venerdì 14 maggio 2010

Storia del Novecento



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STORIA DEL NOVECENTO
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giovedì 13 maggio 2010

Un "repubblichino" testimone del Massacro di Setif, tragedia narrata nel film "Hors la loi" presentato a Cannes

Oggi si parla di nuovo del "Massacro di Setif" grazie al film in concorso a Cannes "Hors la loi" di Rachid Bouchareb; testimone di quella tragedia fu Pierluigi Tajana, artigliere alpino prima dell'8 settembre e poi nel Battaglione Barbarigo della Decima MAS, prigioniero in Algeria nel POW Camp 211. Ecco la sua testimonianza, tratta dal suo libro di memorie Il bocia va alla guerra, edito dall'Associazione ITALIA:


Tajana (secondo da sx) sul fronte greco.

Un giorno, di prima mattina, vedemmo passare lungo la strada principale che portava a Costantina, alla massima velocità, camionette, Jeep e autoblinde cariche di soldati. In cielo vedemmo moltissimi aerei e dopo poco sentimmo il rumore di intensi bombardamenti. Ci chiedevamo se fosse stata un’esercitazione; il tutto durò un paio d’ore, poi cessò. Dopo due giorni riuscimmo a sapere cosa era successo dai Padri Bianchi francesi, frati dal saio bianco, probabilmente dell’ordine benedettino, che venivano da noi per assistere i credenti e dire messa. Quel mattino erano molto agitati. Ci raccontarono che a Costantine, una cittadina a duecento chilometri circa da Algeri, c’era stato un massacro di qualche centinaio di arabi. Il finimondo era dovuto a motivi prettamente politici; gli inglesi, alla fine delle ostilità ritenevano che l’Algeria dovesse acquisire la libera nazionalità ed avevano fornito segretamente delle armi. Accordi successivi sancirono che l’Algeria sarebbe rimasta soggetta al governo francese. Gli arabi, insoddisfatti da quel voltafaccia inglese e, per di più armati, erano un continuo pericolo per la presenza Alleata. L’azione di Costantine fu un metodo efficace per rendere attivo il bando di qualche giorno precedente relativo all’obbligo della consegna delle armi da guerra. La pena era il carcere. A Costantine, a seguito della festa del ramadan, si erano adunati gli armati arabi, per dimostrazioni militari; le truppe francesi, che noi avevamo visto passare e sentito poi sparare, fecero uno scempio di quel raduno. Ebbi l’occasione di leggere in quei giorni un giornale algerino scritto in francese; la notizia dell’eccidio di Costantine non era in prima pagina, ma all’interno con titolo: I moti di Costantine troncati sul nascere. Poche righe di commento, nessuna recriminazione. In pochi in Europa penso siano venuti a conoscenza di quel massacro perpetrato a guerra finita [l’otto maggio 1945, a Sétif, località vicino a Costantine, una parata di indipendentisti algerini sfociò in dei disordini che furono duramente repressi dai francesi, che spararono sulla folla uccidendo alcune centinaia di dimostranti. A ciò fecero seguito diversi attacchi degli arabi, che uccisero 102 europei. L’esercito francese entrò allora in azione, uccidendo, secondo le stime più attendibili, dai seimila ai ventimila algerini (in massima parte non coinvolti negli attacchi contro i francesi) a Sétif e Guelma, vicino a Costantina, sia in diversi scontri, condotti anche con l’appoggio aereo, sia con rappresaglie contro intere comunità algerine. Il governo francese ha riconosciuto questi crimini commessi dalle sue FF.AA. solo nel 2005, quando furono definiti una “tragedia ingiustificabile”, NdC].

Dal libro Il bocia va alla guerra, edito da Associazione ITALIA.
Copyright Associazione ITALIA. Tutti i diritti riservati.

mercoledì 12 maggio 2010

Il Barbarigo e il San Giorgio a Nettuno








Il Barbarigo e il San Giorgio a Nettuno
di Guido Bonvicini


Mentre il battaglione Lupo veniva costituito alla caserma di San Bartolomeo e poi passava in Toscana per l'addestramento, il Barbarigo già combatteva al fronte.
Il primo tra i battaglioni che dovevano costituire il Reggimento Fanteria di Marina San Marco era nato a La Spezia all'inizio di gennaio. Ne aveva assunto il comando il Capitano di Corvetta Umberto Bardelli. Delle quattro compagnie su cui era ordinato, due erano state addestrate sul luogo e le altre due, la I e la III, erano state trasferite per l'addestramento a Cuneo, alla caserma San Dalmazzo.
Alla meta di febbraio il battaglione si riunì nuovamente a San Bartolomeo e il giorno 20 partì su torpedoni per il fronte. Itinerario: La Spezia-Firenze-Arezzo-Orvieto-Viterbo-Roma. Durante il viaggio le previste difficolta dal cielo, a Roma sosta di alcuni giorni. Sfilate, discorsi, riprese cinematografiche; alla sera, in libera uscita, botte con gli elegantissimi imboscati della Polizia Africa Italiana. L'ultimo giorno, una specie di pacificazione col dono, da parte degli ufficiali della P.A.I., di simbolici e inutili pugnali di foggia africana. Un non simbolico aiuto ebbe invece in quei giorni il Comandante Bardelli dal Capitano dei Granatieri Marchesi, che gli diede modo di completare l'armamento e l'equipaggiamento del battaglione attingendo ai magazzini della caserma Ferdinando di Savoia.
Americani e inglesi erano sbarcati il 22 gennaio ad Anzio, e solo l'eccessiva prudenza del Generale Lucas, afflitto dal “complesso di Salerno”, aveva loro impedito di arrivare subito a Roma. I tedeschi, dopo la prima affannosa difesa con reparti presi a prestito qua e la, avevano concentrato alcune divisioni e costituito la 14ª Armata, che chiudeva un semicerchio intorno alla testa di sbarco, dal Fosso della Moletta a nord per Aprilia e Cisterna fino al ramo occidentale del Canale Mussolini e quindi ancora alla costa a sud. Ma le due controffensive tedesche, quella da Aprilia (16-20 febbraio) e l'altra da Cisterna (28 febbraio - 1 marzo), non erano riuscite a sfondare le linee degli Alleati. Il fronte si era fermato sulle posizioni raggiunte dopo i due attacchi.
Il Barbarigo arrivò in linea mentre era in corso la seconda controffensiva, e sostò per breve tempo a Sermoneta: dal colle si vedevano le opposte linee, pioveva, e il tempo restò tale fino alla fine di marzo. Il battaglione venne destinato al settore sud, che era tenuto dalla 715ª divisione tedesca di fanteria. Questo reparto aveva partecipato ad entrambe le azioni di contrattacco ed aveva sofferto grosse perdite; il suo comando credette di poter contare sui marò come complementi da distribuire alle compagnie. Non fu facile a Bardelli ottenere che il reparto avesse il suo tratto di fronte, ma alla fine di una lunga discussione i tedeschi accettarono: la I compagnia fu schierata sul tratto alto del Canale Mussolini, la III tra il fosso del Gorgoglicinio e la Strada Lunga, la IV di qui fino al margine delle paludi; la II fu mandata a Sezze per un corso di addestramento.
Le truppe avversarie nel settore del Barbarigo erano quelle del 1° Distaccamento della Special Service Force, un reparto misto, per due terzi americano e un terzo canadese, con una specializzazione e un addestramento corrispondente a quello dei Rangers. Il terreno era perfettamente piatto e paludoso, percorso da un groviglio di canali e fossi di bonifica e di irrigazione, cosparso di poderi e case coloniche; verso sud confinava con una zona boscosa che favoriva le infiltrazioni. Il fronte era fermo, ma nel tratto da Cisterna al mare si prestava alle pattuglie attive e alle puntate avvolgenti, perché le scarse forze che gli opposti schieramenti vi impegnavano non erano in grado di tenere una linea continua. (4)
La prima ad essere attaccata fu la III compagnia e gli americani vi si impegnarono frontalmente; poi si fecero sotto i canadesi, che si dimostrarono soldati piu preparati e aggressivi. La II compagnia diede il cambio alla III. Per tutto il mese di marzo gli avversari si fronteggiarono con incursioni esplorative e offensive. Alla fine del mese la I compagnia lascio il posto alle SS italiane e fu spostata lontano dalla testa di sbarco, a Terracina, per addestramento e sorveglianza costiera; qui subì un attacco di mezzi aeronavali. Contemporaneamente la III compagnia torno in linea davanti al Cerreto Alto, tra la Strada Nascosa e la litoranea.
Intanto il Barbarigo provvedeva a dotarsi di una sua artiglieria e formava la V compagnia Cannoni, che fu armata con pezzi da accompagnamento 65/17 e servita da alcune decine di marò tratti dalle compagnie fucilieri. Piu tardi il comando germanico assegno al Barbarigo alcuni pezzi da campagna italiani. A La Spezia si stava formando il Gruppo di Artiglieria San Giorgio che, come III Gruppo del Reggimento di Artiglieria, doveva essere dotato di pezzi someggiati da 75/13, secondo l'ordinamento che già era stato dell'esercito regio, che contava un gruppo da montagna come terzo di ogni reggimento di artiglieria da campagna.
Il comando Decima fece partire da La Spezia il Tenente di Vascello Carnevale, comandante del gruppo San Giorgio, con i quadri e poco più di cento complementi, in parte ex artiglieri, per prendere in consegna i pezzi e costituire un gruppo di artiglieria da campagna della Decima. L'inizio dell'istruzione dei marinai-artiglieri avvenne durante il viaggio, l'addestramento vero e proprio si sarebbe fatto in linea. Formarono il gruppo una batteria da 105/28, una da 105/32 e una da 75/27, tutte a traino meccanico. I tedeschi avevano consegnato i cannoni coi trattori e basta: al resto provvedessero gli interessati. Il Comandante Carnevale dovette percorrere più volte la strada tra Littoria e Roma a bordo di una vecchia Balilla per procurare al suo gruppo tutto l'occorrente. E un giorno, viste alcune ottime reti mimetiche a protezione delle automobili che stazionavano fuori del Ministero della Guerra, se le portò via tutte spiegando agli ufficiali del ministero che quelle reti servivano meglio nella piana pontina che nella città aperta di Roma.
Il 15 aprile un attacco di mezzi corazzati canadesi al tratto di fronte tenuto dalla I compagnia riuscì ad infiltrarsi profondamente sommergendo due capisaldi. I carri furono arrestati dal tiro dei 65/17 della compagnia Cannoni; i pezzi esaurirono le riserve di granate sparando quattro-cinque colpi al minuto nonostante fossero predisposti per la cadenza di un colpo ogni quaranta secondi; i capisaldi furono riconquistati. Il 19 aprile altro attacco sul fronte della II. Tra la fine di aprile e l'inizio di maggio nuovi cambi in linea: la IV compagnia assumeva il settore già tenuto dalla II, la I dava il cambio alla III che passava a Terracina in sorveglianza costiera.
Il 26 aprile il Comandante Bardelli venne chiamato a La Spezia in vista di un incarico superiore, e cedette il comando del battaglione al Tenente di Vascello Vallauri. Ancora un attacco al fosso del Gorgoglicinio; i marò della IV resistettero sul posto e contrattaccarono. Seguì un periodo di calma in cui prevalse l’attività delle pattuglie esplorative.
Maggio portava il sole e rassodava il terreno. Era quello che Alexander aspettava per lanciare la nuova offensiva. Nelle tre battaglie di Cassino era stato ogni volta fermato, aveva potuto tenere Anzio solo a costo di gravi sacrifici: con la primavera era arrivata l'ora in cui si poteva assestare a Kesselring il colpo definitivo. L'operazione Diadem, predisposta con un'organizzazione che era durata mesi, ebbe il via sul fronte di Cassino alle ore 23 dell'11 maggio 1944. Duemila cannoni iniziarono insieme il fuoco di preparazione; all'alba cinque Corpi d'Armata attaccarono su un fronte tenuto da cinque divisioni tedesche. Dopo una settimana di attacchi gli Alleati cominciarono a vedere i primi frutti del loro sforzo; occorse un'altra settimana prima che si potesse parlare di cedimento del fronte.
All'alba del 23 maggio gli americani attaccarono anche dalla testa di sbarco di Anzio in direzione di Cisterna, impiegando tre divisioni che dovevano puntare su Cori e Valmontone per tagliare la strada statale N. 6 Casilina, principale via di ritirata della 10ª Armata tedesca. Intorno a Cisterna era schierata la 362ª divisione tedesca di fanteria, la quale subì la perdita quasi totale di due dei suoi tre reggimenti di fanteria e alla fine cedette.
Il 24 maggio giunse al battaglione Barbarigo e al Gruppo d'artiglieria San Giorgio l'ordine di ritirarsi, perché le posizioni verso sud stavano per essere tagliate fuori. Si doveva puntare verso i monti perché ormai la via dei colli laziali era chiusa. Le tre compagnie in linea si sganciarono in direzione di Sermoneta e Bassiano impegnandosi in azioni di retroguardia. La II fu duramente attaccata da mezzi corazzati sotto Cisterna, la IV resistette a lungo nell'abitato di Norma. Gli artiglieri del San Giorgio, dopo avere sparato tutte le munizioni, facevano saltare le bocche da fuoco secondo gli ordini, i marinai della compagnia Cannoni del Barbarigo tentavano di trainare a braccia i pezzi piu leggeri. Il Ten. Vasc. Marchesi riuscì a dirigersi in moto verso sud alla ricerca della III compagnia, la quale iniziava il ripiegamento da Terracina, e la guido a ricongiungersi al resto del battaglione.
Il 26 maggio gli americani erano gia ad Artena, a quattro chilometri da Valmontone; qui la 3ª divisione di fanteria trovo resistenza nelle avanguardie della Hermann Goering sopraggiunta in fretta dalla Toscana. Si trattava di unità leggere di esplorazione, (5) ma bastarono per imporre una battuta d'arresto all'attacco. Il Barbarigo, con la difficoltà delle strade intasate e degli aerei in caccia spietata, continuava la sua marcia verso la cresta dei monti Lepini con l'intenzione di portarsi a Montelanico. Forse fu Clark quello che, certo senza volerlo, permise al Barbarigo di arrivare a Roma. A Clark basto il piccolo intoppo incontrato ad Artena per tenersi sciolto dal compito di annientare i tedeschi in ritirata e per autorizzarsi a deviare verso Roma lungo l'Appia e la Via dei Laghi. Voleva passare alla storia come “Colui che conquistò Roma”: ci riuscì, ma dovette permettere che molti dei suoi avversari si ritirassero senza danni. Gli inglesi glielo stanno rimproverando ancor oggi. (6)
Fra il 30 e il 31 maggio i resti del Barbarigo giunsero a piedi a Roma e si raccolsero a Maridist in Piazza Randaccio, dove durante quei mesi aveva funzionato il centro di rifornimento del reparto. Una parte degli uomini poté avere scarpe e divise nuove attingendo al poco che era rimasto. Nella notte sul 2 giugno, il Com. Vallauri e il Com. Bardelli accorso da La Spezia si recarono al comando di un'unita tedesca che fronteggiava gli americani nella zona di Albano: chiesero di tornare a combattere. Il pomeriggio del giorno 4 il Barbarigo ricevette la richiesta di schierarsi a sud della citta, tra la Via Appia e la Tusculana. Circa duecento soldati partirono al crepuscolo e si portarono sul luogo stabilito. La notte trascorse in silenzio nelle campagne bionde di grano. All'alba arrivarono i primi colpi di artiglieria e si sentirono sferragliare da vicino i carri armati che aggiravano la posizione. Ordine di ripiegare: un camion arrivo al momento giusto e fece la spola diverse volte per riportare tutti a Maridist. La caserma era stata saccheggiata. In mezzo al piazzale, tra i resti della distruzione, giaceva sotto una coperta il cadavere di un uomo; nella foga del saccheggio era caduto mentre scendeva la scala sotto il peso di un sacco di zucchero, e s'era rotto il cranio contro i gradini.
I reparti degli Alleati erano entrati in citta alla sera del 4 giugno, primo fra tutti quel 1° Distaccamento della Special Service Force che il Barbarigo aveva fronteggiato per tre mesi. Al mattino del 5 giugno, 187 uomini del Barbarigo si inquadrarono, mantenendo l'ordine delle compagnie e dei plotoni, e si avviarono a piedi per il Lungotevere. Imboccarono la Cassia, passavano colonne tedesche dirette al nord, passo anche la macchina scoperta di Kesselring: il generale si alzo dal sedile a salutare militarmente.
Per evitare l'offesa aerea gli uomini vennero divisi in piccoli gruppi che marciarono separati: appuntamento a La Spezia.

"Il grande assedio di Malta" di F. Balbi su "Storia in rete"




segnaliamo una anticipazione del libro sulla rivista "Storia in rete" di questo mese...


http://www.storiainrete.com/wp-content/uploads/2010/05/pdf-76-81-assedio-di-malta.pdf

lunedì 10 maggio 2010

martedì 4 maggio 2010

Le armi da fuoco e l'arte della guerra in Giappone, di Fosco Baiardi



Questo sintetico studio prende in esame un ampio lasso di tempo della storia giapponese, analizzando le dinamiche indotte nella società e nella struttura militare del Giappone da due importanti incontri con l’Occidente, legati, nella fattispecie, alle dinamiche evolutive dell’arte della guerra e delle sue tecnologie.

Sono trattati ed evidenziati alcuni aspetti di base della genesi della struttura socio-militare giapponese, quindi si esaminano due momenti considerati cruciali per la storia giapponese: l’introduzione delle armi da fuoco occidentali nel 1542 e l’arrivo del commodoro Perry nel 1853.

Caratteristica condivisa da questi eventi è quella di avere avuto grandi conseguenze per la storia del Giappone, plasmandone la cultura e le istituzioni che affronteranno la Seconda guerra mondiale. Sono esaminate le caratteristiche essenziali dell’evento considerato, gli effetti esercitati sugli sviluppi dell’arte militare giapponese, sulle scelte operate nell’ambito delle tecnologie militari e sulle conseguenze politico-sociali.

In appendice, un saggio sulla tecnologia costruttiva dei teppō.

Brossura, f.to 14x21, 82 pag., 11 il b/n e 4 col., Euro 12,00.

Info: ars_italia@hotmail.com

Il Comandante Bardelli

Il Comandante Bardelli
Rara foto in divisa da Ufficiale della Regia Marina

Il Comandante Bardelli

Il Comandante Bardelli
A Nettuno, nel Btg. Barbarigo della Xa MAS

Il Comandante Bardelli

Il Comandante Bardelli
Assieme ai suoi marò del Barbarigo

Decima MAS

Decima MAS
Ufficiali del Btg. Maestrale (poi Barbarigo): Tognoloni, Cencetti, Posio, Riondino...

MAS a Nettuno affondano un Pattugliatore americano

MAS a Nettuno affondano un Pattugliatore americano
L'azione di Chiarello e Candiollo in copertina all'Illustrazione del Popolo del 19 marzo 1944