sabato 18 dicembre 2010

Basta con gli storici (anti-italiani) della domenica! Simon Ball "The bitter sea" infama le FFAA italiane


Simon Ball

Il mensile "Storia in Rete" riprende e rilancia la nostra segnalazione:


15 dicembre
Basta con gli storici (anti-italiani) della domenica!
Redazione Storia in Rete

Ancora una volta uno storico straniero – uno storico inglese – spara a zero contro l’Italia. E ancora una volta lo storico denigratore le spara grosse, inforcando una serie di imprecisioni, pregiudizi e pure e semplici falsità che mostrano con quanta superficialità alla fine venga affrontata la storia del Bel Paese.Se i pregiudizi nascono dall’ignoranza, peggio ancora è un certo “revisionismo” tutt’altro che scientifico, basato non su una solida documentazione ed argomentazioni convincenti e aperte al dibattito peer to peer, ma apertamente diffamatorio, animato da acrimonia e – diciamolo pure – un certo razzismo che è sempre serpeggiato nei confronti dell’Italia.


A meritare il premio di “storico della domenica” questa volta è Simon Ball, autore di un discutibile saggio sulla Seconda guerra mondiale nel Mediterraneo intitolato “Bitter Sea”.




Riportiamo qui di seguito la contro-recensione scritta da Andrea Lombardi (http://associazioneitalia.blogspot.com/) che “Storia in Rete” pubblicherà sul numero 63 del gennaio 2011.




The Bitter Sea – The brutal WW2 fight for the Mediterraneandi Simon Ball


Una ricerca mediocre, e non poco anti-italiana…




Come da titolo della recensione, il libro in questione rappresenta un notevole passo indietro per quanto riguarda le ricerche sul ruolo delle FF.AA. italiane nella Seconda guerra mondiale. Nella prima pagina del capitolo “The good italians”, Mr. Ball scrive correttamente che la tesi “italiani brava gente” è in gran parte un mito (ossia, contrariamente a quanto solitamente sostenuto, anche il Regio Esercito ebbe – durante il secondo conflitto mondiale e non solo – la sua parte di crimini di guerra), ma quindi procede a compiere lo stesso errore storiografico… solo al contrario, scrivendo, tra l’altro, la seguente, incredibile frase: “Italian troops were famously fond of raping very young girls”, ossia “le truppe italiane erano celebremente entusiaste nello stuprare ragazzine” (pag. 212). Ciò senza citare una singola fonte per questa nota diffamatoria, dove all’accusa ai nostri soldati di essere noti come stupratori si aggiunge anche l’imputazione doppiamente infamante della pedofilia: “very young girls”, tradotto letteralmente, “ragazze molto giovani”.Ora, se le “truppe italiane” (non solo “qualche unità” o “alcuni individui”) erano “celebremente” (e sottolineo “celebremente”) entusiaste nello stupro delle ragazzine, è troppo chiedere a Mr. Ball quali siano le sue fonti, e queste ultime devono per forza mostrare il riscontro di un gran numero di stupri di “ragazze molto giovani” da parte di soldati italiani, in modo da provare come veritiera la citazione sopra riportata. Questa non è “storia”, o “revisionismo”, o “una ricerca originale”. È pura e semplice diffamazione delle FF.AA. (punita in Italia dall’articolo 290 del Codice Penale). È anche illuminante notare come Mr. Ball sbagli più volte nel riportare i nomi degli autori da lui citati nelle note del libro, per es. “Agarossi” per Elena Aga-Rossi, o “Luigi Ganapi” invece che Ganapini. Un errore un po’ spiacevole per uno storico accademico. È anche sconfortante che Mr. Ball, scrivendo un saggio sulla guerra nel Mediterraneo e in Italia non abbia fatto alcuna ricerca negli archivi italiani (a giudicare dalle fonti citate in bibliografia), in pratica basando la parte più riuscita del suo libro, ossia quella sui rapporti diplomatici tra le varie nazioni coinvolte, su un numero piuttosto limitato e scontato di fonti (Churchill, Eisenhower, Ciano…) e i documenti dei National Archives inglesi, ormai di facile reperibilità. Deludente.Ovviamente, Mr. Ball non poteva esimersi di tranciare qualche giudizio storiografico anche sulla Repubblica Sociale Italiana (pag. 241), definita “uno Stato diretto da e per terroristi“ con “il Duce costretto ad un nuovo modello di governo attraverso Compagnie della morte” e dove le intere FF.AA. della R.S.I. sono ovviamente ridotte ad un manipolo di “depravate squadre della morte”, la “maggior parte nate dai resti della Decima MAS” (!!!), che “non otterranno nulla se non pareggiare vecchi conti”. Una visione più vicina al Pasolini di “Salò o le 120 giornate di Sodoma” che a quella di uno storico, parrebbe.




Andrea Lombardi


Presidente


Associazione Culturale ITALIA


Genova






A questo punto, invitiamo tutti i lettori di Storia in Rete a scrivere a Simon Ball presso la sua università – e per conoscenza al Cancelliere dell’Università di Glasgow – per chiedergli o le pezze d’appoggio sulle quali ha basato l’infamante e gravissima accusa di “stupratori pedofili” lanciata alle Forze Armate dell’Italia durante la Seconda guerra mondiale, oppure una doverosa rettifica di tale enormità, copincollando questa lettera:




Dear mr. Ball




I’ve read about your statement in “Bitter Sea” about Italian Army soldiers habit to rape “very young girls”. It’s a very hard statement against Italian honor and I would ask you to give references about it. Otherwise, I would ask you to correct it.


Yours sincerely


FIRMA

domenica 5 dicembre 2010

A.N.R. UN’AVIAZIONE DA CACCIA di D. Lembo


A.N.R. UN’AVIAZIONE DA CACCIA di D. Lembo, Delta Editrice (Supplemento ad Aerei nella Storia n. 75 Dic. 2010 – gern. 2011) 52 pagine euro 7,00. In tutte le migliori edicole, oppure ordinabile presso la Delta Ed. di Parma, Borgo Regale n. 21- tel. 0521 287883

domenica 28 novembre 2010

Nuovamente disponibile: "Marò a sedici anni - Con la San Marco in Liguria, 1944-1945", di S. Moro



Marò a sedici anni. Con la Divisione San Marco in Liguria, 1944-1945, di Sergio Moro

Spinto dall’amor di patria, Sergio Moro, appena sedicenne, si arruola volontario nella Regia Marina nel 1943. Ma il suo sogno si infrange subito con il diffuso disfattismo di molti suoi compagni, e con l’8 settembre 1943, che lo coglierà a Pola. Catturato dai tedeschi e poi dai partigiani titini, riuscirà rocambolescamente a raggiungere la sua famiglia a Novara. La sua volontà di servire l’Italia lo porterà nuovamente sotto le armi, entrando volontario nella costituenda Divisione F.M. San Marco della RSI: dopo il meticoloso e duro addestramento in Germania, Moro, come i suoi camerati, rimarranno delusi di non essere inviati al fronte contro gli Alleati, ma saranno schierati in Liguria in funzione antisbarco. La lotta partigiana e l’inattività nei presidi logorerà la Divisione, ma, come messo in evidenza da Moro nel suo scritto, proprio nel momento più buio, cioè nel ripiegamento verso il nord nell’aprile 1945, la Divisione ritroverà la sua compattezza ed efficienza combattiva, aprendosi tenacemente la strada tra le forze partigiane che tentarono inutilmente di sbarrare il cammino della San Marco. Dopo la resa, Moro descrive la sua prigionia, tra le angherie dei partigiani e le dure condizioni del POW Camp di Coltano, il ritorno a casa, e il dopoguerra.Brossura, F.to 14x21, 104 pagine, 55 tra foto e documenti in b/n, di proprietà dell’autore, 4 tavole a colori. Euro 15,00.


Di seguito, la nota introduttiva al libro Marò a sedici anni, di Sergio Moro.

Oggi mi fanno paura quegli storici che sanno di avere sempre ragione e che pretendono di mettere il chiavistello e il sigillo di ceralacca a ricerche considerate tabù, i cui risultati considerano ormai da tempo assodati felicemente per il bene di tutti.
Ariel Toaff

Dalle memorie del Marò Sergio Moro, con la loro semplicità e schiettezza, emerge prepotente un amore per la Patria genuino, senza retorica, e il carattere equilibrato dello scrivente, un uomo − un ragazzo − che ama la sua famiglia e la sua Patria, e che ha fatto, sessanta anni fa, delle scelte che oggi appaiono straordinarie, ma che all’epoca hanno rappresentato la normalità per decine di migliaia di italiani. Una “normalità” di sacrifici e di sofferenze, di paura e di coraggio, per le quali questi italiani non hanno avuto medaglie o riconoscimenti, ma semmai angherie e disprezzo, se avessero militato nella Repubblica Sociale Italiana, o semplicemente sussiego se avessero servito nel Regio Esercito. La storiografia, e più in generale, quasi tutta l’intellighentsia culturale italiana hanno relegato in un angolo le vicende storiche e umane dei soldati italiani nella seconda guerra mondiale, divenuta “la guerra di Mussolini”, a tutto vantaggio di chi era stato − o si era accodato − in quella che la vulgata volle come unica parte vincitrice della “guerra di liberazione”, ossia la “Resistenza”, e preferibilmente quella di matrice comunista. Ancora oggi, infatti, nonostante una tardiva e limitata presa di coscienza da parte della storiografia ufficiale della partecipazione (peraltro marginale, e osteggiata dagli Alleati) del Regio Esercito alle operazioni delle FF.AA. Alleate in Italia nel 1943-1945, si arriva a presentare con gran rilievo mediatico, e ancor peggio, istituzionale, il diario di Bruno Trentin, rappresentante di spicco del sindacato e all’epoca giovane antifascista, dove la frase chiave del diario, pronunciata dal padre alla proclamazione dell’Armistizio, è: “È la guerra che comincia! [quella di “liberazione”, evidentemente, NdE]”. Alla quale fa subito eco il figlio: “La guerra vera per l’Italia vera“. Come se le migliaia di italiani morti tra le pietraie della Grecia, le nevi della Russia, tra le lamiere dei carri della Ariete nel deserto libico non fossero “veri”, non avessero famiglie che li piangessero, e l’aver combattuto, senza nulla chiedere, per la loro nazione non li qualificasse come “veri” italiani.Tornando alle memorie del Marò Moro, vogliamo fare qualche riflessione sul ruolo militare avuto dalla Divisione F.M. San Marco della RSI nel 1944-1945. La storiografia mainstream presenta la San Marco, e, più in generale, le Divisioni dell’Esercito Nazionale Repubblicano (ENR) come unità le quali, dopo aver subito un addestramento disumano e spersonalizzante nella “Germania nazista”, ritornano in Italia accolte dall’ostilità del “popolo alla macchia”, vengono logorate dalle forze partigiane, e si sfaldano poco dopo con migliaia di diserzioni; inoltre, non combattono contro gli Alleati a causa della sfiducia dei tedeschi. Anche la storia orale, se raccolta dagli storici di sinistra, concorda appieno con tale impostazione, chiaramente subordinata ai dettami dell’ANPI: alcune testimonianze di militari − Ufficiali di complemento − delle Divisioni dell’Esercito Nazionale Repubblicano, portate alla nostra attenzione anni fa da una docente della Facoltà di Storia di Genova, e raccolte in una ricerca d’impronta resistenziale, deprecavano in maniera monocorde i propri camerati e Ufficiali, lamentavano le dure condizioni dell’addestramento in Germania, la sua “spersonalizzazione” e la volontà tedesca “di fare di noi degli automi”, mentre giunti in linea si criticava il rancio, le postazioni, l’inadeguatezza degli equipaggiamenti a fronte dell’inclemenza del tempo, etc.Inizieremo con il commentare i punti sollevati dalle testimonianze citate, chiudendo poi con delle considerazioni generali sulle testimonianze stesse, e sul ruolo della San Marco nel 1944-1945, ragionando non secondo i canoni della storiografia resistenziale o quella reducistico-apologetica dei “soldati dell’Onore”, ma sforzandoci di seguire un approccio obiettivo, storico militare.L’addestramento in Germania fu certamente duro, ma perché i soldati erano formati secondo la regola del “sudore salva il sangue”: l’addestramento doveva, per quanto possibile, replicare le reali condizioni di battaglia, integrando le lezioni apprese dalla Heer in anni di guerra, e inserite prontamente nei programmi d’istruzione. L’addestramento non formava “automi”, perlomeno non nell’accezione dispregiativa delle fonti resistenziali: il soldato doveva certamente essere condizionato a reagire automaticamente; in guerra un istante d’esitazione nell’affrontare in modo corretto un’emergenza, o nell’azionare con efficacia un’arma o un equipaggiamento, poteva portare a gravi conseguenze per il soldato e i suoi commilitoni. Al contrario delle “testimonianze” citate, i veterani delle Divisioni dell’Esercito Nazionale Repubblicano, Ufficiali e truppa, sia attraverso le loro memorie, sia in interviste o conversazioni da noi raccolte, hanno sempre posto in rilievo la meticolosità dell’addestramento in Germania, in grandi campi che permettevano ad esempio di compiere manovre con l’intera Divisione, anche con l’impiego dell’artiglieria media; la possibilità di addestrarsi assieme di più reparti, verificando il livello raggiunto nella coordinazione, comunicazioni, comando e controllo, era quasi totalmente sconosciuto in Italia. Il Tenente Licitra, del Gruppo Esplorante Cadelo della Monterosa, arrivò a dire che lui, già veterano di diverse campagne, solo in Germania si rese conto di “come si faceva la guerra”, e che gli istruttori tedeschi, anche solo per addestrare a tirare le bombe a mano, insegnavano diverse tecniche, a seconda della posizione del soldato e del bersaglio, etc. Il Tenente Licitra mise ben a frutto l’addestramento in Germania: il 26 aprile 1945, a Ruta di Camogli, un cannone controcarro PAK 40 facente parte di un reparto di retroguardia ai suoi ordini riuscì a distruggere un M4 A4 Sherman americano, e, unitamente al fuoco delle MG dei Bersaglieri del Cadelo, a bloccare così per diverse ore l’avanguardia di un gruppo di combattimento statunitense della 92nd Infantry Division “Buffalo” avanzante verso Genova. Un fatto d’arme senza dubbio minore, ma tuttavia indicativo dell’efficacia combattiva della Monterosa anche nelle ultime ore del conflitto. L’esperienza di guerra era trasmessa alla reclute anche nei dettagli più piccoli: ad esempio, il soldato era addestrato, una volta in posizione “a terra”, a disporre i piedi paralleli al terreno, in modo che un proiettile che passasse radente non colpisse il tallone: un veterano del San Marco riporta come un suo camerata di una squadra di fucilieri che non aveva rispettato tale prescrizione, durante un’azione ebbe il tallone asportato di netto da un proiettile che aveva invece mancato quello di un altro Marò, sulla stessa traiettoria ma con il piede nella posizione prescritta dagli istruttori tedeschi.Sempre a riguardo degli “automi”, è da notare come la superiore efficienza delle unità tedesche, portò l’US Army ad attivare una specifica commissione (Historical Evaluation and Research Organization), la quale riconobbe empiricamente, anche con l’uso di modelli matematici, applicati alla ricostruzione di un gran numero di scontri tra unità Alleate, sovietiche e tedesche, una maggiore capacità combattiva, sia in attacco che in difesa, ai soldati della Wehrmacht rispetto ai loro avversari. Seguirono poi gli studi degli storici militari Liddel Hart, Martin van Creveld, Paul Savage, Richard Gabriel e Trevor Nevitt Dupuy, che analizzarono approfonditamente questi risultati, confermandone la validità. L’addestramento della Heer formava non solo gli Ufficiali, ma anche i Sottufficiali, e in una certa misura anche la truppa, all’Auftragstaktik, ossia al prendere, nel quadro della missione, l’iniziativa personale quando essa poteva essere fruttuosa, anche in mancanza di ordini specifici. Gli Ufficiali italiani che avevano combattuto accanto a unità tedesche concordano solitamente nell’affermare come un Ufficiale inferiore tedesco o addirittura un Sottufficiale esperto avessero un’autonomia e un potere decisionale in campo tattico che nel Regio Esercito era appannaggio solo degli Ufficiali superiori italiani.Arrivando all’equipaggiamento delle Divisioni dell’Esercito Nazionale Repubblicano, i documenti, ossia gli organigrammi e i rapporti di forza e armi, danno un quadro ben diverso da quello diffuso dalla pubblicistica ideologicamente schierata: gli ordini di battaglia delle Divisioni al momento del rientro in Italia presentano delle unità dalla buona potenza di fuoco, sia all’interno delle Compagnie Fucilieri, sia nelle armi d’accompagnamento e d’appoggio: le Squadre furono dotate delle eccellenti mitragliatrici MG 42, e distribuite pistole mitragliatrici MP 40 e MAB 38 A, i potenti cannoni controcarro da 7.5 cm PAK 40 garantivano finalmente una efficiente difesa contro i corazzati, assieme ai lanciagranate a carica cava Panzerfaust, etc. Il limite delle Divisioni dell’ENR di essere ippotrainate, era comune a tutte le Infanterie-Division tedesche, anche se, in effetti, la decisione tedesca di usare queste unità come reparti di presidio e sicurezza, quindi per compiti di seconda linea, condizionò in maniera negativa il completamento dell’equipaggiamento in alcuni settori.Tutto considerato, viene quindi da pensare che le testimonianze dei repubblichini citate siano state accuratamente scelte per il loro concordare (in buona o mala fede) con la vulgata resistenziale e che, alla luce delle circostanze illustrate, non siano certo indicative del morale e delle motivazioni della maggior parte dei componenti le Divisioni dell’ENR, e tanto meno della efficienza combattiva di queste unità.A proposito delle diserzioni, prendendo in considerazione la San Marco, è innegabile che la dispersione in capisaldi della Divisione, lo stillicidio degli agguati partigiani, e la freddezza della popolazione, timorosa di rappresaglie dall’una e dall’altra parte, oltre all’incapacità di reagire alla situazione di alcuni Ufficiali, portò ad un notevole abbassamento del morale, e a numerose diserzioni. Su questo argomento faremo solo due considerazioni, frutto dell’analisi di dati di fatto e non di preconcetti ideologici: la prima, è che a fronte di queste diserzioni, che la vulgata presenta come la prova dell’inefficienza dell’Esercito di Graziani, rimane il fatto incontestabile e consequenziale, pura aritmetica, diremmo, che la maggior parte dei Marò rimase invece al suo posto, e che anzi, negli ultimi giorni di guerra, in una atmosfera di pesantissima tensione psicologica e fisica, la Divisione, finalmente a ranghi compatti, dimostrò sul campo l’efficienza combattiva imparata in Germania, superando diversi sbarramenti dei partigiani, combattendo in campo aperto. Questo fatto, incontestabile e consequenziale, per l’appunto, è invece chiaramente ignorato dagli storici engagé et similia, ovvero ricercatori, laureandi, dottorandi, giornalisti, etc., che preferiscono opportunisticamente non porsi contro una certa egemonia culturale, che gli garantisce in cambio carriera e prebende.Come corollario, citeremo inoltre come da parte resistenziale sono oculatamente ignorate le diserzioni nelle unità partigiane; alla strombazzata diserzione del Battaglione Vestone della Monterosa (e chiaramente si evita di indicare come il Vestone fosse un reparto fuori organico, e che solo cinquanta uomini rimasero con i partigiani) si possono contrapporre i numerosi ex partigiani − spesso semplici renitenti alla leva − che si presentarono alle autorità o ai reparti militari della RSI, specie dopo i bandi di amnistia, e furono incorporati nelle FF.AA. della RSI: segnaliamo gli ex partigiani nel Battaglione Risoluti, o nel Battaglione NP della Decima MAS, che seguirono il reparto al Fronte Sud e in prigionia, nei Btg. Ruggine della GNR, etc.In secondo luogo, osserviamo le statistiche relative alle diserzioni di alcune unità di fanteria dell’8ª Armata inglese nell’agosto-dicembre 1944 (da Eric Morris, La guerra inutile, pag. 522):1ª Divisione: 6264ª Divisione: 66446ª Divisione: 1.05956ª Divisione: 99078ª Divisione: 926Come si vede cifre di tutto rispetto, e teniamo conto che per i soldati inglesi, seppur coinvolti in aspri scontri, era evidente come la supremazia Alleata nello scontro di matériel li avrebbe condotti presto alla vittoria. Inoltre, a differenza dei soldati inglesi, gli effettivi delle FF.AA. della RSI operavano spesso vicino alle loro famiglie, e un momento di debolezza poteva facilmente spingerli a tornare a casa. All’opposto, per un Tommy o per un GI, la strada dall’Appennino bolognese a Leeds o a Milwaukee era una scoraggiante long way…Per ultimo, veniamo all’importanza militare della San Marco (e delle altre unità dell’Esercito Nazionale Repubblicano) nel quadro storico militare della guerra in Italia nel 1944-1945. Ovviamente, la vulgata vuole questa importanza pari a zero, poiché le unità non sono impiegate contro gli Alleati, ma, schierate in Liguria, sono poi sfaldate dagli attacchi partigiani e si prodigano solo in rappresaglie contro civili innocenti e martiri partigiani, obbedendo ciecamente al bieco occupante nazista. La realtà, se vista obiettivamente da una prospettiva storico militare, è diversa. Il predominio navale Alleato, unito alla supremazia aerea, aveva reso possibile tutta una serie di sbarchi sulle coste italiane: dallo sbarco in Sicilia, compresi i successivi sbarchi minori, detti End run, per cercare di ostacolare l’ordinata ritirata tedesca verso Messina, a Salerno, sino ad Anzio. Per l’Alto Comando tedesco era quindi naturale pensare che gli Alleati potessero tentare dei nuovi sbarchi, particolarmente a Nord, dietro la linea del fronte (e in effetti sbarchi di diversione furono eseguiti nell’aprile del 1945 durante l’ultima offensiva Alleata sul Senio). Di conseguenza, nella seconda metà del 1944 i tedeschi si trovarono a dover presidiare sia la costa nord-occidentale italiana sia quella orientale; scopo arduo, con i mezzi risicati di cui disponeva l’Heeresgruppe B: basti pensare che per contenere le truppe Alleate sbarcate ad Anzio nel gennaio 1944, tra le unità inviate in emergenza vi era la 715. Infanterie-Division, la cui artiglieria era formata da pezzi di preda bellica russa da 76.2 mm, e le mitragliatrici distribuite alla sua fanteria erano in buona parte preda bellica francese, mentre anche alla scelta 4. Fallschirm-Division mancava del tutto il Reggimento d’artiglieria! Le unità dell’Esercito Nazionale Repubblicano permisero quindi ai Comandi tedeschi di poter liberare delle loro unità inviandole al fronte, impiegandole contro gli Alleati; e − diserzioni o meno − le GG.UU. dell’ENR eseguirono fino al termine della guerra la loro funzione di presidio (e non solo, considerate le numerose piccole azioni condotte sulle Alpi al confine con la Francia). Vista la superiorità numerica e in mezzi Alleata il poter inviare al fronte anche solo un paio di Divisioni, piuttosto che doverle tenere a scopo di presidio nelle retrovie, dovette rappresentare per i tedeschi un vantaggio operazionale notevole, e nuovo filo da torcere per gli Alleati nella loro lenta avanzata verso nord, dove ogni metro era fatto pagare a caro prezzo dalle veterane unità della Wehrmacht.Inoltre, seppur limitatamente, le Grandi Unità dell’ENR, o loro aliquote, furono poi impiegate al fronte contro gli Alleati: oltre alle citate operazioni sul confine italo-francese, ricordiamo brevemente la partecipazione di parte della San Marco e della Monterosa alla riuscita Operazione Wintergewitter nel Natale 1944, e della Divisione Italia alla difesa della Linea Gotica. I Marò della San Marco e gli Alpini della Monterosa in particolare ebbero un buon comportamento al fronte, sia nelle dure condizioni della guerra di posizione, sia durante Wintergewitter, come testimoniato anche dagli encomi dei Comandi tedeschi. Riteniamo che queste brevi note, pur nella loro sinteticità, possano tuttavia essere una traccia per poter studiare con maggiore distacco − e alla luce dei fatti, e non dei dogmi − la storia militare delle Divisioni dell’Esercito Nazionale Repubblicano.

Andrea Lombardi

sabato 27 novembre 2010

I soldati italiani diffamati in "The Bitter Sea", di Simon Ball



Abbiamo inviato la seguente recensione ad Amazon.com, concernente un recente libro dove, tra la altre affermazioni stereotipe sui militari italiani nella 2gm si legge che "le truppe italiane erano celebremente entusiaste nello stuprare le ragazzine" (!!!).

Average research, and quite anti-italian..., November 27, 2010

This review is from:
Bitter Sea (Paperback)

As per title, the book it's a major step back in the research concerning the role of the Italian armed forces in WW2. In the first page of the chapter "The good italians", Mr. Ball correctly states that the "italians, good men" it's largely a myth (i.e. contrary to widespread notions, the Italian Army also had its share of war crimes) , but then proceed with the same historical error... but in reverse; stating among the others, the following, incredible line: "Italian troops were famously fond of raping very young girls" (pag. 212). Without even citing a source for this defamatory remark. Now, if the Italian troops (not just "some units" or "some individuals") were famously (and I emphatize "famously") fond of raping very young girls, it's too much to ask Mr. Ball his sources, and these sources simply have to show evidence of a considerable number of rapes of "very young girls" by italian soldiers, if the above quote has to be proved. This is not "history", or "revisionism", or "original research". It's plain defamation of the Armed Forces (punished in Italy by art. 290, penal code). It's also interesting that Mr. Ball consistently mispells the name ot the authors he cites in the above mentioned book's notes, i.e.: Agarossi for Mrs. Elena Aga-Rossi, or Luigi Ganapi instead of Ganapini. Quite a sad error for an academic historian. It's also sad that Mr. Ball, writing an essay on the MTO and the war in Italy didn't make any research in any italian archive (judging by the book's bibliography) Disappointing.

mercoledì 24 novembre 2010

[LIBRO] Andrea Lombardi, I decorati con la Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia e Spade




Ultima importante novità 2010 per le Edizioni Effepi
Edizioni Effepi, via Balbi Piovera n.7, 16149 Genova
Per ordinazioni: tel. 338 9195220, Posta elettronica: effepiedizioni@hotmail.com.

NUOVA EDIZIONE

Andrea Lombardi
I DECORATI CON LA CROCE DI CAVALIERE CON FRONDE DI QUERCIA E SPADE (Ritterkreuz mit Eichenlaub und Schwertern)

I due volumi dell’opera presentano tutti i centocinquantanove decorati con la Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia e Spade della Wehrmacht e Waffen-SS, una delle massime decorazioni al valore del Reich, tramite delle schede biografiche dove è ripercorsa in dettaglio la loro carriera militare e le coraggiose azioni nelle battaglie che li videro protagonisti: Peiper a Kharkov e nelle Ardenne, Wittmann in Normandia, Baade a Montecassino, Bärenfänger nella testa di ponte del Kuban, Bäke a Cherkassy, Ramcke a Brest, Fritz von Scholz e Felix Steiner a Narva, Lent e Schnaufer nei cieli notturni sulla Germania bombardata, i leggendari duelli aerei di Hartmann, Marseille, Galland…Sono inoltre citate le motivazioni del conferimento della Croce di Cavaliere e dei suoi gradi superiori, e incluso l’elenco completo delle decorazioni e dei riconoscimenti loro conferiti.

Volume 1, 220 pagine, f.to 17x24, ill. b/n
Volume 2, 250 pagine, f.to 17x24, ill. b/n
30,00 Euro a volume

martedì 2 novembre 2010

X Annuale Milizia Ferroviaria, Anno 1933


Disponibile!
X Annuale Milizia Ferroviaria. Anno 1933.

Ristampa anastatica della rarissima opera originale, edita nel 1933 per celebrare il primo decennale dalla fondazione della Milizia Ferroviaria, che illustra con molte foto e disegni di impianti e mezzi ferroviari, le svariate attività esercitate dal Corpo istituito nel giugno 1923.
Storia, ordinamento, compiti e benemerenze di un’Istituzione appositamente creata per vigilare in ambito ferroviario, assolvendo quelle funzioni in seguito ricoperte dalla Polizia Ferroviaria.
Interessante monografia su un Corpo poco conosciuto ed ormai dimenticato.
Il volume si apre con una foto del Duce con dedica, seguita da un'introduzione del Comandante Luogotenente Generale Vittorio Raffaldi e proseguendo poi con le foto di tutti i Comandanti delle 14 Legioni Ferroviarie in cui era suddivisa la Rete ferroviaria italiana.
La Milizia Ferroviaria fu una specializzazione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (M.V.S.N.), istituita nel 12 maggio del 1923 e regolamentata dai RDL n°1292 e n°1686 rispettivamente del 4 agosto e del 30 ottobre del 1924: il personale era costituito da dirigenti ed agenti dell’amministrazione delle Ferrovie dello Stato, iscritti regolarmente al Partito nazionale Fascista ed all’associazione Ferrovieri Fascisti.
Formato A4, 48 pagine in bianco e nero + 2 tavole a colori fuori testo di ispirazione futurista, Euro 20,00
Edito da Ass. Cult. ITALIA, info ars_italia@hotmail.com

giovedì 28 ottobre 2010

lunedì 4 ottobre 2010

Croce di Ghiaccio - C.S.I.R. ed ARM.I.R. in Russia 1941-1943, di Pierluigi Romeo di Colloredo



Croce di Ghiaccio - C.S.I.R. ed ARM.I.R. in Russia 1941-1943,


di Pierluigi Romeo di Colloredo

In questo libro tratteremo gli avvenimenti militari che videro coinvolti prima lo C.S.I.R. e poi l’ARM.I.R.; analizzeremo pertanto le prime operazioni svolte dalle truppe italiane sul fronte orientale, valutandone l’efficienza e la resa in combattimento. In particolare, verranno esaminate le battaglie della prima fase offensiva dell’estate del 1941 come Petrikowka, le battaglie di Gorlowka, la difesa di Nikitowka, la battaglia di Natale del 1941 per lo C.S.I.R.; seguiremo poi le operazioni dell’8ª Armata nell’avanzata verso il Don, la prima battaglia difensiva dell’agosto 1942, ed infine l’offensiva sovietica del dicembre dello stesso anno, la ritirata e la reazione ai tentativi avversari di accerchiamento del Corpo d’Armata Alpino nel gennaio del 1943.
Una sezione sarà dedicata all’azione della Regia Aeronautica e della Regia Marina sul fronte orientale, e ai reparti stranieri – cosacchi e croati - inquadrati nel Regio Esercito e nella Milizia, la cui storia è assai poco nota, e alle biografie dei comandanti italiani: Zingales, Messe e Gariboldi.

Lo straordinario corredo iconografico comprende più di 100 rare e inedite fotografie, delle quali molte riprodotte a piena pagina, provenienti dall’Archivio Fotografico dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Eser­cito, ritraenti gli uomini e i mezzi del C.S.I.R. e dall’ARM.I.R. in azione, i luoghi dei combattimenti e i volontari cosacchi nel R.E.I., e sono incluse diverse mappe a colori illustranti le varie fasi della campagna.


F.to 17x24, brossura, 242 pag., 120 foto in b/n (la maggior parte inedite), 7 mappe e documenti a colori, Euro 28,00.

venerdì 24 settembre 2010

Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito e rimozione


Talianski Karashoi - La Campagna di Russia tra mito e rimozione

di Pierluigi Romeo di Colloredo


In questo volume affronteremo il mito della campagna di Russia come s’è andato stratificando nella memoria collettiva italiana, vedendo quanto, se, e come corrisponda alla realtà dei fatti. Questa analisi sarà talvolta, per forza di cose, polemica; saremo costretti a citare più volte autori come il romanziere Nuto Revelli, poiché il contenuto dei suoi libri e degli scritti da lui curati ne fa il capostipite di quello che definiremo il dogma della partecipazione italiana alla campagna di Russia: in breve, questa vulgata riduce alla sola ritirata dal Don nel 1943 l’intero ciclo di operazioni dello C.S.I.R. e dell’ARM.I.R., e i soldati italiani sono peraltro presentati come una massa mal addestrata ed equipaggiata, e per nulla motivata. Dimostreremo in questo studio come tale interpretazione sia tanto faziosa quanto inattendibile storicamente. La tesi da noi sostenuta è che gli italiani in Russia condussero una guerra ideologica, ben consapevoli di ciò e moralmente motivati, come dimostra l’esame diretto delle fonti, dai rapporti mensili sul morale della truppa delle varie Divisioni alla corrispondenza privata, e che combatterono bene, uscendo vittoriosi da tutti gli scontri con l’Armata Rossa dall’estate del 1941 all’inverno del 1942, quando i sovietici sfondarono il fronte italiano sul Don. Abbiamo ritenuto poi opportuno dedicare una parte del testo alla trattazione della presunta strage tedesca di una Divisione italiana a Leopoli. Si tratta di una menzogna creata dal KGB alla fine degli anni ‘50 del XX secolo, durante la Guerra Fredda, e che è periodicamente ricomparsa sotto forme diverse, ricevendo spazio sulla stampa al punto che, nel 1987, venne formata una commissione parlamentare d’inchiesta, che ne dimostrò - per l’ennesima volta - la falsità.


F.to 14x21, brossura, 112 pagine, alcune ill. e documenti in b/n e colori.Euro 15,00

lunedì 20 settembre 2010






Una guerra lunga otto anni.

Un milione di morti e milioni di profughi.

Armi chimiche e missili balistici contro
attacchi in massa di ragazzini-soldato.

La comunita' internazionale preoccupata solo del prezzo del petrolio e di vendere armi ai contendenti.

L'intervento americano per il controllo delle risorse petrolifere, tra incidenti internazionali e il traffico clandestino d'armi.

Una guerra dimenticata, oggi come allora.

Trenta anni fa, la guerra Iran-Irak. 1980-1988


A cura di Andrea Lombardi

LA GUERRA DIMENTICATA

IL CONFLITTO IRAN-IRAK
1980-1988

La storia del conflitto ricostruita dai saggi "La guerra Iran-Irak, 1980-1988" di Saskia M. Gieling, "Storia militare della guerra Iran-Irak, 1980-1988" a cura di Carlo Lagomarsino, "La guerra aerea" di Alessandro Bellomo, "Le armi chimiche" di Javed Ali, "Gli Stati Uniti e la guerra Iran-Irak" di Stephen R. Shalom.

Un libro in uscita a fine settembre

Associazione Culturale
ITALIA
Via Onorato 9/18–- 16144 Genova - Tel. 348 6708340
E-Mail ars_italia@hotmail.com - Web http://associazioneitalia.blogspot.com

domenica 5 settembre 2010

Marò della Divisione San Marco...


Marò della Controbanda del III/6°.


Marò della San Marco durante un'operazione di controguerriglia.



Garfagnana. Mortaisti del II/6°.

venerdì 3 settembre 2010

Dal governo Badoglio alla Repubblica Italiana, di Elio Lodolini, recensito su "Il Tempo"


Recensione su "Il Tempo", 19 agosto 2010.



Notizie - Cultura e Spettacoli

Navi d'Italia perdute per tradimento
Nuovi documenti sulla flotta militare sacrificata agli Alleati dall'armistizio


«Tutti noi siamo dolenti che la nostra preda sia diminuita»: con queste parole il Comandante Harry C. Butcher, aiutante navale del Generale Eisenhower, commentò nel suo diario l'affondamento, ad opera di bombardieri tedeschi, della corazzata italiana. La nostra flotta, come è noto, rappresentava per gli Anglo-americani una preda molto ambita e il peso che la sua sorte ebbe nelle trattative che portarono all'armistizio dell'8 settembre 1943 viene oggi documentato da Elio Lodolini, il decano degli archivisti italiani, nel capitolo di un suo recente volume («Dal Governo Badoglio alla Republica Italiana. Saggio di storia costituzionale del Quinquennio rivoluzionario 25 luglio 1943-1° gennaio 1948», Genova 2010). Il volume si dedica a svolgere importanti e documentate precisazioni all'«affermazione corrente secondo cui la Marina avrebbe immediatamente e "disciplinatamente" accettato l'armistizio, trasferendo le navi a Malta». Come ricorda Elena Aga Rossi nel suo fondamentale saggio «L'inganno reciproco. L'armistizio tra l'Italia e gli Anglo- Americani del settembre 1943», fin dalle prime fasi dei contatti con gli Anglo-Americani era stato da parte italiana espletato il tentativo di eliminare dalle clausole armistiziali la consegna della flotta in porti sotto controllo dei nostri nemici: le navi italiane si sarebbero concentrate in Sardegna, anche a protezione del Re e del Governo che, lasciata Roma, avrebbero raggiunto la più sicura sede dell'isola. Gli Alleati respinsero sempre decisamente la proposta italiana e il 6 settembre, ad armistizio già firmato il 3 dello stesso mese, all'Ammiraglio Raffaele de Courten, Ministro della Marina nel Governo Badoglio e Capo di Stato Maggiore della Regia Marina, fu trasmesso il promemoria inglese che indicava le località sotto controllo alleato verso le quali la flotta italiana avrebbe dovuto dirigersi una volta proclamato l'armistizio. Dura fu la reazione negativa di de Courten che, tenuto all'oscuro dell'avvenuta conclusione dell'armistizio, la mattina del 7 settembre incontrò a Roma l'Ammiraglio Carlo Bergamini, Comandante in capo della squadra da battaglia: Bergamini gli riferì sullo spirito della flotta affidata al suo comando, "pronta ad uscire per combattere nelle acque del Tirreno meridionale (in concomitanza con lo sbarco degli Alleati a Salerno) la sua ultima battaglia. Comandanti ed ufficiali erano, secondo l'Ammiraglio Bergamini, perfettamente consci della realtà cui sarebbero andati incontro, ma in tutti era fermissima la decisione di combattere fino all'estremo delle possibilità”. Scrisse l'Ammiraglio de Courten in una sua relazione del 12 febbraio 1944: «Ricordo questo colloquio con commozione perché dalle parole di quell'uomo vissuto sempre sulle navi e per le navi emanava senza alcuna iattanza la tranquilla sicurezza di poter chiedere al potente organismo nelle sue mani lo sforzo estremo e il sacrificio anche totale». Violenta fu la reazione dell'Ammiraglio Bergamini quando apprese dalla radio l'avvenuta conclusione dell'armistizio: in un colloquio telefonico con de Courten affermò esplicitamente che «non intendeva assolutamente andare a fare il guardiano di navi in consegna al nemico» e convocò, alle 22 dell'8 settembre, sulla corazzata «Vittorio Veneto», una riunione degli ammiragli in sottordine e comandanti di navi, che si espressero «all'unanimità per l' autoaffondamento della flotta». Fu solo insistendo sul dovere di ubbidire agli ordini del Re e sulla speranza che una futura collaborazione della flotta alle operazioni di guerra degli Alleati avrebbe inciso positivamente sulla sorte futura dell'Italia sconfitta che de Courten ottenne l'uscita in mare di Bergamini per trasferire la squadra a La Maddalena, meta tassativamente esclusa dalle clausole armistiziali e da reiterati divieti dei comandi nemici. Giunta la notizia che la base sarda era caduta sotto il controllo dei tedeschi, fu ordinato a Bergamini di invertire la rotta verso ponente per dirigere, nel caso non si fossero autoaffondate le navi, o verso i porti neutrali della Spagna, o verso Bona: fu quest'ultima meta che Supermarina assegnò alle nostre navi, passate agli ordini dell'Ammiraglio Oliva, dopo l'affondamento della «Roma» ad opera di bombardieri tedeschi. Al largo di Bona, nella mattinata del 10 settembre, la squadra italiana ebbe dagli Inglesi l'ordine di dirigere a Malta. Opposizioni alla consegna delle nostre navi al nemico si ebbero anche in alcuni porti, ma in generale prevalse il senso del sacrificio dell'onore militare a un migliore destino della Patria, sacrificio rivelatosi sterile di risultati se si considera la sorte che i nostri nemici riservarono alle navi italiane, pure impegnate al loro fianco negli ultimi mesi del conflitto, dopo la cessazione delle ostilità: di varie unità navali si impadronirono alcuni paesi nemici, mentre le corazzate della squadra da battaglia, delle quali si era favoleggiato un impiego, sotto bandiera italiana, nella guerra contro il Giappone, internate nei Laghi amari lungo il Canale di Suez, non furono mai più restituite all'Italia, fino alla loro demolizione. Gli uomini della X Flottiglia MAS avrebbero cantato sui mari e per le contrade d'Italia, nei giorni atroci della guerra civile, «Navi d'Italia, che ci foste tolte, non in battaglia , ma per tradimento, noi vi riporteremo alla vittoria...».

sabato 31 luglio 2010

Sul numero di Uniformi e Armi di agosto, reportage della nostra mostra "Achtung Panzer!"


Ancora grazie a Luca Ongaro e Giorgio Bussano per la loro essenziale collaborazione, e agli organizzatori!

domenica 4 luglio 2010

Con il Barbarigo a Nettuno, di Luciano Luci Chiariti (Luciano L. Chiarissi)




L. L. Chiariti

Con il Barbarigo a Nettuno


Pagine 127
Formato 21x14
Copertina brossura
Lingua Italiano
Prezzo: 16.00 €



Anastatica di un'opera del settembre 1944 con le riflessioni di un maro' della Decima MAS reduce dal fronte di Anzio-Nettuno.Sono raccolte le impressioni sul tempo passato al fronte, la guerra di posizione, i commilitoni, e la vita in linea. In appendice l'elenco dei caduti del Barbarigo, le onorificenze concesse e lo spartito dell'inno della X MAS a cura del maro' Giulio Ronchi.

Un estratto dell'opera dal primo capitolo:

GUARDANDO GLI APPUNTI

In questi ultimi tempi ho letto qualche corrispondenza di guerra postuma dal fronte di Nettuno e ci sono rimasto parecchio male. Io ho forse il torto di far parte di quella schiera di persone che pensano dover essere l'onestà il criterio informatore di ogni azione umana, e mi ha quindi fatto una brutta impressione leggere tante belle parole che non significano niente su argomenti che per la loro intima forza non hanno assolutamente bisogno di infioramenti. A parlarci chiaro la maggior parte di questi signori che oggi fanno della bella letteratura, in linea non si sono mai visti ed oso pensare che abbiano voluto seguire la poco eroica tradizione degli inviati, che vedono la guerra da una camera d'albergo e salvano la baracca lavorando molto di fantasia.Tutto questo, proprio mentre si parla di ricostruire anzitutto un ordine morale, è un affare piuttosto stonato e direi che si dovrebbe trovare il modo di farla finita. Farla finita anche per dimostrare coi fatti che si ha la ferma volontà di eliminare ogni stortura e che l’era delle chiacchiere deve considerarsi definitivamente tramontata.Gli avvenimenti che viviamo sono troppo seri ed impegnativi perché sia permesso assistervi con atteggiamento superficiale.Ho accanto a me un blocchetto di appunti che ho trovato nella borsa tattica proprio mentre ero sicuro di averlo dimenticato o perduto. Pagine zeppe di parole scritte a matita, in una maniera indecifrabile dai profani, in momenti vari della giornata, quando anche nella buca ti saltava il ghiribizzo di fissare sulla carta impressioni e ricordi.Sensazioni e pensieri strani alle volte, vi assicuro, forse anche perché per il fronte ero un novellino, una matricola e ad ogni cosa amavo dare un significato e fare un raffronto con quanto su di esse avevo fantasticato nelle giornate in cui tra me e la linea si interponevano tanti ostacoli.Quando un'idea ci infiamma e gli anni hanno ancora un sapore di sogno, la guerra è un dono magnifico di cui si scorge solo il lato romantico.Solamente più tardi - dopo molte cadute - quel duro selciato che ha nome esperienza ci fa esaminare le cose con spirito realistico e - anche se molte illusioni restano ai lati della strada - quel ben sagomato e quadrato edificio che è ormai la nostra personalità è sempre pervaso dalla benedetta Poesia che, anche in formato ridotto, vogliamo difendere da contingenze e scetticismi.Al fronte ci sono quindi arrivato con idee abbastanza chiare sugli uomini ed i loro pregi o difetti. Non mi attendevo di trovare delle schiere di santi o di eroi; non ho avuto delusioni. Ad essere sincero qualche sorpresa in senso buono.Intendiamoci non voglio cadere nell’eccesso opposto col voler descrivere la guerra sostanziata esclusivamente di orrori e brutture, di esseri brutali ed egoisti che pur di giungere ad un loro scopo particolare si venderebbero anche l'anima. No, no. Intendo chiarire che anche la guerra è come tutte le cose della nostra vita. Uno va a cogliere una bella rosa e si punge con le spine. Il vecchio ritornello è sempre vero; anche nel nostro caso.



Effepi Edizioni

Via Balbi Piovera 7
16149 Genova
Telefono +39 010 6423334
Mobile +39 338 9195220

mercoledì 23 giugno 2010

Dal governo Badoglio alla Repubblica Italiana, di Elio Lodolini



ELIO LODOLINI

Dal governo Badoglio alla Repubblica Italiana

Saggio di storia costituzionale
del “quinquennio rivoluzionario”
25 luglio 1943 - 1° gennaio 1948

Il 25 luglio 1943 fu compiuto un colpo di Stato che, per la prima volta nella nostra storia, de­terminò una frattura nella continuità costituzionale. Dal Regno del Sud alla Repubblica Sociale Italiana, dai governi del CLN e la Luogotenenza alla Repubblica, il presente volume analizza, sulla base degli scritti dei protagonisti di quel periodo, delle pubblicazioni che videro la luce negli anni immediatamente successivi agli eventi del 1943-1948, e delle più recenti fonti archivistiche quali quelle pubblicate nei “Documenti diplomatici italiani” e nei “Verbali del Consiglio dei Ministri”, la storia del “quinquennio rivoluzionario”, dal 25 luglio 1943 al 1° gennaio 1948.

Elio Lodolini è nato a Roma il 24 gennaio 1922. Laureato in Scienze politiche (tesi in Storia moderna). Laureato in Giurisprudenza (tesi in Diritto costituzionale). Diplomato in Archivistica, Paleografia e Diplomatica. Durante la seconda guerra mondiale si arruolò volontario nel Regio Esercito; dopo l’8 settembre 1943 aderì volontariamente alla Repubblica Sociale Italiana. Redattore del quotidiano romano “Il Lavoro fascista”, organo delle Confederazioni sindacali dei lavoratori (1940-1943); poi redattore, capo servizio e corrispondente di guerra dell’Agenzia giornalistica ufficiosa Stefani nella Repubblica Sociale Italiana (1943-1945). Nel dopoguerra fece parte del gruppo di 18 elementi, guidato da Giorgio Almirante, che costituirono il MIUS, Movimento italiano di unità sociale. Nel MSI dette vita all’organizzazione universitaria, che conquistò vari seggi nelle elezioni universitarie dei primi anni. Lasciò il MSI quando entrò nell’Amministrazione dello Stato (1950), ritenendo che un pubblico funzionario debba essere apartitico. Archivista di Stato, nel 1972 raggiunse il grado di Dirigente superiore. Ha diretto Archivi di Stato, Soprintendenze archivistiche per la “vigilanza” sugli archivi non statali, pubblici e privati, uffici della Direzione generale degli Archivi. È stato Segretario del Consiglio superiore degli Archivi, “Sostituto” del Direttore generale degli Archivi ed infine Direttore dell'Archivio di Stato in Roma. Eletto Preside della “Scuola speciale” [= Facoltà] per Archivisti e Bibliotecari, e come tale membro del Senato accademico, dell’Università di Roma “la Sapienza”. Collocato a riposo per limiti di età dal 1997, è stato successivamente nominato professore emerito ed ha continuato a svolgere il corso di Legislazione archivistica sino al 2008.
È autore di una ventina di volumi, di circa trecento studi monografici pubblicati in riviste scientifiche e relazioni a congressi e di un migliaio di lavori minori, per lo più di Archivistica ed inoltre di Storia e di Diritto, pubblicati in circa centosessanta testate diverse, una trentina delle quali straniere o internazionali,
Ha svolto missioni e incarichi archivistici per l’Unesco, per il Consiglio internazionale degli Archivi, per l’Organizzazione degli Stati Americani. È membro d’onore dell’Organizzazione mondiale degli Archivi (Consiglio internazionale degli Archivi), eletto dai rappresentanti archivistici di 160 Nazioni “per gli eminenti contributi da lui apportati allo sviluppo dell’archivistica, al progresso degli archivi ed al rafforzamento della collaborazione professionale internazionale”.


F.to 14x21, brossura, 288 pagine, Euro 26,00.


Info e ordini: Associazione ITALIA Via Onorato 9/18, 16144 Genova Italia

Tel. Cell. 348 6708340 Tel. 010 824086 E-Mail ars_italia@hotmail.com

Recensione su "Le carte e la storia - Rivista di storia delle istituzioni", 2/2010:

Elio Lodolini, Dal governo Badoglio alla Repubblica italiana. Saggio di storia costituzionale del "quinquennio rivoluzionario", 25 luglio 1943-1° gennaio 1948, Genova, Associazione culturale Italia, Clu Genova, 2010, pp. 286.

Con la puntigliosa acribia dell'esperto di diritto Elio Lodolini, uno dei maestri dell'archivistica italiana, scrive questo libro "controcorrente", in piena fedeltà a quello che è stato lungo tutta la sua vita operosa il proprio credo politico. La tesi centrale, in estrema sintesi, è che il voto del Gran consiglio, il 25 luglio 1943, fu un colpo di Stato intemo al regime, che l'ordine del giorno Grandi non avrebbe presupposto affatto la fuoruscita dal fascismo (chiamando in causa, anzi, proprio le istituzioni propriamente fasciste), e che di conseguenza il governo Badoglio che ne sarebbe scaturito "fu un governo di fatto, illegittimo, e dopo l'8 settembre 1943 cessò di esistere anche come governo di fatto illegittimo, avendo trasferito al nemico occupante, con la resa incondizionata, tutti i poteri". Altrettanto illegittimo secondo Lodolini fu il procedimento iniziato con il decreto 25 giugno 1944, n. 151 ("quando il nemico sostituì al sedicente governo Badoglio un 'governo' - anch'esso giuridicamente inesistente - formato di elementi antifascisti scelti in quanto tali"). Infine Lodolini contesta (con l'appoggio autorevole della testimonianza di Giulio Andreotti) quello che definisce il "falso inserito nel verbale del 16 ottobre 1947", quando la Costituente approvò l'articolo 75 sui referendum abrogativi, fissando tra le materie escluse da referendum anche le leggi elettorali, mentre poi nel verbale (forse per l'intervento di Ruini, rimasto soccombente nella discussione) esse vi furono ricomprese a pieno titolo. Libro tutto costruito sulle fonti,programmaticamente fedele alla loro lettura formale, direi anzi letterale, quest'opera di Lodolini mette in chiaro e denuncia le vie brevi e le approssimazioni giuridiche usate nel 1943-48; approssimazioni e vie brevi che però, in tempi di rivoluzione, sono forse indispensabili. Gli eventi politico-istituzionali del 1943-48 costituirono uno "strappo", questo è il punto, rispetto all'ordinamento fascista così com'era venuto consolidandosi in vent'anni di dittatura (anch'essa, per altro, imposta da Mussolini non senza evidenti "strappi" alla tradizione costituzionale liberale); e l'intero processo costituente del dopoguerra ebbe un senso "rivoluzionario" (che non per caso cercò e trovò poi la sua radice nella lotta armata di liberazione).

martedì 22 giugno 2010

La fortificazione permanente di Passo Resia



















Tutte le foto copyright Andrea Lombardi - Associazione ITALIA
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Domenica e lunedì l'Associazione ITALIA ha partecipato alle riprese di un documentario sulla fortificazione permanente di Passo Resia, a cura della Cooperativa per la formazione e lo sviluppo regionale (GWR) di Spondigna; le riprese del giovane regista Hans Hofer si sono svolte nelle varie opere fortificate, i cui interni, dal 1992 non sono mai stati oggetto di una completa indagine fotografica con il "valore aggiunto" della rievocazione storica, voluta dal consulente storico della produzione, il Colonnello Licio Mauro, ultimo comandante della fortificazione permanente in Alto Adige, che ringraziamo.

Desideriamo ringraziare inoltre Herr Josef Hofer, il regista Hans Hofer e il suo staff, Albrecht, Florian, l'Assessore di Resia (Reschen), Herr Albert e il personale del bel Hotel Seehotel di Resia, e le altre persone che hanno collaborato al progetto.

sabato 19 giugno 2010

PROTOTIPI E PROGETTI DELLA REGIA AERONAUTICA, di Daniele Lembo



Un nuovo libro di Daniele Lembo
"PROTOTIPI E PROGETTI DELLA REGIA AERONAUTICA”

E’ in uscita, per i tipi dell’Istituto Bibliografico Napoleone, il nuovo libro di Daniele Lembo, dal titolo “Prototipi e progetti della Regia Aeronautica”.
Sulle vicende militari italiane del secondo conflitto mondiale esiste una serie di vere e proprie leggende, che hanno trasformato la storia di quella guerra in una sorta di favola.
La seconda guerra mondiale è accettata dalla vulgata come il conflitto affrontato dagli italiani, unicamente con le scarpe di cartone, i bidoni di benzina pieni d’acqua e i carri armati “scatolette di sardine”.
Anche l’apporto dato dalla Regia Aeronautica allo scontro ha risentito, in maniera pesante, di un approccio a quelle vicende che spesso falsa la verità dei fatti.
Sono in molti a credere, ancora oggi, che l’Arma Azzurra abbia preso parte alla seconda guerra mondiale con una dotazione di velivoli risalenti alla Grande Guerra.
La realtà è ben diversa: in quegli anni, la sperimentazione aeronautica in Italia, pur non raggiungendo i livelli e i risultati dell’alleata Germania, diede alcuni frutti di rilievo. L’industria aeronautica nazionale, malgrado alcune pecche, prima fra tutte l’incapacità a produrre un potente motore di originale progettazione e costruzione interamente nazionale, esperì vari tentativi per fornire velivoli e armi che fossero idonei a competere con quelle in uso al nemico.
Il nuovo volume di Lembo indaga proprio su quelle che furono “le armi segrete della Regia Aeronautica”, ovvero fino a che punto arrivò, in Italia, la sperimentazione nel campo militare aeronautico.
L’autore, inizia con l’analizzare quelli che furono i progetti nazionali nel campo della propulsione a reazione, partendo da quelli realizzati, come l’aviorazzo Cattaneo Magni “RR” e il Campini Caproni, fino a esplorare le idee che rimasero solo sulla carta, come il Caproni Ca 183 bis e il Re 2005R. Il capitolo si chiude con l’analisi di una chimera aeronautica, il Reggiane Re2007 che per l’autore è un vero e proprio “aereo chiamato desiderio”.
Si passa poi alla disamina di alcuni interessanti caccia a elica come il caccia canard Sai SS4, gli intercettori pesanti bifusoliera e alcuni prototipi destinati al bombardamento a tuffo. Tra questi, vi è l’ultimo aerosilurante di Alessandro Marchetti, il Siai Marchetti SM 93, un aereo monomotore che vedeva il pilota in posizione prona, anziché nella canonica posizione seduta.
Infine, si tratta delle “armi segrete” per la Regia Aeronautica, dove sono elencate una panoplia di ordigni che, benché realizzati e prodotti in serie, trovarono un modesto impiego da parte della R.A..
Sono descritti i velivoli radiocomandati, vari tipi di bombe “alate”, il sistema d’arma Reggiane 2001 G.V. e la Motobomba f.f. (f.). La Motobomba, lanciata a mezzo paracadute nei porti avversari o in prossimità di concentrazioni di navi nemiche, una volta in acqua, grazie a un sistema di eliche, iniziava a navigare con una traiettoria a spirale, fino a impattare contro uno scafo nemico. Poco usata dagli italiani, trovò ampio impiego da parte dei tedeschi.
Il volume si chiude con “I piani segreti della Regia Aeronautica”, un capitolo dedicato ai piani dell’Arma azzurra per colpire il Nord America.
Un volume di prezzo contenuto, snello e d’interesse per studiosi, semplici appassionati o anche solo per chi ne volesse sapere di più su quegli anni e su quel conflitto.

Daniele Lembo, PROTOTIPI E PROGETTI DELLA REGIA AERONAUTICA, Istituto Bibliografico Napoleone, ROMA -Via dei Marsi 53/55 Roma
COSTO EURO 14

venerdì 18 giugno 2010

6 giugno 1906 - 6 giugno 2010 104° Anniversario della nascita del Comandante Junio Valerio Borghese



Il nipote del Comandante con il piccolo Junio Valerio

Valerio Borghese e il Marò Franco Grazioli del Btg. Lupo della Xa Flottiglia Mas


Riceviamo e pubblichiamo:

6 giugno 1906 - 6 giugno 2010
104° Anniversario della nascita del Comandante Junio Valerio Borghese
- Xa Flottiglia Mas 1941-1945 -


La solenne cerimonia, in forma strettamente privata, si è svolta per la prima volta nella cripta della famiglia Borghese, sotto la Basilica, in Roma, di Santa Maria Maggiore.
In un ambiente intriso di storia secolare, tra raffinate decorazioni marmoree e al cospetto di due Papi, Clemente VIII e Paolo V, il Cappellano ufficiale Monsignor Cucuzza ha celebrato la S.S. Messa, ricordando il Comandante Junio Valerio durante l'Omelia.
Alcuni dei presenti hanno ricevuto il Sacramento della Comunione.

Hanno partecipato all'evento non più di una trentina di persone, tra le quali molteplici personalità di Associazioni Combattentistiche, alcuni giovani e diversi veterani e parenti stretti degli stessi, appartenenti alla Xa Flottiglia Mas, di cui Borghese, il primo maggio del 1943, divenne Comandante in capo.
Una bandiera tricolore e molti baschi amaranto e grigio-verde hanno profondamente rappresentato tutto intorno quegli alti valori della patria e dell'onore tanto cari al Comandante.
Era inoltre presente, con i suoi genitori, un piccolo bimbo di nome Junio Valerio, proprio in onore del Principe Junio Valerio.

Il veterano Marò del Btg. Lupo Franco Grazioli, molto legato alla famiglia Borghese, ha letto la Preghiera del Marinaio seguita dal grido unisono “Decima Marinai! Decima Comandante!” ed ha poi recitato alcune toccanti parole in ricordo del suo Comandante.

E' seguita la deposizione di una piccola corona d'alloro ai piedi del loculo dove riposa il Principe Junio Valerio Borghese, accanto alla sua amata moglie Daria, e lì ognuno dei presenti ha potuto rendergli omaggio attraverso un pensiero e un momento di raccoglimento.

Roma, 6 giugno 2010

“Ogni pensiero della mente, ogni palpito del cuore, ogni azione del braccio
sempre
al servizio della Patria, l'Italia Nostra!”
J V Borghese

giovedì 17 giugno 2010

Nuovi numeri StoriaVerità


Dopo una pausa di 4 mesi dovuta a problemi tecnici,

STORIA VERITA’ riprende il suo cammino.

Allego le ultime due COVER (i corrispettivi numeri sono usciti). Fra una decina di giorni seguiranno altri due numeri che ci consentiranno di colmare il tempo perduto.

Grazie per l’attenzione

Alberto Rosselli
Enzo Cipriano

SOSTENETE STORIAVERITA'!
Info e abbonamenti:
ross.alberto@alice.it
ordini@libreriaeuropa.it

mercoledì 16 giugno 2010

martedì 8 giugno 2010

Ausiliaria Raffaella Duelli presente!






Ieri una delegazione dell'Associazione ITALIA (Lombardi, Buongirolami, Colloredo) e del Centro Studi Militari RSI di Latina (Sala) ha prestato omaggio alla nostra amica Raffaella, che riposa al Verano, e ai caduti del Btg. Barbarigo.
Ausiliaria Scelta Raffaella Duelli presente!

Il Comandante Bardelli

Il Comandante Bardelli
Rara foto in divisa da Ufficiale della Regia Marina

Il Comandante Bardelli

Il Comandante Bardelli
A Nettuno, nel Btg. Barbarigo della Xa MAS

Il Comandante Bardelli

Il Comandante Bardelli
Assieme ai suoi marò del Barbarigo

Decima MAS

Decima MAS
Ufficiali del Btg. Maestrale (poi Barbarigo): Tognoloni, Cencetti, Posio, Riondino...

MAS a Nettuno affondano un Pattugliatore americano

MAS a Nettuno affondano un Pattugliatore americano
L'azione di Chiarello e Candiollo in copertina all'Illustrazione del Popolo del 19 marzo 1944