava che ormai le possibilità della Decima di parlamentare con i partigiani si riducevano molto, anche se non si esaurirono mai del tutto. Il responsabile indiretto della strage di Ozegna, Gaetano Oneto, consegnato alla Decima dai partigiani della banda “De Franchi”, sarà fucilato il 4 settembre 1944. Le salme di Bardelli e dei suoi uomini saranno portate a Ivrea, dove il 10 luglio 1944 furono celebrate le loro esequie. Parteciparono alla cerimonia la Vedova Luigia Bardelli, il Comandante Borghese, il Tenente Colonnello Carallo, Comandante della Divisione Decima, i Marò della Decima e moltissimi civili.Il funerale di Bardelli, e i forti sentimenti che legavano i Marò al loro Comandante, ucciso a tradimento, sono ben esposti in questa dura lettera di un Marò del Barbarigo al proprio padre: Il Comandante del glorioso Barbarigo, due Ufficiali e otto Marinai sono caduti in una vile imboscata mentre compivano una umana missione. Oggi ci sono stati i funerali. Credi caro papà che sono ancora commosso mentre ti scrivo; reparti armati numerosi scortavano le gloriose bare, la fanfara accompagnava con l'Inno di Mameli e con marce funebri il mesto corteo. Giunti al Cimitero il Principe Borghese, l'Asso degli Assaltatori, con la sua voce maschia ha fatto l'appello ai Caduti. Questo momento é stato per me e per tutti i miei camerati un momento solenne, con i pugnali sguainati mentre il rullo dei tamburi si faceva sentire tutti hanno risposto ad una sola voce: “Presente”! Ho visto molti Ufficiali e ragazzi con le lacrime agli occhi. Credi papà che un fremito di vendetta ha percorso tutti i nostri animi. I Leoni del Barbarigo e quelli della Decima vendicheranno i gloriosi Caduti e la rappresaglia sarà presto iniziata contro questi porci e bastardi di rinnegati. Questo é il peggio della linea e noi siamo considerati combattenti e faremo il nostro dovere. Sono sempre all'erta e non aver paura che me la cavo sempre. Come vedi la lotta comincia a essere dura, ma la nostra azione e il nostro desiderio è di raggiungere la meta a qualunque costo. Comandante Bardelli! “Presente!” Sarai vendicato! W l’Italia! (44) Il 28 luglio 1944 fu conferito, postumo, al Capitano di Corvetta F.M. Umberto Bardelli il Distintivo del Barbarigo “Fronte di Nettuno”, numerato “3”. Sempre postuma fu conferita al Comandante Bardelli la Medaglia d’Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione, che in effetti ricostruisce in sintesi la carriera e la tragica fine del coraggioso Ufficiale:

“Ufficiale superiore di belle qualità e di provata esperienza, sorretto da uno slancio e da una fede senza limiti, tre volte decorato al valore; primo comandante del Barbarigo, che per sua travolgente iniziativa per primo si allineò con gli alleati germanici sulla testa di ponte di Nettuno, si recava volontariamente e coscientemente con le esigue forze in una zona notoriamente infestata da bande ribelli.Giunto nella piazzetta del paese di Ozegna cercò di esercitare opera di persuasione sugli sbandati deprecando la lotta fratricida voluta e sovvenzionata dall’oro dei nemici della Patria. Circondato a tradimento insieme ai suoi pochi uomini da forze preponderanti che gli intimavano la resa rispondeva con un netto rifiuto e fatto segno a violentissimo fuoco di armi automatiche postate agli sbocchi delle vie di accesso alla piazza si batteva con leonino furore incitando continuamente i pochi uomini di cui disponeva. Colpito una prima volta al braccio continuava a sparare con una mano sola, colpito una seconda volta ad una gamba continuava a far fuoco sino all’esaurimento delle munizioni. Nuovamente colpito cadeva falciato da una raffica al petto con il nome d’Italia sulle labbra.Fulgido esempio di eroismo, di altissimo senso dell’onore, di attaccamento al dovere e di dedizione completa alla Patria adorata” Ozegna, 8 luglio 1944.

Il 10 settembre 1944 arrivava anche un alto riconoscimento al “suo” Battaglione: il Gagliardetto del Gruppo di Combattimento Barbarigo (comprendente Barbarigo e San Giorgio) era infatti decorato della Medaglia di Bronzo al Valor Militare:

“Armato essenzialmente di fede e di coraggio, chiedeva di essere inviato al fronte di Nettuno per riscattare l’onore della Patria tradita. A fianco dell’alleato fedele, in tre mesi di asperrima lotta, contendeva, fino all’estremo, alle orde travolgenti dei nuovi barbari il possesso di Roma immortale, dando luminose prove di strenuo valore e consacrando col sangue dei migliori il sacro diritto d’Italia alla vita ed alla rinascita” Fronte di Nettuno – Roma, 4 giugno 1944.

Il 14 settembre 1944, invece, un Decreto Luogotenenziale del Regno del Sud sospendeva il Maggiore G.N. Bardelli dall’impiego “a tempo indeterminato” e lo poneva “in attesa di procedimento penale”, mentre il 27 gennaio 1945, era notificato che l’8 luglio 1944 Bardelli era stato “Ucciso da patrioti”. (45)Il 4 febbraio 1951, la Commissione Centrale di Discriminazione giudicò “l’ufficiale superiore” Bardelli idoneo a rimanere nei Ruoli sino alla data della sua morte, “avvenuta in servizio ma non per causa di servizio”. (46) Il 23 gennaio 1952 era annullato parzialmente, a tutti gli effetti, il Decreto del 14 settembre 1944, riguardante la “sospensione precauzionale dall’impiego”. (47) Erano passati sette anni dalle ultime battaglie del Barbarigo e della Decima nel Goriziano e sul Fronte Sud, battaglie dove senza dubbio molti Marò ricordarono, in quelle situazioni disperate, le parole e l’alto esempio del Comandante Bardelli, tenendo fede al giuramento prestato e combattendo sino al limite delle loro capacità.La salma di Bardelli troverà in seguito dimora nella Tomba Duelli al Verano, assieme a molti dei suoi Marò, e sarà quindi traslata il 16 giugno 2005 al Campo della Memoria, divenuto Cimitero Militare a tutti gli effetti, dove riposerà circondata dai Caduti del Barbarigo. Sessanta anni dopo la fine della guerra, il Comandante Bardelli vive ancora, perché, come disse egli stesso: nessuno di voi è morto finché noi non morremo tutti. E fino a quando sarà in piedi uno del Barbarigo lo sarete anche voi. Ma anche dopo che l’ultimo membro del Barbarigo seguirà il suo Comandante e i suoi commilitoni, tutti loro vivranno per sempre nella leggenda che essi hanno scolpito, con il loro sangue e i loro sacrifici, il loro dolore e il loro eroismo, nelle buche di Nettuno, sulle nevi del San Gabriele e tra gli argini del Po.

Note

1 I periodi di imbarco di Umberto Bardelli, le navi sulle quali ha prestato servizio, le promozioni e le onorificenze conferitegli sono desunte dal suo Fascicolo Matricolare, riprodotto in appendice. 2 Trizzino, Antonino, Sopra di noi l’oceano, Milano, 1967, p. 25.3 Ibid., p. 25. 4 Ibid., p. 32. 5 Giorgierini, Giorgio, Uomini sul fondo, Milano, 1994, p. 460. 6 Sanvito, Mario-R.C., Il Comandante Umberto Bardelli, s.l., 1944, p. 4. 7 Le MTB che avevano attaccato lo Scipione erano delle MTB Vosper tipo 1941. Molte MTB di questa classe furono costruite negli USA, nel quadro del Patto Lend-Lease, da lavoratori della Vosper inviati nei Cantieri americani. La maggior parte di queste motosiluranti operò nel Mediterraneo e nell’Oceano Indiano. Diverse MTB operanti nel Mediterraneo avevano equipaggio neozelandese, come quelle affrontate con successo dallo Scipione.Caratteristiche tecniche:Lunghezza 22.1 metri, larghezza 5.9 metri, potenza 4.050 cavalli, velocità 39.5 nodi, dislocamento 37 tsl, armamento 2 tls da 533 mm, 1 mitragliatrice binata .50 oppure una mitragliera Oerlikon da 20 mm, equipaggio 12 uomini.MTB tipo 1941 costruite:MTB 222 - 241, MTB 246 - 257, MTB 258 - 326 (Costruzione USA, 259 - 268 progetto Elco), MTB 327 -331, MTB 344 - 346 (Sperimentali).8 Lettera all’autore della Signora Serena Rattazzi Bardelli, 2005.9 Conversazione telefonica con l’autore dell’Ing. Fernando Bardelli, 2005.10 Arena, Nino, R.S.I. Forze Armate della Repubblica Sociale, Parma, 1999, pp. 314-315.11 Lettera all’autore della Signora Serena Rattazzi Bardelli, 2005.12 Lettera all’autore della Signora Serena Rattazzi Bardelli, 2005.13 Lettera all’autore del Tenente Mario Bordogna, 2005. Bordogna fu l’Ufficiale d’Ordinanza di Bardelli, e dopo essere stato assegnato alla Compagnia Comando del Barbarigo a Nettuno divenne l’Ufficiale d’Ordinanza del Comandante Junio Valerio Borghese.14 Bordogna, Mario (a cura di), Junio Valerio Borghese e la X Flottiglia MAS, Milano, 1995, p. 43.15 Nesi, Sergio, Junio Valerio Borghese, Bologna, 2004, p. 234-235.16 Intervista dell’autore al Guardiamarina Paolo Posio, 2005. Posio fu uno tra i primi volontari nel Maestrale, poi Barbarigo, e, divenuto Comandante di Compagnia, combatté a Nettuno, nel Goriziano e sul Senio.17 Memoria inedita del Guardiamarina Paolo Posio e Tedeschi, Mario, Sì bella e perduta… Storia del Battaglione Barbarigo e dell’amor di Patria, Roma, 1994, p. 86.18 Ibid., pp. 111-112.19 Intervista dell’autore al Sottocapo Egidio Cateni, 2005. Marò, poi Sottocapo, nel Btg. Barbarigo, combatté a Nettuno, sul San Gabriele e sul Senio.20 Calamai-Pancaldi-Fusco, Marò della X Flottiglia MAS, Bologna, 2002, p. 75.21 Conversazione telefonica con l’autore del TV Sergio Nesi, 2005. Nesi era stato un Ufficiale nei Reparti Navali della Decima MAS, e, protagonista dell’inconcludente raid su Ancona, che portò alla perdita del suo SMA, sarà catturato dagli Alleati, mentre i suoi uomini della Base Est di Pola, rimasti senza comandante, furono massacrati dagli slavi.22 Lembo, Daniele, I fantasmi di Nettunia, Roma, 2000, p.12523 Ibid, p.117.24 Tedeschi, Mario, Sì bella e perduta… Storia del Battaglione Barbarigo e dell’amor di Patria, Roma, 1994, p. 86.25 Perissinotto, Marino, Duri a morire, Storia del Battaglione Barbarigo, Parma, 2001, p. 31.26 Barbarigo, Giornale di guerra del Btg. “Barbarigo” del 1° aprile 1944.27 Nesi, Sergio, Junio Valerio Borghese, Bologna, 2004, p. 257.28 Ibid., p. 260.29 Ibid., p. 270.30 Ibid., p. 287.31 Intervista dell’autore al Guardiamarina Paolo Posio, 2005.32 Tedeschi, Mario, Sì bella e perduta… Storia del Battaglione Barbarigo e dell’amor di Patria, Roma, 1994, p. 94.33 Luci Chiariti, Luciano, Con il Barbarigo a Nettuno, Genova, 2005, p. 52.34 Conversazione con l’autore del Marò A.U. Franco Olivotti. Franco Olivotti, appartenente al Btg. Barbarigo, combatté a Nettuno.35 Calamai-Pancaldi-Fusco, Marò della X Flottiglia MAS, Bologna, 2002, p. 66.36 Paolo Posio, “Ricordo del Comandante Bardelli”, pubblicato su Decima, Comandante!37 Calamai-Pancaldi-Fusco, Marò della X Flottiglia MAS, Bologna, 2002, p. 64.38 Tedeschi, Mario, Sì bella e perduta… Storia del Battaglione Barbarigo e dell’amor di Patria, Roma, 1994, p. 130, e conversazione telefonica dell’autore con l’Ausiliaria Scelta Raffaella Duelli, 2005. Raffaella Duelli fu tra le prime Volontarie del SAF Decima, e fu assegnata al Battaglione Barbarigo ed alla Segreteria del Comandante Junio Valerio Borghese. Nel dopoguerra organizzò il recupero delle salme dei Marò del Barbarigo caduti a Nettuno e contribuì in maniera determinante alla realizzazione del Campo della Memoria di Nettuno, il Cimitero Militare del Btg. Barbarigo.39 Farotti, Giorgio, Sotto tre bandiere, Genova, 2005, pag. 31 e Tedeschi, Mario, Sì bella e perduta… Storia del Battaglione Barbarigo e dell’amor di Patria, Roma, 1994, pag. 99.40 Tedeschi, Mario, Sì bella e perduta… Storia del Battaglione Barbarigo e dell’amor di Patria, Roma, 1994, p. 49.41 Urati, Piero, Piero Piero, Aosta, 2005, p. 50.42 Le ricostruzioni del combattimento di Ozegna da parte dei reduci della Decima MAS (cfr. bibliografia) sono concordi nell’attribuire a Urati la responsabilità dell’inizio dello scontro, avendo Urati puntato la propria arma su Bardelli (e non disarmando quest’ultimo), e invitatolo alla resa. A quel punto, al rifiuto di Bardelli, Urati spara e con lui aprono il fuoco i partigiani, da posizioni di vantaggio, sui Marò concentrati vicino ai camion nella piazza. La tesi di Urati secondo la quale egli si sentì minacciato e disarmò Bardelli, trovandosi quindi a distanza ravvicinata da quest’ultimo e sparandogli subito dopo con la sua stessa arma, è smentita anche da uno dei suoi partigiani (cfr. testimonianza del partigiano Dezzutti in Agliè nei giorni della Resistenza, Agliè, 1978, pp. 11-12, citato in Guido Bonvicini, Decima Marinai! Decima Comandante!, Milano, 1988, p. 78 ). Secondo questa testimonianza “Ad un tratto Piero Piero […] si apposta dietro un albero dell’allea e intima la resa. Ma Bardelli risponde: “Il Barbarigo non si arrende!”. Ed inizia lui stesso la sparatoria”. La ricostruzione di Urati fu resa nota in una sua conversazione, durante un pranzo di lavoro nel 1984, con l’Ing. Sergio Nesi, e da Nesi fu successivamente ripresa (cfr. Guido Bonvicini, Decima Marinai! Decima Comandante!, Milano, 1988, pp. 76-77). Nella sua recente autobiografia, curata dalla Professoressa Rosanna Tappero, Urati dà una versione simile alla prima, affermando però che Bardelli era armato di “una mitraglietta”, mentre la sua arma era invece una pistola semiautomatica in doppia azione Walther P 38, e rivendicando un ruolo più attivo nella conduzione dell’inizio dello scontro: infatti Urati, visti i suoi partigiani in posizione e approfittando di una distrazione di Bardelli, lo disarma ed inizia lo scontro (cfr. Piero Urati, Piero Piero, Aosta 2005, pp. 50-51).Da notare come diverse bande partigiane tentarono di prendersi l’onore del combattimento di Ozegna, suscitando l’irritazione di Piero Piero (cfr. Piero Urati, Piero Piero, Aosta, 2005, nota a p. 51).Ricciotti Lazzero (La Decima MAS, Milano, 1984) fa una ricostruzione attendibile dello scontro, scrivendo però che Bardelli sarebbe stato sfigurato da una raffica di arma automatica, perdendo quindi parte della dentatura. In realtà l’evidenza fotografica mostra il volto di Bardelli integro, ed è purtroppo indubbio che i suoi denti d’oro furono rimossi a scontro finito.43 Bordogna, Mario (a cura di), Junio Valerio Borghese e la X Flottiglia MAS, Milano, 1995, p. 110. 44 Archivio di Stato di Genova. 45 Fascicolo Matricolare del Comandante Bardelli. 46 Ibid. 47 Ibid.

Tratto da: Andrea Lombardi, Il Comandante Bardelli, Effepi 2005.

http://uominiearmi.blogspot.com/2007/12/il-comandante-bardelli.html


Il Campo della Memoria su Storia e Battaglie





Riportiamo una bella recensione del libro del Gen. Farotti Il Campo della Memoria, apparsa sul numero di gennaio della rivista "Storia e Battaglie".

http://associazioneitalia.blogspot.com/2007/12/il-campo-della-memoria.html

venerdì 8 febbraio 2008

Cento uomini contro due flotte



Cento uomini contro due flotte, di Virgilio Spigai.

Finalmente disponibile!

Attesa ristampa della storia completa degli incursori e dei mezzi d'assalto della Regia Marina dalle origini alla fine della 2 GM. Numerose testimonianze dirette dei protagonisti.

Ristampa a cura di Gianni Bianchi, dell'Ass. amici di Teseo Tesei e socio dell'Ass. ITALIA.

F.to 17x24, 370 pag., brossura, completamente ill., Euro 28,00

Per ordini: ars_italia@hotmail.com

Contro operazione foibe



Segnaliamo questa iniziativa:

Un'ottima risorsa per la giornata commemorativa del 10 Febbraio prossimo:

CONTRO OPERAZIONE FOIBE di Giorgio Rustia.

Scaricate attraverso questo link il libro PDF messo a disposizione di tutti dalla LEGA NAZIONALE (
http://www.leganazionale.it/).

La risposta esaustiva, dettagliata, documentata al libro della Cernigoj "Operazione Foibe", che vorrebbe negare la triste realtà degli infoibamenti avvenuto nell'Istria e Venezia Giulia. Dati, cifre, schemi delle foibe, cronache del'immediato dopoguerra. Ricca iconografia.

http://www.leganazionale.it/storia/CONTRO%...ONE%20FOIBE.pdf

Notare che la Cernigoi, presentata spesso come "storica", sia in realtà una dipendente dell'Agenzia delle Entrate, e solamente una giornalista pubblicista (e sino a pochi anni fa bastava scrivere qualche articolo sul Bollettino della Parrocchia, o su una modesta fanzine, magari edita in proprio, per diventarlo; approposito, "La nuova alabarda", diretta dalla Cernigoi, rientra prosaicamente in questa categoria, visto che la maggior parte dei "dossier" sono scritti dalla... Cernigoi stessa!). Massimo rispetto per le "one-man band", e che non servano titoli paludati per fare storia è ovvio, ma è anche giusto fare un pò di chiarezza su questo fenomeno della storia contemporanea dei confini orientali dal nome Claudia Cernigoi.
Interessante resoconto di una presentazione del libro della Cernigoi qui:

Foibe e Cernigoi

Il 10 Febbraio 2007, giorno dedicato alla memoria dei caduti delle Foibe, si terrà un convegno ad Ancona, organizzato dall’ANPI.

Accanto vedete il manifesto del convegno, e di seguito il testo per sottoscrivere la petizione per richiedere di bloccare il suddetto convegno.

Firma anche tu a questo indirizzo http://www.adesonline.com/petizioni.asp

Noi sottoscrittori della presente petizione considerato che il giorno 10 febbraio 2007- GIORNO DEL RICORDO degli Istriani, Fiumani e Dalmati, sancito con una legge del Parlamento italiano (L.92-2004) - presso l’Università degli studi di Ancona è stato previsto il convegno “La frontiera Orientale –Conflitti, Relazioni, memorie”, con il patrocinio dell’ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia che vede tra i relatori Claudia Cernigoi, la quale afferma che la Foiba di Basovizza non contiene i poveri resti di tanti Istriani, Fiumani e Dalmati al suo interno fatti precipitare, bensì sostieneche essa è un’immondezzaio e quindi và riaperta e verificato il contenuto. Considerato che tale convegno offende la memoria di quanti uomini, donne, bambini furono vittime della feroce “pulizia etnica” risultato dell’ideologia totalitaria comunista del maresciallo Tito, considerato che i familiari, i discendenti delle vittime Istriane, Fiumane, Dalmate e gli Amici con essi solidali, sentono gravemente ferita la loro dignità personale ed infine i cittadini di Ancona unitamente a quantidesiderano che non venga squalificato il prestigio della Università degli Studi di Ancona CHIEDONO AL MAGNIFICO RETTORE dell’Università degli Studi di Ancona di sospendere con un atto proprio e CON URGENZA detto Convegno, in modo non si realizzi nella data prevista così IMPORTANTE per i significati che riveste e per le ragioni citate.Seguono firme,http://www.adesonline.com/petizioni.asp

mercoledì 6 febbraio 2008

Aprile 1945 - Aprile 2005



Fotoricostruzione eseguita nell'aprile 2005 dall'Associazione ITALIA presso il Museo Memoriale della Libertà di Bologna, in memoria dei combattimenti della Decima MAS svoltisi sessanta anni prima sul fronte Sud. Il giorno seguente, il ricercatore Enrico Frattini ci ha accompagnato tra Fusignano e Alfonsine, sugli argini del fiume Senio, dove fu schierato il Btg. Lupo sino al marzo 1945 e dove, negli ultimi giorni della guerra in Italia, il Gruppo d'artiglieria Colleoni (e aliquote del Freccia) si oppose alla decisiva offensiva Alleata dell'aprile 1945, prima di ripiegare verso il Po assieme agli altri reparti (Barbarigo, Lupo, Freccia) della Divisione Decima.

martedì 5 febbraio 2008

Elenco caduti Btg Barbarigo, Campo della Memoria e Tomba Duelli



Grazie alla operosità e alla cortesia del Marò Mitr. Giulio Ronchi, veterano del Btg. Barbarigo, pubblichiamo qui di seguito:

Elenco nominativi caduti Btg Barbarigo, Btg Lupo e GNR

Tomba Duelli Cimitero al Verano, Roma
Campo della Memoria, Nettuno


Legenda: nominativo, grado, riconoscimenti, data e luogo di morte.

1 BARDELLI Umberto M.O.V.M., 2 M.B.V.M.
1° Com. Btg. F.M. BARBARIGO
Cap. Corvetta M.O.V.M.
Xa Flottiglia MAS
08.07.1944 Agliè di
OZEGNA (Torino)

2 ALBERGHINI Gaetano (c)
Marò
7.05.1944 Sermoneta LT
3 ANDREANI Marcello (c)
Sottocapo
07.05.44 Sermoneta LT
4 ANDRIULO Giovanni (c) A.M. *
Marò (Tomba Duelli)
03.44 Nettuno
5 AVOSCAN Guerrino (c) *
Marò
03.44 “
6 BANDINI Angelo (c) A.M. *
Marò (Tomba Duelli)
04.44 “
7 BARZOTTI Gino (c) Paese Orig. *
Marò (Fauglia PISA)
04.44 “
8 BECCARIA Amelio o Angelo (c)
Marò
30.04.44 Sermoneta
9 BENEDETTI Ivano (c) * *
05.44 “
10 BERNARDI Italo (c) Paese Orig.
Marò (S.Eufemia BS)
07.03.44 “
11 BIANCHI Guido (c) A.M.
All. fur. O. (Tomba Duelli)
19.05.44 “
12 BOLZOTTI Biagio (c) A.M. *
Marò (Tomba Duelli)
05.44 “
13 BRAMUCCI Umberto (c)
Marò
06.44 Tor di Quinto
14 BREMBATI Alessandro (c) A.M.
2° Capo (Tomba Duelli)
18.04.44 Littoria
15 CAFFARO Pietro (c) A.M.
Sergente (Tomba Duelli)
25.05.44 Cisterna
16 CALINI Franco (c)
Marò A.U. E.S.
08.04.44 Sermoneta
17 CALZAVARA Alfonso (c)
Marò
17.03.44 Nettuno
18 CALAMIA Sido (c) AM.
Marò (Tomba Duelli)
19.05.44 “
19 CAPRIANI Bernardino (c)
Marò
05.44 Tor di Quinto
20 CARRARA Mario (c) *
Sottocapo
03.44 Nettuno
21 CASALI Felice (c) *
Marò
03.44 “
22 CASELLA Gavino (c)
Marò
21.01.45 M.S. Gabriele (GO)
23 CHIAVERINI Enzo (c)
Marò M.B.
19.06.44 Roma Osp.Celio
24 CHIERICONI Vittorio (c)
Marò
01.05.44 Cisterna
25 CIAVARELLA Oreste (c) A.M. *
Marò (Tomba Duelli)
05,44 Nettuno
26 CONTE Angelo (c)
Marò
02.09.44 Ivrea
27 CONTE Vincenzo (c)
Sergente
15.05.44 P.M. 807 Nettuno
28 CORETTO Mario (c) *
Marò
04.44 “
29 CORTESI Enzo (c) Paese Orig.
Serg. (S.Andrea Pelago MO)
16.03.44 Sermoneta
30 DEL BONO Terzo (c) *
Marò
03.44 Nettuno
31 DELLA CIANA Quirino (c) A.M.
Marò (Tomba Duelli)
07.05.44 “
32 DE MAJDA Vincenzo (c) * *
04.44 «
33 DE MARCO Giuseppe (c) Paese Or. *
Marò Sc.(Casteltermni AG)
04.44 “
34 DRAGHI Carlo (c)
Marò
18.04.44 Littoria
35 DUCHINI Quinto (c)
Sergente
05.04.44 Abbadia
36 ELIA Mario (c) *
Marò
04.44 Nettuno
37 ENRIQUEZ Sebastiano (c)
Marò
20.05.44 “
38 FERRERO Giovanni (c) *
Marò
04.44 “
39 FORNACIARI Giulio (c) A.M. *
Marò (Tomba Duelli)
20.04.44 “

40 FRASSINI Lorenzo (c) *
Marò
05.1944 Nettuno
41 FRISENDA Arturo o Paolo (c)
Marò
08.05.44 Nettuno
42 FUNARI Aurelio (c) *
Marò
03.44 Nettuno
43 GAMBINI Pasquino (c)
Marò
03.05.44 Nettuno
44 GAROZZO Giuseppe (c)
Marò
03.1944 Tor di Quinto
45 GARZO Pietro (c) *
Marò
04.44 Nettuno
46 GIOVANNINI Luigi (c) * *
2° Capo A.U.
18.04.44 Nettuno
47 IANNACONE Giuseppe (c) *
Marò
13.04.44 Nettuno
48 LAI Giovanni (c)
Marò
17.04.44 Nettuno
49 LOREGGIA Angelo (c) Paese Orig.
Marò (Bagnoli – NA)
05.44 Sermoneta
50 LUCIDI Vinicio (c)
Marò
18.04.44 Nettuno
51 MAGGINO Alfredo (c)
Marò
04.44 Tor di Quinto
52 MAGNANI Alfio o Alfiero (c) *
Marò
05.44 Nettuno
53 MORONI Alfonso (c) Paese Orig.
Marò (Luisago – CO)
12.04.44 Nettuno
54 NADASIO Alfredo (c) Paese Orig.
Marò (Besate – MI)
19.05.44 Nettuno
55 NESTOLA Cosimo (c) *
Marò
04.44 Nettuno
56 NICCOLI Pietro (c) A.M.
Sergente (Tomba Duelli)
19.05.44 Pomezia
57 NOBILI Emilio (c)
2° Capo M.A
18.03.44 Doganella
58 PAGLIARELLO Giuseppe (c) P.O.
Marò (Sortino SR)
07.05.44 Sermoneta
59 PASQUALINI Pietro (c) A.M.
Marò (Tomba Duelli)
11.05.44 Nettuno
60 PASSERO Gino (c)
Marò
04.44 Tor di Quinto
61 PINI Quirino (c)
Marò
04.44 Sermoneta
62 PISANI Tonino (c) *
Marò
04.44 Nettuno
63 POLACCI Alfeo (c) Paese Orig.
Marò A.U Forte dei Marmi LU
18.04.44 Nettuno
64 QUINTIERO Florindo (c) * *
04.44 Nettuno
65 RAMANZINI Antonio (c)
Marò
08.05.44 Sermoneta
66 RAMAZZOTTI Lamberto (c) * *
Marò
03.44 Nettuno
67 RIZZI Angelo (c)
Marò
05.44 Tor di Quinto
68 ROLANDI RICCI Vittorio 16 anni
Marò Gr. Ard. Giobbe
26.04.1945
69 ROSSETTI Pietro (c)
Marò
05.44 Tor di Quinto
70 RUGGERI Ettore (c) Paese Orig.
Sergente (Pescina – AQ)
10.05.44 Sermoneta
71 RUZZA Remigio (c) *
Marò
04.44 Nettuno
72 SANGALLI Ernesto (c) * *
04.44 Nettuno
73 SANNINO Lucio (c) (Fronte Sud)
Serg. A.U. Btg. LUPO
31.12.44 Alfonsine (RA)
74 SBARBATI Ercole (c)
S.Nocchiero (MAS 504)
15/25.03.44 Mare d’Anzio
75 SEGATTO Giovanni (c) * *
04.44 Nettuno
76 SIGNORI Arcangelo (c) A.M * *
(Tomba Duelli)
04.44 Nettuno
77 SOLDINI Pasqualino (c) Paese Orig * *
Ignoto !? (Martignana Po - CR)
78 SPAGNA Alberto (c)
Marò A.U.
03/06.03.44 Doganella
79 TAMBURINI Ercole (c) *
Marò
03.44 Nettuno
80 TODDE Pasquale (c)
Marò
05.05.44 Sermoneta
81 TOFANO Decimo (c) A.M. * *
(Tomba Duelli)
05.44 Nettuno
82 TOSELLI Quirino (c)
Marò
13.03.44 Littoria
83 TROTTA Cesidio (c)
Sottocapo A.U.
15.04.44 Nettuno
84 VALLERO Luigi (c)
Marò
05.44 Tor di Quinto
85 VENTURI Tullio (c) * *
03.44 Nettuno
86 VINCI Vincenzo (c) Paese Orig.
Marò (Mistretta – ME)
03.44 Sermoneta
87 VIRGINI Vittorio (c) Paese Orig *
Marò (Bottanuco - BG)
04.44 Nettuno
88 BERTI Enrico (c)
Legionario G.N.R.
Apr./1945 Reggio Emilia
89 SCHISANO Luigi (c)
Legionario G.N.R.
Apr./1945 - -
90 TROCHEI Vincenzo (c)
Legionario G.N.R.
Apr,/1945 - -
91 VALENTINI Aldo (c)
Legionario G.N.R.
Apr./1945 Milano
+ 92 CAPRIANI Germano ?! (c) * *
Caporale

93 IGNOTO 1 *
1944 Nettuno
94 IGNOTO 2 *
1944 Nettuno
95 IGNOTO 3 *
1944 Nettuno
96 IGNOTO 4 *
1944 Nettuno
97 IGNOTO 5 *
1944 Nettuno
98 IGNOTO 6 *
1944 Nettuno
99 IGNOTO 7 *
1944 Nettuno
100 IGNOTO 8
1944 Nettuno
+ Nuovi * * Omonimo (?)

Elenco Raffaella DUELLI Aus.Sc. S.A.F. Xa - Btg.F.M. Barbarigo
N°7 * IGNOTI sono già Traslati nel CAMPO della MEMORIA di NETTUNO (Anzio)
Sacrario R.S.I (20 giugno 2000)

Elenco Nominativi TUMULATI nella TOMBA DUELLI
Cimitero al Verano - ROMA
Xa Flott.M.A.S. Barbarigo - Lupo - S.A.F. – G.N.R.

Nominativi - Grado/Reparto - riconoscimenti - data

1 BRUZZESI Augusto
Serg. A.U.- Barbarigo E.S
1993
2 CENCETTI Giulio 4° Com. Btg.
T.V. - Barbarigo E.S.
1974
3 GATTONI Alberto
S.T.V. - Barbarigo
1987
4 POCEK Alessandro
S.T.V. - Barbarigo.
1994
5 SCAFFARDI Luca
Btg. LUPO
1977
6 VAGLIANI Gian Felice
Marò Btg. LUPO
2002
7 ARNAUD Fede Pocek
Capo Gruppo S.A.F. - Xa
8 PEZZELLA Vera Giorgi
Ausiliaria S.A.F. - Xa
2002
9 INFANTINO Franco
Legionario G.N.R.
1977

RINGRAZIAMENTI all'Aus. Scelta Raffaella Duelli
15 DICEMBRE 2004

+ Nuovi nominativi
M.A.V.M. = Medaglia Argento
M.B.V.M.= Bronzo
E.S. = Encomio Solenne
A.M. = Ad Memoriam
P.O. Traslati Paese d’origin

* non menzionati nel Libro – “DURI A MORIRE” di M. PERISSINOTTO
* non menzionati nell’Albo Caduti Btg. F.M. BARBARIGO Xa Flott. M.A.S
Elaborazione a cura del Marò Mitr. Giulio Ronchi, Btg. Barbarigo

Ma nessuno di voi è morto finché noi non morremo tutti. E fino a quando sarà in piedi uno del Barbarigo lo sarete anche voi...

C.C. MOVM Umberto Bardelli, aprile 1944.

lunedì 4 febbraio 2008

L'ultima battaglia


Pierluigi Tajana, secondo da sinistra, in Grecia nel 1941.


Un mortaio da 81mm della Decima sul fronte Sud, 1945.

Capitolo tratto da "Il Bocia va alla guerra", le memorie di Pierluigi Tajana, 4a Compagnia Mortai, Btg. Barbarigo.

Fronte sud, aprile 1945

Trascorsi il mese d’aprile come un sonnambulo, di giorno, spostandomi dal Battaglione alle postazioni dei mortai, di notte, al comando tedesco per informarli della situazione dei mortai e ricevere eventuali nuovi ordini. In pratica non dormivo mai e sarei crollato se, malgrado lo strombazzamento radiofonico, non fosse giunto l’ordine di ripiegare. Eravamo tutti stupiti dalle tattiche tedesche. Combattevano di notte, con la loro “sega di Hitler”, ossia la mitragliatrice Maschinengewehr 42, o con il terribile Panzerfaust, arma anticarro distruttiva, leggerissima, che poteva essere data in dotazione al militare in pattuglia. Ciò che era ancora più sorprendente era la serietà e la disciplina con cui affrontavano ogni avvenimento. Quando tornavano dopo un’azione, avevano spesso con sé i feriti che non si muovevano finché non avessero ultimato il rapporto, poi finivano in barella e potevano essere inoltrati negli ospedali da campo. Fortunatamente alla nostra Compagnia non venne mai ordinata un’azione di pattuglia; avevamo un armamento troppo inadeguato. Ci eravamo liberati dei mitra totalmente inservibili e li avevamo sostituiti con fucili, meglio se tedeschi, come il famoso Mauser, dal suono caratteristico come il Ta-Pum austriaco. Il nostro ’91 aveva invece un suono molto secco. La mitragliatrice Maschinengewehr 42 aveva un urlo lacerante che faceva paura. Era chiamata la sega di Hitler, perché aveva una celerità di tiro tale da segare un albero. Ogni arma aveva un suono diverso. Comin-ciammo a ritirarci, ma i nostri automezzi erano per lo più inutilizzabili a causa dei bombardamenti, quindi, per non portare tutto a spalle, fummo costretti a requisire dei carri che erano trainati da mucche perché cavalli e buoi in Polesine non esistevano più. Eravamo proprio l’armata Brancaleo-ne, ma più ci ritiravamo più ci armavamo, raccoglievamo armi da tutte le parti e ormai possedevamo un buon numero di Maschinengewehr e Pan-zerfaust. Ci ritiravamo in perfetto ordine, malgrado l’inesistenza dei mezzi di trasporto. Una mattina, all’alba, fummo individuati da una squadriglia di caccia, che mitragliò la nostra colonna. Fortunatamente li scorgemmo per tempo, i Marò riuscirono a salvarsi, ma le povere mucche furono maciullate. Fu la manna per i contadini del posto che non vedevano carne da un bel po’ di tempo. Ci ritiravamo sulla direttiva Massa Lombarda, Valli di Comacchio, Codigoro e Ariano. Dovevamo attraversare il Po. Era tutta un’incognita perché i ponti di barche erano stati distrutti. Sapevamo che esistevano barconi privati, ma nessuno ci dava indicazioni ed i proprietari erano irreperibili. Senza l’abilità dei miei marò liguri, maestri d’attività marinare, con alla loro testa Giussani, ci saremmo dovuti fermare. Essi furono sguinzagliati alla ricerca d’imbarcazioni, e il primo ad arrivare fu proprio Giussani, che cominciò a trasbordare le armi, poi arrivarono anche altre barche. Io fui l’ultimo a compiere la traversata. Avevamo gli Alleati alle calcagna, ma non si avvicinavano tanto da poter essere sotto tiro. In fondo il sogno d’ogni co-mandante è vincere la guerra senza subire perdite. Gli Alleati se lo potevano permettere! Eravamo sfiniti ed affamati quando giungemmo presso Adria, dove svegliammo il podestà e pretendemmo un pasto caldo. In quel modo ci rifocillammo e potemmo riposare dodici ore. Avevamo ricevuto l’ordine di ripiegare a Padova e da li raggiungere Vicenza e Thiene. A quel punto avremmo dovuto attraversare anche l’Adige; speravamo che il ponte a Cavarzere, pur terribilmente danneggiato, per-mettesse ancora il transito, in caso contrario sarebbero stati guai seri. Le truppe Alleate avevano sfondato un po’ dappertutto; in effetti non si pote-va parlare di sfondamento perché in quelle ore i tedeschi, prima di noi, avevano saputo che il Generale Wolff si era arreso a Milano, quindi si ri-tiravano con la massima celerità verso nord, lasciando sguarnite le linee di difesa. Contro di noi era schierata l’8a Armata inglese con elementi ne-ozelandesi ed anche reparti del Corpo di Liberazione italiano, i cosiddetti cobelligeranti. Era il 26 aprile e nessuno di noi sapeva che il 25 era stata firmata la resa di Graziani, e che Mussolini e molti gerarchi erano stati fucilati. Di strano c’era solo il fatto che durante la notte tutti i paesi del Polesine brillavano di luce. Per loro non esisteva più l’oscuramento. Noi eravamo giunti ormai a Cavarzere con grosse difficoltà e speravamo che il ponte fosse agibile. Il pericolo era costituito dall’aviazione, poiché gli Alleati avevano cessato il fuoco con le artiglierie. Ci separava dall’Adige solo un lungo rettilineo, ma ad un tratto vedemmo profilarsi le sagome di due grossi mezzi corazzati nemici. Tememmo l’accerchiamento. Diedi subito l’ordine di gettarsi al riparo dell’argine, che, fortunatamente, fian-cheggiava la strada, e feci aprire contro i carri tutto il fuoco possibile. Sa-ranno stati più di cento fucili ’91 e Mauser, qualche mitragliatrice e Ma-schinengewehr, purtroppo con scarso munizionamento. I mortai non era-no invece a disposizione. Fu comunque un fuoco impressionante come intensità e precisione. Certamente i proiettili non forarono le lamiere dei corazzati, ma li indussero ad allontanarsi con la massima celerità. Si levò un grido di esultanza. Diedi immediatamente l’ordine di proseguire con la massima velocità. Assistette a questa nostra fulminea reazione il coman-dante Di Giacomo, dal quale dipendeva tutta la Xa su quel fronte. Ci fece un elogio sperticato. Il ponte era fortunatamente praticabile, anche se con difficoltà e in fila indiana. Trasportammo tutto l’armamento possibile, compreso il munizionamento. Dovemmo abbandonare però parecchio materiale. Eravamo, in ogni caso, un reparto efficientissimo ed oltremodo disciplinato. Era la mattina del 28 aprile e proseguimmo alla volta di Conselice. Facemmo una breve sosta e raggiungemmo Albignasego. Capimmo che qualcosa era cambiato perché la poca gente che c’era lungo la strada ci guardava come se fossimo dei pazzi. Vedemmo sul ciglio della strada dei civili morti e pensammo ci fosse stata qualche rappresaglia, ma l’unico nostro scopo era ormai raggiungere Thiene. Eravamo ormai fuori dalla realtà, ma per noi nient’altro aveva importanza. Arrivò una macchina con un’enorme bandiera bianca. Erano dei borghesi, con un tedesco della Wehrmacht, che volevano discutere con chi ci comandava. Il comandante Di Giacomo li ricevette. Si presentarono come rappresentanti del Comitato di Liberazione di Padova, il famoso C.L.N., di cui non conoscevamo neanche l’esistenza. Chiesero che venissero deposte le armi e che accettassimo di arrenderci. Di Giacomo rifiutò il loro ultimato ed affermò che se entro mezz’ora non se ne fossero andati avrebbe attaccato le loro postazioni fuori Padova e avrebbe proseguito. Dissero che a Padova c’erano già truppe inglesi, ma Di Giacomo, che non mollava, rispose che avevamo attorno le truppe inglesi già da un po’, e che la cosa non ci intimoriva. Stava ormai per scadere il tempo, quando comparve un’altra auto con una bandiera bianca; questa volta erano inglesi. Il colloquio si protrasse a lungo e ci venne comunicato che Graziani aveva già firmato la resa da tre giorni e che Mussolini era stato fucilato. Di Giacomo radunò noi Ufficiali e si decise che ci saremmo arresi, con l’onore delle armi promessoci dagli inglesi. L’Ufficiale, che parlava abbastanza bene l’italiano, ci disse di ammirare la nostra Divisione, poiché era l’unico reparto che si era presentato perfettamente armato ed inquadrato e ricordò che a Tobruk, in Libia, aveva fatto parte della guarnigione inglese che si era arresa agli italiani, da cui aveva ricevuto l’onore delle armi. La loro fierezza era stata pari a quella che stavamo dimostrando noi. Era ormai l’imbrunire e c’invitò a riunire i nostri reparti in un prato vicino al ponte di Bassanello, in località Pra’ della Valle. Alle prime ore del mattino avremmo dovuto raggiungere Padova per la resa e per essere riconosciuti prigionieri di guerra alle dipendenze delle truppe inglesi. Il comandante Di Giacomo ci fece un commovente discorso e disse che quello non era 1’8 settembre, che la guerra era ormai finita per tutti, e di essere fieri di essere appartenuti alla Xa MAS. Finimmo con il grido “Decima marinai!”, “Decima comandante!”. Quella sera la Xa era “rientrata in porto” con l’onore delle armi. Fummo tutti presi da un’immensa tristezza. Ero assillato da un dubbio tremendo: secondo il codice d’onore militare esiste l’obbligo, sia per un soldato semplice che per un ufficiale, di non farsi prendere, quando é possibile, prigionieri. D’altra parte avevamo assicurato all’Ufficiale inglese che saremmo rimasti uniti e preparati per il giorno successivo per consegnarci ai comandi inglesi a Padova. Non sapevo co-me comportarmi. Del resto tutte le forze armate italiane si erano arrese, il governo italiano non esisteva più. Mussolini era stato fucilato. Se fossi scappato, dove sarei potuto andare a finire e cosa sarebbe successo ai miei Marò. Decisi di rimanere ed accettare quello che la sorte mi avrebbe pro-spettato. Non fu una notte felice. La 4a Compagnia aveva uno stendardo. Lo dividemmo in tanti pezzetti in modo da poterli distribuire ai centotren-ta, centoquaranta superstiti. Sono riuscito a conservare quel pezzetto di stoffa, malgrado tutte le traversie subite durante il periodo di prigionia. Lo possiedo ancora e quando mi capita fra le mani, si scatena nella mia mente un fiume di ricordi che mi fanno domandare: “Se un giorno mi trovassi nelle stesse condizioni di allora, e senza le conoscenze di oggi, come mi comporterei?”. La risposta é sempre la stessa; farei le stesse cose di allora. Sono certo che se avessi seguito un’altra condotta la mia co-scienza ne sarebbe stata scossa. Dormimmo poco quella notte, naturalmente eravamo all’addiaccio. Il cielo era pieno di stelle, faceva molto freddo, tanto che eravamo costretti a corse e movimenti continui per cercare di scaldarci. Venne l’alba. Cominciammo subito a riordinare i reparti, volevamo raggiungere Padova in pieno assetto di guerra e tutti sentirono questo dovere, tanto che, lungo la strada, i reparti perfettamente allineati marciavano a passo cadenzato e la gente si affacciava alle finestre e si chiedeva chi fossimo. A Padova qualcuno ci applaudì. Ci portarono nel campo sportivo e ci avvertirono che dopo poco avrebbero distribuito la razione giornaliera di vettovagliamento. Eravamo affamati perché da più di un mese i viveri erano scarsissimi e da più di due giorni quello che riu-scivamo a mettere sotto i denti era tanto poco che serviva solo ad acuire la fame. Arrivarono camion pieni di ogni ben di Dio: scatole di corned beef, carne rossa e filamentosa che vorrei trovare ancora oggi sul mercato, marmellata, pane a volontà, bianchissimo, in pagnotte da mezzo chilo, the, zucchero, biscotti eccellenti. Tutte cose che noi non avevamo mai visto. Pensammo che, malgrado tutto, eravamo capitati in un Eden. Ci precipi-tammo sopra questo Bengodi come avvoltoi, e ci accorgemmo ben presto che la fame da tempo patita aveva ridotto le nostre possibilità di capienza di cibo. Tutto era buonissimo, ma serviva più agli occhi che allo stomaco. Ci disinteressammo tanto di quella profusione e fummo tanto malaccorti che durante lo spostamento alla caserma di Santa Giustina, nel centro di Padova, non ci si preoccupò di portare con noi niente, confidando che l’esercito inglese avrebbe mantenuto quello standard di trattamento. Non c’eravamo resi conto che il primo reparto che ci aveva preso in consegna era combattente, mentre il secondo aveva quella mentalità gretta e mer-cantile dei reparti di sussistenza. Quanto odiammo quei figli di buona donna! Quanto avremmo voluto ripagarli in egual misura! Una volta ritornato in Italia, venni a sapere che un ex Marò, trovandosi molti anni dopo a Venezia, ed avendo individuato un pullman di turisti inglesi, per vendicarsi, facendosi passare per un archeologo, si mostrò disponibile ad accompagnarli ad Aquileia, per fare visitare loro i ruderi di quell’antica civiltà. Fece fare loro parecchi chilometri, e, sull’imbrunire, li condusse a piedi in una boscaglia da cui difficilmente si sarebbero potuti districare. Li piantò lì, sicuro che fino al mattino non sarebbero stati capaci di andarsene. Cosi avvenne e la magra vendetta venne consumata. Alla caserma di Santa Giustina pensammo che gli inglesi ci avrebbero lasciati in mano al C.L.N., con tutti i nostri reparti. Radio fante ci fece sapere che la nostra sorte sarebbe stata l’immediata fucilazione degli Ufficiali e il processo per i soldati. Fortunatamente, quei figli di buona donna degli inglesi esaltavano, quando faceva comodo a loro, il senso dell’onore e non si sentivano, dopo averci accordato l’onore delle armi, di consegnarci a quelle belve scatenate. Ignorarono completamente il Comitato, fecero arrivare le loro camionette e ci trasportarono verso sud. La folla radunata, vedendosi privata di uno spettacolo avrebbe dovuto iniziare con la nostra consegna al C.L.N., ci gratificò con tutti gli epiteti più oltraggiosi cercando anche di avvicinarsi alle camionette, ma noi non stemmo certo con le mani in mano, e furono loro ad avere la peggio.

domenica 3 febbraio 2008

ITALIA alla Militalia



Informiamo che l'Associazione ITALIA sarà presente anche quest'anno alla Militalia di Novegro (24-25 maggio 2008), la maggiore mostra mercato di collezionismo militare italiana.

http://www.parcoesposizioninovegro.it/militalia/

Di seguito, un resoconto della partecipazione nel maggio 2005 dell'Ass. ITALIA all'esposizione tematica sulla Xa MAS alla Militalia di Novegro.

Il 24-25 maggio 2005 si è svolta la 33° edizione della mostra mercato di militaria MILITALIA, la più importante manifestazione espositiva dedicata al collezionismo storico-militare ed all’editoria storica e specializzata.

Come nelle precedenti edizioni è stato dato spazio ad una mostra tematica riguardante la storia militare, che in questa edizione ha interessato la Decima Flottiglia MAS, dalle origini al 1945.

La mostra tematica comprendeva un’esposizione di uniformi d’epoca, tra le quali quella da Tenente di Vascello della Regia Marina della Medaglia d’Oro al Valor Militare Principe Junio Valerio Borghese, comandante della Decima MAS dal 1942 al 1945, una rassegna dei distintivi dei Battaglioni e delle specialità di questa unità, oltre che di documenti personali e cimeli provenienti dal Museo Navale di La Spezia e dal Museo della Guerra di Rovereto. Ammirati dal pubblico, inoltre, due Siluri a Lenta Corsa S.L.C., i famosi "maiali", protagonisti, il 18 dicembre 1941, del forzamento del munito porto di Alessandria d’Egitto, quando tre coppie di operatori di S.L.C. riuscirono ad affondare le corazzate HMS "Queen Elizabeth" e HMS "Valiant", ed una petroliera.

La storia della Decima MAS è stata anche oggetto di un convegno, tenutosi il sabato, intitolato "La Xa MAS: storia e memoria del più controverso reparto delle Forze Armate italiane" al quale hanno partecipato storici come il prof. Giuseppe Parlato, Giuseppe Pardini e Sole de Felice, affiancati da giornalisti come Fabio Andriola, Mario Bernardi Guardi e Giano Accame.

I reduci dell’Associazione Combattenti della Decima MAS, assieme alle Ausiliarie del Servizio Ausiliario Femminile Decima MAS, hanno contribuito, con le loro preziose e toccanti memorie, ad aiutarci a comprendere meglio un periodo drammatico della nostra storia.







Cogliamo l'occasione per ringraziare sentitamente il Sig. Cesare Rusalen, organizzatore operativo di Militalia, per la disponibilità dimostrata nel corso degli anni verso l'Ass. ITALIA.

Il Comandante Bardelli parte 5


Il Cte Bardelli con la divisa del Barbarigo


Ufficiali del Btg. Maestrale (poi Barbarigo): Tognoloni, Cencetti, Posio, Riondino...

Colpo di mano in Flottiglia

Nel novembre 1943 il Capitano Umberto Bardelli accompagnerà il Comandante Borghese in una delicata missione a Firenze. Come abbiamo visto, Bardelli aveva prestato servizio sul Brin, comandato dal Capitano di Corvetta Longanesi Cattani, e l’Ufficio di Reclutamento della Decima MAS di quella città era diretto proprio da Longanesi Cattani, valoroso e pluridecorato sommergibilista atlantico, di sentimenti filo monarchici, il quale era inoltre stato assegnato da Borghese come responsabile della sicurezza delle Duchesse d’Aosta, residenti in Palazzo Pitti. I sentimenti filo monarchici di Longanesi Cattani e la sua appartenenza alla Decima MAS potevano però mettere in difficoltà la Flottiglia presso le autorità della RSI, così, per risolvere con comune beneficio la situazione, il Comandante Borghese pose Longanesi Cattani in licenza illimitata.Sia le Altezze Reali sia Longanesi Cattani non ebbero mai problemi dai tedeschi, neppure quando furono trasferiti, nel febbraio 1944, dopo lo sbarco a Nettuno, da Firenze ad una residenza a Hirschegg, una località tra l’Austria e la Cecoslovacchia.Rientrati a La Spezia, il Comandante Borghese e Bardelli ripresero ad occuparsi dei problemi legati all’organizzazione della Flottiglia l’uno, e della formazione e dell’addestramento del Maestrale l’altro.Il Sottotenente Bordogna, alle dipendenze del Comandante Bardelli, collaborerà alla preparazione del Battaglione, e sarà in seguito incaricato del comando della sua Compagnia Comando.Un’altra situazione delicata, e che avrà un grande impatto sulla storia della Decima, si sviluppò il 28 dicembre 1943.In quel periodo, oltre l’N.P. ed il Maestrale, si stava ormai costituendo anche un terzo Battaglione, il Lupo (che darà poi alta prova di sé nel 1944/1945, sul Appennino bolognese e sul Senio), portando così alla formazione di un Reggimento Fanteria di Marina, denominato San Marco.Questo numero considerevole di uomini armati ed equipaggiati, seppur con difficoltà, e anche grazie ai continui sforzi organizzativi di Bardelli, non sfuggì alle alte gerarchie politiche della RSI, che pensarono di ottenere facilmente uomini per le loro future azioni, e, inserendo nel comando della Flottiglia Ufficiali a loro fedeli, poter poi prendere in mano l’intera unità.Così furono mandati a San Bartolomeo il Capitano di Vascello Nicola Bedeschi (quindi un grado superiore al Capitano di Fregata Junio Valerio Borghese) e il Capitano di Fregata Tortora, delegati al comando del costituendo Reggimento F.M. San Marco.Le reazioni dei Marò non tardarono:I metodi dei due Ufficiali superiori per organizzare quel Reggimento ricalcarono i vecchi metodi del Regio Esercito, cercando di ripristinare superate usanze, in assoluto contrasto con le direttive fino ad allora impartite da Borghese. Tra le fila degli Ufficiali, Sottufficiali e Marò cominciò ben presto a diffondersi un vento di ribellione, in particolare contro Bedeschi. (27)La situazione non tardò a degenerare ulteriormente, e, il 9 gennaio 1944, mentre il comandante Borghese si recava a Levico, al Comando della Kriegsmarine, i Capitani Bardelli, Buttazzoni, Del Giudice e Riccio, assieme al Maggiore Riccitelli e ai Tenenti Bertozzi e Posio si riunivano, approfittando dell’assenza del Comandante, e, per risolvere risolutamente la situazione, misero in atto un piano decisamente ardito.Durante la Messa della domenica, con uno stratagemma, attirarono Bedeschi e Tortora in una stanza dell’Ufficio Comando, e lì Bardelli, assieme agli altri Ufficiali, gli ingiunsero di consegnare le armi (!) e di considerarsi destituiti di ogni ruolo di Comando all’interno della Flottiglia.In seguito Tortora e Bedeschi furono inviati al Reparto Politico della GNR di Firenze, accompagnati dal Sottotenente di Vascello Cencetti, mentre Bardelli comunicava agli Ufficiali del Maestrale, N.P. e Lupo l’avvenuto, riscontrando immediatamente una vera esplosione di entusiasmo!Poco dopo giungeva al Capo della Provincia di La Spezia questa comunicazione, inviatagli dal Capitano di Corvetta Bardelli (28):1) Questa mattina 9 corr., rientrato al Rgt. San Marco, ho dovuto constatare che la situazione generale si presentava estremamente tesa a causa del malcontento maturatosi in seno ai vari Reparti -ufficiali, sottufficiali e truppa- nei riguardi del C.te del Rgt. Cap. di Vascello Bedeschi e del C.te in 2a Cap. di Fregata Tortora.A quanto mi consta i reparti stessi mal tolleravano che il Comando fosse impersonato dagli elementi citati in quanto in varie occasioni per i sistemi adottati avevano denunziato una mentalità e degli orientamenti ormai superati, ciò nonostante le direttive impartite in proposito dal C.te Valerio Borghese, C.te della X Flotmas. Tale malcontento si è particolarmente accentuato dopo la secessione del Rgt. San Marco dalla X Flotmas, secessione provocata dal C.te Bedeschi. Devo a tale proposito precisare che la quasi totalità degli elementi componenti il Rgt. si è arruolata volontariamente alla X attratta dal carattere specificatamente fascista, patriottico ed entusiastico della organizzazione creata e voluta dal C.te Borghese.2) Come sopra esposto la situazione questa mattina si presentava particolarmente delicata in quanto la quasi totalità degli ufficiali esprimeva apertamente il proposito di passare immediatamente a vie di fatto qualora da parte del Comando della X non si fossero eliminati definitivamente i motivi del malcontento.Assente temporaneamente il C.te Borghese alla Sede per motivi di Servizio, ho ritenuto necessario ed urgente per evitare danni più gravi di procedere al fermo e al relativo allontanamento dalla Sede dei predetti due ufficiali facendoli accompagnare da ufficiali del Rgt. a Firenze.3) Per quanto sopra esposto mi considero a disposizione dell’Eccellenza Vostra per ogni eventuale ordine.9 gennaio 1944 Umberto BardelliCome vediamo Bardelli presenta l’accaduto in termini coincisi e rispondenti alla realtà, prendendosi inoltre l’intera responsabilità delle decisioni e degli atti che portarono all’arresto dei due Ufficiali.Il giorno successivo il Comandante Borghese sarà ricevuto dal Sottosegretario Ferrini, e, non facendosi certo intimidire dalle minacce dell’alto funzionario, ribadirà che pur disapprovando l’operato non ortodosso dei propri subordinati, la responsabilità dell’accaduto fosse di Ferrini stesso.Nel frattempo le voci dell’avvenimento giunsero anche a Mussolini, causando altre conseguenze politiche, culminate con l’arresto del Comandante Borghese il 13 gennaio 1944.Mentre Borghese era interrogato sulla sua attività dal settembre 1943 in poi, Ferrini mandava un ultimo, diffamatorio telegramma al Comando Generale della GNR dove si paventava che il:“maggiore g.n. BARDELLI […] habet più volte dichiarato che in caso avessero cercato ostacolare sua opera si sarebbe dato alla macchia con i suoi uomini […] Est naturalmente necessario che tali reparti prima di trasferirsi al Nord siano naturalmente epurati di tutti gli elementi irresponsabili che hanno partecipato […] nel grave reato di insubordinazione e rivolta”. (29)Nel frattempo, il 14 gennaio 1944, il Capitano di Corvetta della Fanteria di Marina Umberto Bardelli prestava giuramento per la Repubblica Sociale Italiana presso il Comando della Decima MAS.Nonostante le pressioni politiche e l’ostilità di parte dei Comandi della Marina Nazionale Repubblicana, il Comandante Borghese fu presto scarcerato, anche grazie all’appoggio del Comandante di Vascello M.O.V.M. Enzo Grossi, che si esporrà personalmente davanti al Duce, e alla grande considerazione che aveva la M.O.V.M. Borghese presso alcune autorità tedesche, il Grossadmiral Karl Dönitz in particolare.Il Sottosegretario Ferrini fu quindi sostituito da Sottosegretario alla Marina, mentre:“Il Battaglione nel quale si verificarono i noti episodi, per accordi intervenuti tra Graziani e Kesselring, verrà inviato subito al fronte di Nettuno, a insistente richiesta degli stessi suoi componenti. Non c’è alcun dubbio che si farà onore; è formato da un complesso di magnifici ufficiali e soldati”. (30)Il Battaglione designato dal Comandante Borghese sarà il Maestrale, perché l’N.P. avrebbe dovuto operare principalmente dietro le linee nemiche.Dopo questa decisione si doveva scegliere a chi spettasse il comando del Battaglione da inviare in linea: la scelta del Comandante Borghese cadde su Bardelli.Ciò fece infuriare il Capitano Buttazzoni, abile Comandante dei Nuotatori Paracadutisti, che avrebbe voluto questo privilegio per lui in prima istanza, e, secondariamente, per il suo Battaglione N.P., che peraltro cederà un fondamentale complemento di uomini al Maestrale-Barbarigo.Il Guardiamarina Posio, a mo’ di consolazione, darà una ironica -ma logica- spiegazione della scelta del Comandante Borghese all’inviperito Buttazzoni, ricordandogli che Bardelli aveva un’anzianità di servizio maggiore della sua! (31)Per poter accelerare l’addestramento dei Marò si distaccarono a Cuneo due Compagnie, e lì si verificò un fatto che avrebbe avuto una grande importanza in un triste momento futuro. Tre Ufficiali e un Marò furono catturati da un gruppo di partigiani del capo partigiano “Mauri”. Bardelli tentò di aprire un canale di trattativa con quest’ultimo, volendo evitare lo scontro tra italiani, come più volte da lui espresso ai suo colleghi:Bardelli diceva sempre, anzi predicava: “non facciamoci la guerra tra noi, noi combattiamo contro gli americani e loro combattono contro i tedeschi e basta”. (32)Il tentativo, portato a termine dalla coraggiosa Fede Arnaud, poi responsabile Comandante del SAF Xª, che si recò da sola a parlamentare con i partigiani, andò a buon fine, e dopo qualche tempo gli Ufficiali e il Marò furono liberati.La felice conclusione di questa vicenda portò probabilmente Bardelli a pensare che si potesse sempre arrivare, con il dialogo e il rispetto della parola data, ad un accomodamento con i partigiani.Purtroppo, ad Ozegna, la generosità d’animo di Umberto Bardelli lo tradì.Dopo il ritorno delle due Compagnie a La Spezia l’addestramento fu per forza di cose affrettato ed incompleto: poiché non si potevano fare le esercitazioni di tiro in un apposito poligono, i Marò si addestravano con i MAB sparando in mare. Era anche impossibile fare, tra le altre cose, quell’addestramento al movimento tattico sul terreno per Plotoni e Compagnie, e alla cooperazione fanteria - armi d’appoggio essenziale nella guerra moderna.Nonostante tutto il Battaglione, rinominato Barbarigo in onore all’omonimo sommergibile atlantico del Comandante Grossi, che manderà un telegramma di felicitazioni, partì per Anzio/Nettuno il 20 febbraio 1944, acclamato dalla popolazione spezzina.

Marinai in buca: il Barbarigo a Nettuno

Il Battaglione, guidato dal Capitano di Corvetta F.M. Bardelli, si diresse per Roma a bordo di una moltitudine di variopinti e ben poco marziali torpedoni civili requisiti dai tedeschi; durante una sosta a Siena numerosi Allievi Ufficiali della GNR si aggregarono al Barbarigo come semplici Marò, per poter combattere subito contro gli Alleati.Raggiunta Roma il Barbarigo partecipò ad una sfilata, principalmente per ragioni di propaganda, e se i Marò erano ansiosi di poter entrare in combattimento, Bardelli sfruttò questa occasione, grazie al Capitano dei Granatieri di Sardegna Marchesi, per migliorare l’equipaggiamento del Battaglione, prelevando materiali ed armi dalla Caserma Ferdinando di Savoia.Finalmente, la sera del 3 marzo, il Battaglione, trasportato su camionette tedesche, entrava in linea a Nettuno.La prima esigenza per il Capitano Bardelli fu quella di prendere contatto con l’Ufficiale tedesco responsabile del settore dove si sarebbe schierato il Barbarigo.L’Ufficiale in questione era l’Oberst von Schellerer, veterano della prima guerra mondiale e decorato della Croce di Ferro di 1a Classe 1914 e riconferma del 1939, Comandante del 735. Infanterie-Regiment della 715. Infanterie-Division.La 715. Infanterie-Division era nata come una Divisione di Fanteria statica con compiti di presidio, ma sarà inviata in emergenza a Nettuno dopo lo sbarco Alleato. Molte delle sue armi erano di preda bellica, e il suo Reggimento di Artiglieria poteva contare su di un solo Gruppo di Obici da 10.5 cm e di un Gruppo di cannoni campali di preda bellica russi da 7.62 cm.Inoltre la Divisione aveva subito molte perdite nelle settimane precedenti, e i sopravvissuti erano alquanto logorati dai continui combattimenti.Proprio per quest’ultimo fatto, e forse anche per una certa sfiducia nella qualità delle truppe italiane, von Schellerer chiese a Bardelli, accompagnato dal Comandante in seconda Vallauri e dall’Aiutante Maggiore Rattazzi, che, sapendo il tedesco, fungeva da interprete, di poter assegnare i Marò alle sue decimate Compagnie, suddividendoli in Squadre e perciò smembrando così il Battaglione.Seguì un’accesa discussione, con Bardelli che, non accondiscendendo a questa richiesta, rimarcava che il Battaglione, seppur dipendendo tatticamente da una unità tedesca, avrebbe dovuto combattere unito. L’energia ma anche l’abilità diplomatica di Bardelli riuscirono nell’intento, e le Compagnie del Battaglione si disposero in linea rilevando altre unità tedesche. Nei giorni seguenti i Marò poterono inoltre istruirsi all’uso delle armi tedesche, in particolare controcarro, come i lanciagranate Panzerfaust.Mentre il Barbarigo aveva i suoi primi caduti, partecipando ad azioni di pattuglia ed a combattimenti difensivi, in un fronte caratterizzato da condizioni che ricordavano la guerra di posizione del primo conflitto mondiale, Bardelli, conferendo con il Generale Comandante della 715. Infanterie-Division Hildenbrand, si rese conto della necessità di dotare il Battaglione di un proprio supporto d’artiglieria.Il Capitano Bardelli sfrutterà il fatto che molti degli effettivi del Barbarigo erano stati artiglieri per selezionare i quadri del futuro reparto d’artiglieria, e con l’ennesimo mirabile sforzo organizzativo e di improvvisazione, grazie anche al Tenente di Vascello Mario Carnevale, Comandante del San Giorgio, si riuscirà a creare il Gruppo di Artiglieria San Giorgio, con pezzi da 105 mm. Successivamente sarà creata anche la 5a Compagnia Cannoni, con tre pezzi da 65 mm.Il Barbarigo ed il San Giorgio, formanti il Gruppo di Combattimento Barbarigo, diedero il loro contributo ai combattimenti sulla testa di ponte, al comando operativo del Tenente di Vascello Vallauri.Infatti Bardelli, grande organizzatore e abile Direttore di Macchina, aveva razionalmente stimato di non avere l’esperienza necessaria per guidare tatticamente un’unità di Fanteria sul campo, e aveva delegato, poco dopo l’arrivo al fronte, il comando operativo del Battaglione a Vallauri, proveniente dal REI e quindi maggiormente versato nei combattimenti terrestri.L’opera del Comandante Bardelli risultava comunque essenziale nei rapporti con i tedeschi, che lo apprezzavano e rimanevano impressionati dalla sua franchezza e decisione, e verso i Marò del Battaglione, che erano allo stesso modo entusiasmati dal carisma di Bardelli, come è evidente dal seguente resoconto del Marò Luciano Luci Chiarissi:Il giorno 8 mattina venne a far visita alle nostre postazioni il Comandante Bardelli con un Tenente Colonnello germanico. Gli chiesi come mai dovessi andarmene, mentre egli mi aveva promesso sin dal primo giorno che non mi avrebbe mai lasciato [Chiarissi proveniva dalla GNR, ed era stato richiamato, NdA]. Si volse all’Ufficiale germanico e disse: “Come italiano che cosa debbo dire a questi ragazzi?”. Poi si rivolse a me ponendomi rudemente la mano sulla spalla: “Tu sei uno dei più bravi ragazzi che io abbia conosciuto. Cercherò di accontentarti”. Erano le prime ore del mattino, e nel nostro settore faceva abbastanza fresco, forse anche per l’umidità provocata dalle paludi. Sentii qualcosa che mi serrava la gola e poi un brivido lungo tutto il corpo, ma non era il freddo: ero felice. (33)Questa era l’umanità ed il carisma di Bardelli, e la considerazione che i suoi Marò avevano per lui.L’inesperienza di Bardelli sul “fronte terrestre”, ma anche il suo orgoglioso sprezzo del pericolo, estremizzato proprio per far comprendere ai tedeschi le qualità combattive sue e dei suoi uomini sono rivelati dal seguente ricordo del Marò A.U. Franco Olivotti:Bardelli stava partecipando ad uno dei primi rapporti sulla situazione con alcuni Ufficiali tedeschi, quando si sentì il sibilo di una salva d’artiglieria in arrivo; Bardelli, con l’orecchio non allenato, non capì che i colpi sarebbero finiti lontano, e si gettò a terra. Ovviamente gli Ufficiali tedeschi rimasero in piedi, e mentre i colpi esplodevano senza far danno in lontananza, rivolsero degli sguardi di commiserazione al nostro Comandante.Capito l’errore e rimessosi rapidamente in piedi e rassettatasi nervosamente la divisa, Bardelli riprese a conferire con i tedeschi.Poco dopo si udirono nuovamente dei colpi in arrivo, ma stavolta era evidente che la salva sarebbe caduta proprio nell’area dove stava tenendosi il rapporto: Bardelli se ne avvide vedendo la reazione dei tedeschi, e mentre essi si gettavano a terra, egli, con grande freddezza, rimase in piedi tra le schegge che riempirono l’aria dopo le detonazioni, davvero molto vicine, dei proiettili Alleati. I tedeschi, increduli testimoni della temerarietà di Bardelli, rimasero molto colpiti dalla sua risolutezza. (34)Dopo qualche tempo il Barbarigo creò anche il proprio “giornale di guerra”, costituito da un solo foglio: il “Barbarigo”. Una copia, fresca di stampa, del primo numero fu donata al Comandante Borghese, in occasione della sua visita al Battaglione il 7-8 aprile 1944.Il Comandante Bardelli scriveva le seguenti righe sul primo numero del “Barbarigo” del 1° aprile 1944:Sulle linee della I . Compagnia è rimasta una croce su un mucchio di rossa terra italiana. Sono i due morti che non si sono potuti portare indietro, quelli presi da una granata nella buca e che sono rimasti sulla linea a fare buona guardia. E’ la prima Compagnia, quella che per noi si chiamerà sempre “DECIMA”, che ha più generosamente delle altre lasciato un solco di sangue fecondo.Guardiamarina Sebastiani, tu che hai preso il comando della prima squadra, hai assunto sorridendo con i tuoi vent’anni ed i ragazzi che ti hanno visto arrivare ti hanno accolto con il loro più caro volto.Questa volta non ti chiedono né scarpe né rancio caldo. Ti hanno fatto vedere la loro “LINEA” e ti hanno detto che non è dura la consegna: “Siamo tutti qui per i vivi perché il nostro giovane e puro sangue non sia dimenticato e dia frutto perché i compagni che combattono sanno che senza di noi ogni parola e ogni promessa non sono che una vuota retorica”.E Frezza ti parlerà della sua batteria e di come era dolce la musica di quei primi quattro cannoni ITALIANI […]E Spagna ti dirà che è stato il primissimo, colpito in mezzo alla fronte, solo come il primo doveva cadere.Ma nessuno di Voi è morto finché noi non moriamo tutti. E fino a quando vi sarà in piedi uno del Barbarigo, lo sarete anche voi. […]Sia questa anche la nostra Pasqua e con la veniente Primavera, risorga l’Italia a combattere per il suo avvenire.Voi siete la nostra certezza che tutto questo avverrà e che non siete caduti invano.Il ComandanteSul secondo numero del giornale “Barbarigo”, Bardelli scrisse il seguente articolo, ricordando la visita del Comandante Borghese sul fronte a Nettuno:E’ arrivato puntuale in linea anche la Pasqua, così puntuale da augurarsi che il camioncino del rancio impari da Lei. Molti fiori di pesco, tante nuvole bianche, le solite cannonate di ogni giorno e i soliti aerei pazzerelloni che invece che gettare uova smitragliavano come al solito gli ignari e incauti passanti.L’aria di Pasqua ce l’hanno data il rancio e le sigarette, entrambi di insolita bontà, quantità e consistenza. E così anche quelli delle buche e delle batterie hanno per un giorno brontolato un po’ meno del solito contro quei fetenti imboscati del magazzino.A rendere il giorno più lieto è arrivato in linea il Comandante Borghese.Ha lasciato il suo duro lavoro alla X, ha lasciato per due giorni quelli dei mezzi d’assalto, i battaglioni in formazione, tutto quell’enorme lavoro, che ognuno di noi e solo noi sappiamo quanto sia duro e necessario, ed è venuto tra i suoi ragazzi del Barbarigo.Tutti lo hanno visto e tutti hanno sentito la sua parola, tutti si sono sentiti migliori perché il Comandante era vicino ai loro cuori e ai loro sentimenti, perché è sceso nelle buche della II e della IV, perché ogni artigliere la ha visto vicino al proprio cannone.E le sue parole sono state di elogio per quello che si è fatto, di augurio e soprattutto di fede. Ero sempre dietro al Comandante quando vi parlava e vi guardavo perché nelle vostre facce, che nei quaranta giorni di linea hanno preso rilievo e forza, leggevo i miei stessi sentimenti e tutta la nostra volontà di continuare sino alla fine.Accanto al Comandante Borghese ci siamo tutti raccolti in una vera comunione spirituale e mai il Barbarigo è stato più compatto e più serrato nei ranghi di quei due giorni della sua visita.Parlandomi, prima di partire, mi ha detto che è soddisfatto di voi tutti e soprattutto dei giovanissimi, dei marinai che con tanto animo superano le difficoltà di una guerra nuova per loro, dei vecchi soldati di Grecia, Africa e Russia che sono tornati a quella dura guerra che già conoscevano.Ecco perché ho voluto che della sua visita rimanesse qualcosa nel nostro giornale.Con l’arrivo del Comandante si è anche chiuso quel primo periodo di assestamento e di ritrovamento per tutti noi.Non sappiamo ancora che cosa ci aspetti nei giorni che verranno e, benché Radio Buca si affanni a fare pronostici, nessuno può dire fino a quando… Ma oggi possiamo guardare indietro e misurare tutto il cammino fatto, il duro lungo cammino per arrivare sin qui. Si è fatto veramente più dell’impossibile, si sono superate difficoltà di ogni genere, ci siamo liberati da tanti impedimenti e da molta incomprensione.E ora possiamo guardare all’avvenire con assoluta fiducia in noi stessi, nel nostro Comandante, nella nostra causa. Chi non dispera non perde.Il ComandanteUn’altra visita significativa per il reparto fu quella del Colonnello Carallo, futuro comandante della Divisione Decima:Il Colonnello Carallo venne a passarci in rassegna (Il Comandante Borghese era venuto addirittura sull’argine maledetto). Faceva gli onori di casa il Capitano di Corvetta sommergibilista Umberto Bardelli, carismatico Comandante del Barbarigo, anche lui un po’ polveroso, ma l’immancabile “caramella” incollata all’occhio sinistro. L’ottimo Colonnello era un Bersagliere, combattente e decorato e, dopo l’infamia dell’otto settembre, era la prima volta che si trovava di nuovo davanti ad una Compagnia in grigioverde, lacera e marziale, armata e inquadrata, nelle immediate retrovie del fronte. Mentre parlava si commosse veramente, un singulto gli serrò la gola ed alcune lacrime gli scorsero sul viso. A tale vista il Comandante Bardelli si meravigliò, tanto da spalancare gli occhi e provocare così l’immancabile caduta della leggendaria “caramella”. Tuttavia, abile marinaio, parò la mano all’altezza del cinturone e raccolse al volo la lente. L’acrobatica prodezza non sfuggì alla nostra attenzione e si udì un mormorio ironico. Il povero Colonnello Carallo credette che ridessimo di lui e non ce la perdonò più. (35)Il 27 aprile 1944 il Capitano di Corvetta Bardelli cedette il comando del Battaglione al Tenente di Vascello Giuseppe Vallauri, dovendo comandare il 1° Reggimento F.M. San Marco, formato dal Barbarigo, dal Lupo e dal NP.Il Capitano Bardelli, tuttavia, visitò altre volte il Battaglione, e sarà presente a Roma, mentre era in corso il ripiegamento del Barbarigo dalla testa di ponte, quando la 10. Armee da Montecassino e la 14. Armee da Anzio/Nettuno furono costrette alla ritirata sotto la massiccia offensiva Alleata di fine maggio 1944.Bardelli si adopererà per reintegrare la dotazione in armi dei superstiti del Barbarigo giunti a Roma, ottenendo dai Comandi tedeschi armi ed equipaggiamenti, mentre, opponendosi all’ordine tedesco di riportare in linea l’esausto Battaglione, lo salverà dal totale annientamento.In quegli ultimi giorni a Roma, Bardelli, dopo un lungo, polemico ed aspro colloquio notturno con il Conte Thun, l’Ufficiale di collegamento tedesco, ottenne il riconoscimento scritto da parte del Comando tedesco del ruolo del Barbarigo nei combattimenti ad Anzio/Nettuno, come riporta il Guardiamarina Posio:Ebbi occasione di essere a fianco del Comandante Bardelli allorché si incontrò col Conte Thun, Ufficiale credo, del servizio di Controspionaggio germanico e certamente molto vicino al Generale Mältzer.Ricordo tale circostanza perché mi consenti di apprezzare il modo appassionato e dignitoso con il quale egli, di fronte a qualche non del tutto amichevole espressione dell'interlocutore, rivendicò il positivo apporto dato dal Barbarigo alla difesa di Roma nonostante le gravi deficienze addestrative e di armamento di gran parte dei suoi componenti ed esaltò lo spirito di sacrificio, il coraggio e la fedeltà all'alleanza dimostrata dai Maró in ogni momento della loro non breve permanenza sul fronte di Nettuno.Il risultato di quel lungo e duro colloquio svoltosi nella notte di uno dei primissimi giorni del giugno 1944 fu l'elogio agli uomini del Barbarigo espresso dal Comando tedesco in un comunicato a firma, mi sembra, del Generale Mältzer, pubblicato sulla stampa dell'epoca e, credo, facilmente rintracciabile. (36)Peraltro Bardelli, oltre che diplomatico, sapeva mettere bene in chiaro, se necessario, quando non si dovessero accettare prepotenze dall’alleato tedesco, come riporta il Marò Piero Calamai:Un altro incidente avvenne durante la ritirata di Nettuno, quando alcuni sbandati del Barbarigo furono disarmati perché si rifiutarono di fermarsi a combattere ad un posto di blocco. Avevano torto, perché in ritirata è norma costituire Compagnie di formazione e organizzare punti di resistenza per rallentare lo sganciamento. Ma il Comandante Bardelli, di fronte ai laceri resti del Battaglione schierati nel cortile del Distaccamento Marina di piazza Adua, con al fianco, impalato e pallidissimo, l’Ufficiale di Collegamento tedesco, ordinò con voce stentorea di sparare, e nella faccia, a chiunque, italiano o tedesco avesse ancora tentato di disarmarci. (37)Bardelli, nella notte tra l’uno e il 2 giugno, si portò con Vallauri al Posto di Comando della 4. Fallschirmjäger-Division, per concordare un ulteriore impiego del Barbarigo nella difesa di Roma.Il pomeriggio del 3 giugno Bardelli avvertì le Volontarie del SAF Xª, tra le quali vi era l’Ausiliaria Scelta Raffaella Duelli, di prepararsi a lasciare la Capitale:Bardelli venne in caserma e mi disse: “Vai a casa ad avvisare che parti; prendi poche cose e vieni su con noi, perché nessuno di noi rimane più qui”. Ricordo perfettamente che, mentre stavo uscendo, lui era seduto con altri sui gradini nel cortile del Distaccamento e mi chiamò a voce altissima: “Raffaella!”. Qualcuno gli aveva dato il nome, evidentemente. Mi voltai e lui mi disse: “Togliti la giacca ed il basco”. Io francamente lì per lì non capii; a Roma non ci aveva mai dato fastidio nessuno […] Però probabilmente il Comandante Bardelli aveva pensato che se fossi andata in giro quella sera, in divisa, avrebbe potuto essere pericoloso. Mi fece telefonare ai miei, loro mi aspettarono. Bardelli aveva il volto teso, grigio, per il duro compito di organizzare il ripiegamento del Battaglione da Roma. (38)Lo stesso giorno il Comando tedesco chiese una Compagnia da schierare sulla Appia, così fu costituita dai resti del Battaglione una Compagnia di formazione al comando del Tenente di Vascello Betti. Il Comandante Bardelli era presente al momento della partenza della Compagnia, incoraggiando gli uomini e in particolare l’Aiutante Maggiore Cencetti.Quindi, dopo aver predisposto la partenza dei sopravvissuti, e conscio che sia lui che i suoi uomini avevano fatto tutto il possibile per difendere la Capitale, Bardelli ripartì per La Spezia il 4 giugno 1944, seguito dai pochi automezzi necessari per riportare i Marò, diventati a caro prezzo veterani, verso nord.

Parte 5. Continua e termina la prossima settimana.

Tratto da:

http://uominiearmi.blogspot.com/2007/12/il-comandante-bardelli.html

Il Comandante Bardelli

Il Comandante Bardelli
Rara foto in divisa da Ufficiale della Regia Marina

Il Comandante Bardelli

Il Comandante Bardelli
A Nettuno, nel Btg. Barbarigo della Xa MAS

Il Comandante Bardelli

Il Comandante Bardelli
Assieme ai suoi marò del Barbarigo

Decima MAS

Decima MAS
Ufficiali del Btg. Maestrale (poi Barbarigo): Tognoloni, Cencetti, Posio, Riondino...

MAS a Nettuno affondano un Pattugliatore americano

MAS a Nettuno affondano un Pattugliatore americano
L'azione di Chiarello e Candiollo in copertina all'Illustrazione del Popolo del 19 marzo 1944