È
morto ieri, all'età di 83 anni, Franco Grechi, tra i più giovani
aderenti alla RSI quale dodicenne mascotte del Battaglione Barbarigo
della Decima Flottiglia MAS.
Nato
nel 1932, e con il padre ufficiale, nel febbraio 1944, infatti, il
giovanissimo Grechi si presentò all'ufficio arruolamento della Xa
MAS a La Spezia, chiedendo di essere arruolato in quel corpo militare
che non aveva abbassato la bandiera, rimandendo in armi e
guadagnandosi il rispetto dei tedeschi, che ritenevano, non a torto,
di essere stati traditi dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943.
Davanti all'incredulità dell'ufficiale di giornata, il quale
ovviamente, seppur comprendendo le ragioni ideali di quel gesto,
stava respingendo il ragazzino che gli si era parato davanti, Grechi,
pur di farsi arruolare, si inventò di essere rimasto orfano dopo un
bombardamento Alleato (ipotesi purtroppo realistica, viste le decine
di migliaia di civili italiani rimasti uccisi dalle bombe dei
“Liberatori”) e di non aver nessuno da cui andare, e nelle parole
di Grechi “Lui prese per buona la bugia; sentiti altri pareri fu
deciso di adottarmi: non potevano mica cacciare un povero ofano!”.
Così
Grechi fu arruolato, rivestito di una uniforme grigioverde “su
misura” e fregiato dello scudetto da braccio della Xa MAS: quello
scudetto con la X rossa e il teschio con la rosa in bocca, “perché
la morte per noi è una cosa bella profumata... come una rosa!”,
nelle parole della Medaglia d'Oro al Valor Militare comandante
Salvatore Todaro, caduto in missione nel 1942.
E
quando alla fine del mese il Barbarigo partì per la testa di ponte
di Nettuno, prima unità militare della RSI a andare al fronte, dove
infuriavano i combattimenti tra i tedeschi e le forze Alleate lì
sbarcate, il marò Grechi seguì i suoi camerati verso il nemico.
Ovviamente,
gli ufficiali del reparto tennero il marò-bambino presso il comando
di Battaglione, per preservarlo dai combattimenti in prima linea:
tuttavia, Grechi sopportò per mesi e senza cedere gli attacchi aerei
e d'artiglieria, la fame, la carenza di sonno, il freddo e le
intemperie di quell'inverno, prove che avrebbero spezzato uomini ben
più forti di quel ragazzino.
Poi
venne lo sfondamento Alleato, e la ritirata verso Roma e il ritorno a
La Spezia dei superstiti del Battaglione, poco più di cinquecento
sui mille partiti: i ragazzi del Barbarigo aveva pagato con 200
morti, 200 feriti e 100 dispersi il suo ostinarsi a non cedere
davanti al “rullo compressore” Alleato davanti a Roma.
Ecco
come Franco Grechi ricordava questo periodo in una intervista
rilasciata anni fa (in Daniele Lembo, I fantasmi di Nettunia, Roma,
2000).
Dov'era
alla data dell'8 settembre 1943 e che cosa ha provato all'annuncio
della resa?
“A
casa. Una grande vergogna”.
Dopo
l'8 settembre 1943 in quale reparto si è arruolato e perché?
“Reparto
di arruolamento Barbarigo Xa MAS – San Bartolomeo – La Spezia.
Mascotte
a causa dell'età minorile e figlio di ufficiale”.
Se
è stato impiegato sul fronte di Anzio-Nettuno quali sono i suoi
ricordi di quei giorni e di quei fatti d'arme?
“Giornate
tremende, spirito elevatissimo e grande cameratismo. Zona Lago
Fogliano”.
Dopo
l'8 settembre 1943 ha mai creduto che gli italo tedeschi potessero
ancora vincere la guerra e se non lo ha creduto perché ha continuato
a combattere?
“Minime
le speranze di vittoria, ma si combatteva per l'onore”.
Dopo
la guerra, Grechi rimase una figura di spicco nell'ambiente dei
veterani della RSI, e in specie tra gli ex combattenti della Xa MAS,
contribuendo con la sua orgogliosa testimonianza a tener vivo il
ricordo di quei combattenti dell'Onore e delle loro battaglie.
Lo
ricordiamo con le parole del comandante del Battaglione Barbarigo,
MOVM della RSI e MAVM Umberto Bardelli, ucciso dai partigiani nel
luglio 1944:
"Nessuno
di voi è morto finché noi non moriremo tutti.
E
fino a quando sarà in piedi uno del 'Barbarigo' lo sarete anche
voi".
I
funerali si terranno oggi 25 settembre, a Genova, Chiesa di S.
Francesco d'Albaro, alle 11.45.
Andrea
Lombardi
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