L’attuale inasprirsi della tensione tra gli USA e l’Iran, con l’invio di una Task Force della US Navy nello stretto di Hormuz ha un precendente nell’aggressivo intervento americano nel Golfo Persico durante la Guerra tra Iran-Iraq (1980-1988), che portò a una serie di scontri tra le forze aeronavali americane e iraniane, culminati nell’operazione Praying Mantis, definita la maggior battaglia della US Navy dopo la seconda guerra mondiale; di seguito, un estratto dal libro La guerra dimenticata – Il conflitto Iran-Iraq 1980-1988, a cura di Andrea Lombardi, ITALIA Storica, Genova 2011, pp. 93-96, ricostruente questi avvenimenti.
Il coinvolgimento degli Stati Uniti [nel Golfo Persico] fu confermato il 17 maggio 1987, quando un attacco missilistico iracheno colpì la USS Stark[1], nel quale persero la vita 37 membri dell’equipaggio. Baghdad porse le sue scuse, dichiarando che l’attacco era stato un errore. Ironicamente, Washington usò l’incidente della Stark per incolpare l’Iran dell’escalation della guerra, e inviò diverse navi da guerra nel Golfo Persico per scortare undici petroliere del Kuwait alle quali era stata “cambiata bandiera” con la bandiera americana e equipaggi americani. L’Iran si trattenne dall’attaccare direttamente la forza navale americana, ma impiegò varie forme di disturbo, incluse mine, attacchi “mordi e fuggi” di piccole motovedette e imbarcazioni veloci, e operazioni periodiche di controlli in alto mare. In diverse occasioni, Teheran lanciò i suoi missili antinave cinesi Silkworm[2] dalla penisola di Al Faw verso il Kuwait. Gli USA risposero con una operazione segreta denominata Prime Chanche, dove elicotteri leggeri MH-6 e OH-6 “Killer Eggs”[3] pesantemente armati iniziarono a compiere delle missioni notturne da delle navi della U.S. Navy e da chiatte da carico modificate. Il 21 settembre 1987, un elicottero rilevò un mezzo da sbarco iraniano, l’Iran Ajr[4] e lo attaccò con la Minigun di bordo e con razzi, uccidendo tre uomini dell’equipaggio: secondo i piloti dell’U.S. Army, il battello stava posando delle mine. L’Ajr fu quindi abbordato, e dopo aver confermato la presenza di mine marine tipo M-08 a bordo fu affondato da un team di U.S. Navy SEAL intervenuti dopo l’attacco. Quando le forze iraniane colpirono nell’ottobre 1987 la petroliera Sea Isle City, alla quale era stata “cambiata bandiera”, Washington replicò il 19 ottobre attaccando con i Destroyer lanciamissili Young, Hoel, Kidd e Leftwich le piattaforme petrolifere iraniane del complesso di Resalat e Reshadat: secondo gli americani, gli attacchi aeronavali iraniani erano diretti dalle piattaforme. In un’ora e mezza i cacciatorpediniere americani spararono contro le piattaforme un totale di 1.000 proiettili da 127 mm, distruggendo completamente la piattaforma R-7 e danneggiando gravemente la R-4: lo scopo dell’attacco era evidentemente anche di danneggiare le capacità estrattive iraniane. Il 14 aprile 1988 ci fu poi l’avvenimento che portò al maggiore scontro tra USA e Iran della guerra: la Fregata Samuel B. Roberts[5], durante un pattugliamento nel Golfo Persico scoprì di essersi inoltrata in uno sbarramento di mine non precedentemente rilevato; manovrando per uscirne urtò in una mina, che esplose danneggiando gravemente l’unità, che riuscì a tornare in porto. L’esame di una delle mine in seguito dragate dagli americani rivelò un numero di serie simile a quelli delle mine trovate sull’Ajr. La U.S. Navy decise così di intraprendere una imponente azione di rappresaglia, l’Operazione Praying Mantis, concepita per attirare fuori dai propri porti parte del naviglio della Marina da Guerra iraniana, e in particolare la Fregata Sabalan, che si era distinta nei mesi precedenti nella “Guerra delle petroliere”. Il 18 aprile 1988, due gruppi di superficie americani attaccarono delle piattaforme petrolifere iraniane al largo di Sirri nell’intento di provocare la reazione delle navi iraniane ancorate nel porto di Bandar Abbas, mentre un terzo gruppo rimaneva in agguato. Le piattaforma a Sirri fu bombardata dalle unità navali, e la piattaforma di Sassan fu attaccata da AH-1 Cobra dei Marines con missili TOW e poi abbordata da Marines e SEAL trasportati da elicotteri birotore CH-46 che posero delle cariche da demolizione; l’equipaggio della piattaforma fu catturato. La prima risposta iraniana fu l’attacco della vedetta lanciamissili Joshan, che lanciò un missile antinave alla nave capofila del terzo gruppo, l’Incrociatore lanciamissili Wainwright, che sviò il missile con un lancio di chaff[6], e rispose al fuoco assieme alle Fregate Simpson e Bagley, distruggendo e affondando la Joshan. Quindi, alcuni aerei da bombardamento A-6E Intruder della portaerei USS Enterprise attaccarono con delle CBU[7] dei barchini iraniani nel Golfo, affondandone uno e danneggiandone altri. Poco dopo, la Fregata Sahand, unità gemella della Sabalan[8], fu scoperta mentre stava attraversando il Golfo diretta verso delle piattaforme petrolifere degli Emirati Arabi Uniti. La nave fu attaccata da aerei A6-E che la colpirono con due missili antinave AGM-84 Harpoon, bombe razzo Skipper, una bomba a guida laser Walleye e diverse bombe da 454 Kg., nonostante la sua difesa contraerea lanciasse diversi SAM, sviati dalle contromisure elettroniche degli aerei americani. La Sahand, in fiamme, fu finita da un Harpoon lanciato dal Destroyer Joseph Strauss. Dopo diverse ore dall’inizio dei combattimenti anche la Sabalan fu ingaggiata dagli aerei americani, dopo aver salpato dal porto di Bandar Abbas. Verso le 17.00 una formazione di A-6E eluse i SAM lanciati dall’unità e la colpì con una GBU da 227 Kg., che la immobilizzò; a questo punto da Washington si decise di sospendere gli attacchi, e la Sabalan fu rimorchiata a Bandar Abbas da dei rimorchiatori iraniani. L’entità degli attacchi americani contro l’Iran durante l’Operazione Praying Mantis rende ancora più evidente il “doppio standard” americano nel Golfo, considerando che dopo qualche settimana dal grave incidente della Stark, l’Iraq, senza essere sfiorato dalla benché minima rappresaglia USA, riprese tranquillamente i suoi raid contro le petroliere, spostando i suoi attacchi ancor più a sud, vicino allo stretto di Hormuz. Washington giocò poi un ruolo centrale nel dar forma alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 598[9] sulla guerra del Golfo Persico, approvata all’unanimità il 20 luglio; i tentativi occidentali di isolare l’Iran furono però frustrati quando Teheran rigettò la risoluzione poiché non soddisfaceva la richiesta iraniana che l’Iraq dovesse essere punito per aver iniziato il conflitto.
[1] La USS Stark, una Fregata lanciamissili classe O. H. Perry da 4.200 tonnellate, fu attaccata da un Mirage F-1 che lanciò due missili Exocet mentre la nave americana stava trasmettendo un messaggio radio d’avvertimento all’aereo iracheno. I missili non furono individuati dai radar di scoperta, e colpirono ambedue la nave, casuando gravi danni. Gli iracheni riferirono che il loro pilota era stato punito con la pena di morte per l’errore, ma la circostanza fu in seguito smentita. [2] HY-2 Haiying/C-201 Silkworm: missile antinave con guida a radar attivo nella fase finale, velocità 850 Km/h, raggio d’azione 200 Km, testata 513 Kg. Il Silkworm, fornito dalla Cina, fu impiegato nel conflitto sia dall’Iran che dall’Iraq. I missili lanciati dall’Iran dal 1987 non furono indirizzati solo contro navi, ma anche contro i terminal petroliferi del Kuwait. Dotato di una testata di notevole potenza, il missile a seconda delle versioni può essere lanciato da terra, da una nave o da un aereo (missile C-601). [3] Elicotteri leggeri da ricognizione, velocità 240 Km/h, tangenza pratica 2.225 metri, raggio d’azione oltre 595 Km armati di una mitragliatrice a canne rotanti da 7.62 mm General Electric M-134 Minigun, razzi e missili controcarro TOW. [4] Unità da sbarco appartenente in passato Marina da Guerra giapponese, lunghezza 54 metri, 614 tonnellate di dislocamento. [5] Fregata classe Oliver Hazard Perry, dislocanti a pieno carico 4.200 tonnellate, velocità 29 nodi e armate con un cannone da 76 mm, missili SAM Standard SM-1 e ASM Harpoon. [6] Strisce di materiale radar riflettente, atte a creare una falsa immagine radar. [7] Cluster Bomb Unit, bombe a grappolo. [8] Fregate lanciamissili classe Vosper Mark V, denominate dalla Marina da guerra iraniana classe Saam, costruite in Inghilterra dalla Vosper Thorneycroft e varate tra il 1968 e il 1969, dislocanti a pieno carico 1.540 tonnellate, velocità 39 nodi e armate in origine di cannone da 114 mm, missili ASM Sea Killer e SAM Sea Cat. [9] Vedi appendice.
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La guerra dimenticata
Il conflitto Iran-Iraq, 1980-1988
a cura di Andrea Lombardi
In questo libro la storia del conflitto Iran-Iraq è ricostruita dai saggi La guerra Iran-Iraq, 1980-1988 di Saskia M. Gieling, dove sono approfonditi gli antefatti storici delle ostilità tra Iraq e Iran, il contesto politico e gli sviluppi diplomatici durante il corso del conflitto, Storia militare della guerra Iran-Iraq, 1980-1988 a cura di Carlo Lagomarsino e Andrea Lombardi, che tratta in dettaglio l’organizzazione militare e le operazioni belliche delle due nazioni, analizzando i vari momenti della guerra, dall’offensiva irachena iniziale alle controffensive iraniane, dagli anni della guerra di posizione ai bombardamenti aerei e missilistici sui centri abitati (la “Guerra delle città”) e sul traffico navale nel Golfo (la “Guerra delle petroliere”), toccando poi punti controversi come la guerra chimica e l’intervento americano nel conflitto. Il saggio Le armi chimiche di Javed Ali, espone poi l’evoluzione del programma di armi chimiche iracheno, il loro uso sul campo contro l’Iran e contro i curdi, le reazioni dell’ONU e degli Stati Uniti, mentre Gli Stati Uniti e la guerra Iran-Iraq di Stephen R. Shalom analizza polemicamente ma con accuratezza la politica americana nel Golfo Persico: le manovre diplomatiche per accrescere la presenza militare USA nella regione, l’appoggio dato all’Iraq, le forniture di armi all’Iran (lo scandalo Iran-Contra), e le operazioni aggressive dell’US Navy, culminate nell’Operazione Praying Mantis, definita all’epoca la maggiore operazione aeronavale statunitense dalla seconda guerra mondiale, e la strage di civili nell’abbattimento da parte di una nave da guerra americana di un aereo di linea Airbus iraniano. Sono incluse numerose fotografie dei combattimenti terrestri, aerei e navali e dei mezzi impiegati, e diverse immagini inedite in Italia sui terribili effetti degli aggressivi chimici iracheni sui civili iraniani e curdi.In appendice, il testo della Risoluzione ONU 598 che pose fine al conflitto e l’elenco delle aziende che contribuirono allo sviluppo delle armi chimiche, batteriologiche e nucleari irachene.
F.to 17x24, brossura, 262 pagine, completamente illustrato con 182 fotografie a colori (la maggior parte inedite in Italia), mappe e profili, Euro 32,00.
Recensione sul mensile "Storia in Rete"
http://associazioneitalia.blogspot.com/2011/04/la-guerra-dimenticata-sul-mensile.html
Recensione sul "Secolo d'Italia"
http://associazioneitalia.blogspot.com/2011/03/il-libro-la-guerra-dimenticata-il.html
Edito da Associazione ITALIA Storica, Genova 2011.
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Il coinvolgimento degli Stati Uniti [nel Golfo Persico] fu confermato il 17 maggio 1987, quando un attacco missilistico iracheno colpì la USS Stark[1], nel quale persero la vita 37 membri dell’equipaggio. Baghdad porse le sue scuse, dichiarando che l’attacco era stato un errore. Ironicamente, Washington usò l’incidente della Stark per incolpare l’Iran dell’escalation della guerra, e inviò diverse navi da guerra nel Golfo Persico per scortare undici petroliere del Kuwait alle quali era stata “cambiata bandiera” con la bandiera americana e equipaggi americani. L’Iran si trattenne dall’attaccare direttamente la forza navale americana, ma impiegò varie forme di disturbo, incluse mine, attacchi “mordi e fuggi” di piccole motovedette e imbarcazioni veloci, e operazioni periodiche di controlli in alto mare. In diverse occasioni, Teheran lanciò i suoi missili antinave cinesi Silkworm[2] dalla penisola di Al Faw verso il Kuwait. Gli USA risposero con una operazione segreta denominata Prime Chanche, dove elicotteri leggeri MH-6 e OH-6 “Killer Eggs”[3] pesantemente armati iniziarono a compiere delle missioni notturne da delle navi della U.S. Navy e da chiatte da carico modificate. Il 21 settembre 1987, un elicottero rilevò un mezzo da sbarco iraniano, l’Iran Ajr[4] e lo attaccò con la Minigun di bordo e con razzi, uccidendo tre uomini dell’equipaggio: secondo i piloti dell’U.S. Army, il battello stava posando delle mine. L’Ajr fu quindi abbordato, e dopo aver confermato la presenza di mine marine tipo M-08 a bordo fu affondato da un team di U.S. Navy SEAL intervenuti dopo l’attacco. Quando le forze iraniane colpirono nell’ottobre 1987 la petroliera Sea Isle City, alla quale era stata “cambiata bandiera”, Washington replicò il 19 ottobre attaccando con i Destroyer lanciamissili Young, Hoel, Kidd e Leftwich le piattaforme petrolifere iraniane del complesso di Resalat e Reshadat: secondo gli americani, gli attacchi aeronavali iraniani erano diretti dalle piattaforme. In un’ora e mezza i cacciatorpediniere americani spararono contro le piattaforme un totale di 1.000 proiettili da 127 mm, distruggendo completamente la piattaforma R-7 e danneggiando gravemente la R-4: lo scopo dell’attacco era evidentemente anche di danneggiare le capacità estrattive iraniane. Il 14 aprile 1988 ci fu poi l’avvenimento che portò al maggiore scontro tra USA e Iran della guerra: la Fregata Samuel B. Roberts[5], durante un pattugliamento nel Golfo Persico scoprì di essersi inoltrata in uno sbarramento di mine non precedentemente rilevato; manovrando per uscirne urtò in una mina, che esplose danneggiando gravemente l’unità, che riuscì a tornare in porto. L’esame di una delle mine in seguito dragate dagli americani rivelò un numero di serie simile a quelli delle mine trovate sull’Ajr. La U.S. Navy decise così di intraprendere una imponente azione di rappresaglia, l’Operazione Praying Mantis, concepita per attirare fuori dai propri porti parte del naviglio della Marina da Guerra iraniana, e in particolare la Fregata Sabalan, che si era distinta nei mesi precedenti nella “Guerra delle petroliere”. Il 18 aprile 1988, due gruppi di superficie americani attaccarono delle piattaforme petrolifere iraniane al largo di Sirri nell’intento di provocare la reazione delle navi iraniane ancorate nel porto di Bandar Abbas, mentre un terzo gruppo rimaneva in agguato. Le piattaforma a Sirri fu bombardata dalle unità navali, e la piattaforma di Sassan fu attaccata da AH-1 Cobra dei Marines con missili TOW e poi abbordata da Marines e SEAL trasportati da elicotteri birotore CH-46 che posero delle cariche da demolizione; l’equipaggio della piattaforma fu catturato. La prima risposta iraniana fu l’attacco della vedetta lanciamissili Joshan, che lanciò un missile antinave alla nave capofila del terzo gruppo, l’Incrociatore lanciamissili Wainwright, che sviò il missile con un lancio di chaff[6], e rispose al fuoco assieme alle Fregate Simpson e Bagley, distruggendo e affondando la Joshan. Quindi, alcuni aerei da bombardamento A-6E Intruder della portaerei USS Enterprise attaccarono con delle CBU[7] dei barchini iraniani nel Golfo, affondandone uno e danneggiandone altri. Poco dopo, la Fregata Sahand, unità gemella della Sabalan[8], fu scoperta mentre stava attraversando il Golfo diretta verso delle piattaforme petrolifere degli Emirati Arabi Uniti. La nave fu attaccata da aerei A6-E che la colpirono con due missili antinave AGM-84 Harpoon, bombe razzo Skipper, una bomba a guida laser Walleye e diverse bombe da 454 Kg., nonostante la sua difesa contraerea lanciasse diversi SAM, sviati dalle contromisure elettroniche degli aerei americani. La Sahand, in fiamme, fu finita da un Harpoon lanciato dal Destroyer Joseph Strauss. Dopo diverse ore dall’inizio dei combattimenti anche la Sabalan fu ingaggiata dagli aerei americani, dopo aver salpato dal porto di Bandar Abbas. Verso le 17.00 una formazione di A-6E eluse i SAM lanciati dall’unità e la colpì con una GBU da 227 Kg., che la immobilizzò; a questo punto da Washington si decise di sospendere gli attacchi, e la Sabalan fu rimorchiata a Bandar Abbas da dei rimorchiatori iraniani. L’entità degli attacchi americani contro l’Iran durante l’Operazione Praying Mantis rende ancora più evidente il “doppio standard” americano nel Golfo, considerando che dopo qualche settimana dal grave incidente della Stark, l’Iraq, senza essere sfiorato dalla benché minima rappresaglia USA, riprese tranquillamente i suoi raid contro le petroliere, spostando i suoi attacchi ancor più a sud, vicino allo stretto di Hormuz. Washington giocò poi un ruolo centrale nel dar forma alla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 598[9] sulla guerra del Golfo Persico, approvata all’unanimità il 20 luglio; i tentativi occidentali di isolare l’Iran furono però frustrati quando Teheran rigettò la risoluzione poiché non soddisfaceva la richiesta iraniana che l’Iraq dovesse essere punito per aver iniziato il conflitto.
[1] La USS Stark, una Fregata lanciamissili classe O. H. Perry da 4.200 tonnellate, fu attaccata da un Mirage F-1 che lanciò due missili Exocet mentre la nave americana stava trasmettendo un messaggio radio d’avvertimento all’aereo iracheno. I missili non furono individuati dai radar di scoperta, e colpirono ambedue la nave, casuando gravi danni. Gli iracheni riferirono che il loro pilota era stato punito con la pena di morte per l’errore, ma la circostanza fu in seguito smentita. [2] HY-2 Haiying/C-201 Silkworm: missile antinave con guida a radar attivo nella fase finale, velocità 850 Km/h, raggio d’azione 200 Km, testata 513 Kg. Il Silkworm, fornito dalla Cina, fu impiegato nel conflitto sia dall’Iran che dall’Iraq. I missili lanciati dall’Iran dal 1987 non furono indirizzati solo contro navi, ma anche contro i terminal petroliferi del Kuwait. Dotato di una testata di notevole potenza, il missile a seconda delle versioni può essere lanciato da terra, da una nave o da un aereo (missile C-601). [3] Elicotteri leggeri da ricognizione, velocità 240 Km/h, tangenza pratica 2.225 metri, raggio d’azione oltre 595 Km armati di una mitragliatrice a canne rotanti da 7.62 mm General Electric M-134 Minigun, razzi e missili controcarro TOW. [4] Unità da sbarco appartenente in passato Marina da Guerra giapponese, lunghezza 54 metri, 614 tonnellate di dislocamento. [5] Fregata classe Oliver Hazard Perry, dislocanti a pieno carico 4.200 tonnellate, velocità 29 nodi e armate con un cannone da 76 mm, missili SAM Standard SM-1 e ASM Harpoon. [6] Strisce di materiale radar riflettente, atte a creare una falsa immagine radar. [7] Cluster Bomb Unit, bombe a grappolo. [8] Fregate lanciamissili classe Vosper Mark V, denominate dalla Marina da guerra iraniana classe Saam, costruite in Inghilterra dalla Vosper Thorneycroft e varate tra il 1968 e il 1969, dislocanti a pieno carico 1.540 tonnellate, velocità 39 nodi e armate in origine di cannone da 114 mm, missili ASM Sea Killer e SAM Sea Cat. [9] Vedi appendice.
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La guerra dimenticata
Il conflitto Iran-Iraq, 1980-1988
a cura di Andrea Lombardi
In questo libro la storia del conflitto Iran-Iraq è ricostruita dai saggi La guerra Iran-Iraq, 1980-1988 di Saskia M. Gieling, dove sono approfonditi gli antefatti storici delle ostilità tra Iraq e Iran, il contesto politico e gli sviluppi diplomatici durante il corso del conflitto, Storia militare della guerra Iran-Iraq, 1980-1988 a cura di Carlo Lagomarsino e Andrea Lombardi, che tratta in dettaglio l’organizzazione militare e le operazioni belliche delle due nazioni, analizzando i vari momenti della guerra, dall’offensiva irachena iniziale alle controffensive iraniane, dagli anni della guerra di posizione ai bombardamenti aerei e missilistici sui centri abitati (la “Guerra delle città”) e sul traffico navale nel Golfo (la “Guerra delle petroliere”), toccando poi punti controversi come la guerra chimica e l’intervento americano nel conflitto. Il saggio Le armi chimiche di Javed Ali, espone poi l’evoluzione del programma di armi chimiche iracheno, il loro uso sul campo contro l’Iran e contro i curdi, le reazioni dell’ONU e degli Stati Uniti, mentre Gli Stati Uniti e la guerra Iran-Iraq di Stephen R. Shalom analizza polemicamente ma con accuratezza la politica americana nel Golfo Persico: le manovre diplomatiche per accrescere la presenza militare USA nella regione, l’appoggio dato all’Iraq, le forniture di armi all’Iran (lo scandalo Iran-Contra), e le operazioni aggressive dell’US Navy, culminate nell’Operazione Praying Mantis, definita all’epoca la maggiore operazione aeronavale statunitense dalla seconda guerra mondiale, e la strage di civili nell’abbattimento da parte di una nave da guerra americana di un aereo di linea Airbus iraniano. Sono incluse numerose fotografie dei combattimenti terrestri, aerei e navali e dei mezzi impiegati, e diverse immagini inedite in Italia sui terribili effetti degli aggressivi chimici iracheni sui civili iraniani e curdi.In appendice, il testo della Risoluzione ONU 598 che pose fine al conflitto e l’elenco delle aziende che contribuirono allo sviluppo delle armi chimiche, batteriologiche e nucleari irachene.
F.to 17x24, brossura, 262 pagine, completamente illustrato con 182 fotografie a colori (la maggior parte inedite in Italia), mappe e profili, Euro 32,00.
Recensione sul mensile "Storia in Rete"
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Recensione sul "Secolo d'Italia"
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Edito da Associazione ITALIA Storica, Genova 2011.
Per info e ordini diretti contattare:
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