Giulio Ronchi e Egidio Cateni, 50 anni dopo, presso il muro della casa
(oggi ristrutturata) dietro la Chiesa di Tarnova dove gli slavi fucilarono
diversi Marò del Fulmine, per poi seppellirli frettolosamente nel terreno antistante.
Testimonianza del Marò Mitr. Giulio Ronchi, Compagnia Mitraglieri "Bartoli", Battaglione Barbarigo, Decima MAS.
"Quando la notte del 20 gennaio siamo arrivati sul San Gabriele nel Goriziano, c'erano 20 gradi sotto zero e una bora maledetta. Noi Mitraglieri, chissà perché, eravamo davanti, mentre dovevano essere i Fucilieri ad appostarsi davanti a noi. I Mortaisti invece erano sulla nostra sinistra. Mentre prendevamo posizione scoprimmo un gran numero di trincee, erano quelle della guerra 1915-1918, e anche adesso sono tali e quali. La mia Squadra, formata dal Sc. Franco Merli (Vice Capo Squadra), veterano della RM, armato di FM Breda 30, Orazio Andenna, portatreppiede della Breda 37, nostra arma principale, da me portarma-tiratore della 37, dal mio fraterno amico Giorgio Paladini e da altri Fucilieri portamunizioni, e comandata dal Sergente AU Marco Betti, assente in quel momento) e dal Cte di Plotone 2o Capo Francesco Puggioni, veterano di Nettuno, era appostata sul lato est del San Gabriele: alle nostre spalle c'era Gorizia. A nostra insaputa, proprio dal nostro versante, mentre noi finivamo di sistemarci e scoprivamo reperti della Grande Guerra, stavano salendo verso la vetta centinaia di slavi del IX Korpus di Tito, che intendevano prendere il San Gabriele, accerchiare le nostre forze ed arrivare in vista di Gorizia. Nonostante fossero ormai a poche decine di metri di distanza, noi vedevamo soltanto il nero della notte senza luna, e il biancore della neve, sino a quando Brunetti, un Marò di Genova, si alzò per andare a urinare e dopo aver fatto qualche passo tornò però indietro precipitosamente, dicendoci: "Belin, ci sono delle ombre lì davanti, c'è qualcuno dei nostri?". Noi ci guardammo perplessi e gli dicemmo "Tu sei matto!", ma subito dopo sentimmo delle voci parlare in tedesco nel silenzio della notte. Evidentemente anche chi avevamo davanti nell'oscurità ci aveva sentiti, e tentava di fregarci! Per fortuna c'era Tommasini, un friulano che sapeva sloveno e tedesco, e rapidamente ci disse che sentiva anche parlare sloveno; pochi attimi dopo sentimmo distintamente "Na prej!", ossia "Avanti!" in sloveno, e allora saltammo su e dicemmo "Cacchio! Sono slavi!" e immediatamente, senza ordini, abituati dallo stile da Compagnia di Ventura della Decima a reagire autonomamente, aprimmo il fuoco con la Breda, seguiti subito dalle altre mitragliatrici, puntando le armi verso le voci di quel nemico che non scorgevamo. Anche l'altra Squadra del mio Plotone, accanto a noi, quella con il mitr. Egidio Cateni, il porta treppiedi Tito Montanari, Ravazzini e Renato Tripodi aprì il fuoco seguendo l'esempio della nostra, senza attendere ordini; anzi, sulle prime qualcuno dei nostri Ufficiali ci gridò di cessare il fuoco, perchè credevano stessimo sparando per sbaglio contro dei tedeschi! Subito dopo la prima raffica, mi resi conto che non vedevo dove finivano i miei proiettili, poichè il nemico attaccava dal pendio sottostante alle nostre postazioni, e non riuscivo a dare l'alzo giusto all'arma, così urlavo dietro: "I traccianti! I traccianti!", per farmi portare dai miei camerati le lastrine con i proiettili traccianti; finalmente capirono, e potei aggiustare il tiro efficacemente. Poi qualcuno di noi tirò un razzo illuminante e ormai ad appena una decina di metri vedemmo quella che ci sembrava una marea di nemici agitarsi sulla neve, e con la mitragliatrice li mollammo là! Le nostre mitragliatrici avevano falciato gli slavi. Sparammo tutta la notte, con poi l'intervento dei mortaisti della IV Cp.; la mattina dopo rimanemmo turbati nel vedere i nemici morti davanti alle nostre posizioni. Per uno che va a pisciare abbiamo salvato la baracca, sennò ci avrebbero sommersi. Il Tenente Tajana, Cte della IV Cp Mortai, l'Ufficiale che si trovò a dirigere l'azione, e che in quel frangente ci "rimbrottò" di grave insubordinazione, dopo la guerra, ci disse che senza noi Mitraglieri, quella notte, tutto il Barbarigo, colto di sorpresa, sarebbe finito nelle foibe! Questa è stata l'ultima battaglia del IX Korpus prima di ritirarsi, e quella che gli impedì di infiltrarsi nel Goriziano. Il ricordo che ho più vivido è il freddo che ci faceva ghiacciare il nostro fiato sul passamontagna, formando minuscoli ghiaccioli che rimuovevamo con le mani. Noi eravamo dei ragazzi di 17-18 anni, me lo chiedo ancora adesso come abbiamo fatto a resistere in quelle condizioni.Era un attaccamento fraterno, quasi un amore, che ci teneva uniti in quei frangenti. C'era un attaccamento, non abbiamo mai lasciato indietro nemmeno uno dei nostri morti, anche nella ritirata, perché ti sembrava di perderli del tutto a lasciarli andare". "Poi ci hanno dato il cambio, ma noi Mitraglieri eravamo sempre a dare supporto ai Fucilieri, mi sono trovato con il Valanga e con la Cp Serenissima, con il tutto il mio Plotone compreso la Squadra con il mitr. Egidio Cateni, ci avevano aggregati per portare aiuto al Fulmine a Tarnova per lo sganciamento dall'accerchiamento. Partecipammo anche al recupero dei caduti del Fulmine, mi è toccato vedere dove erano sepolti, dietro il Cimitero, con 20-30 cm di terra. Recuperati i morti li portammo a Gorizia. Mi ricordo che passai tutta una notte di sentinella a vegliare quei caduti, per un ragazzo come me fu un'esperienza molto dura. Rientrati alla Caserma Gotti a Vittorio Veneto fummo poi, con una cerimonia alla Caserma del Castello del Col di Luna a Conegliano, sede delle nostre Ausiliarie SAF Xa, presente anche il nostro Cte Cp Mitr. GM Giorgio Farotti, premiati con Encomi Solenni e furono nominati Sergenti gli AU del nostro Plotone, Augusto Bruzzesi e Benedetto Niccolai, e Egidio Cateni fu nominato Sottocapo e Comandante di Squadra, sostituendo in tale funzione il Secondo Capo Domenico Gravoglio, proveniente dai Mezzi d'Assalto di Superficie, caduto eroicamente in azione a Chiapovano il 24 dicembre 1944".
"Quando la notte del 20 gennaio siamo arrivati sul San Gabriele nel Goriziano, c'erano 20 gradi sotto zero e una bora maledetta. Noi Mitraglieri, chissà perché, eravamo davanti, mentre dovevano essere i Fucilieri ad appostarsi davanti a noi. I Mortaisti invece erano sulla nostra sinistra. Mentre prendevamo posizione scoprimmo un gran numero di trincee, erano quelle della guerra 1915-1918, e anche adesso sono tali e quali. La mia Squadra, formata dal Sc. Franco Merli (Vice Capo Squadra), veterano della RM, armato di FM Breda 30, Orazio Andenna, portatreppiede della Breda 37, nostra arma principale, da me portarma-tiratore della 37, dal mio fraterno amico Giorgio Paladini e da altri Fucilieri portamunizioni, e comandata dal Sergente AU Marco Betti, assente in quel momento) e dal Cte di Plotone 2o Capo Francesco Puggioni, veterano di Nettuno, era appostata sul lato est del San Gabriele: alle nostre spalle c'era Gorizia. A nostra insaputa, proprio dal nostro versante, mentre noi finivamo di sistemarci e scoprivamo reperti della Grande Guerra, stavano salendo verso la vetta centinaia di slavi del IX Korpus di Tito, che intendevano prendere il San Gabriele, accerchiare le nostre forze ed arrivare in vista di Gorizia. Nonostante fossero ormai a poche decine di metri di distanza, noi vedevamo soltanto il nero della notte senza luna, e il biancore della neve, sino a quando Brunetti, un Marò di Genova, si alzò per andare a urinare e dopo aver fatto qualche passo tornò però indietro precipitosamente, dicendoci: "Belin, ci sono delle ombre lì davanti, c'è qualcuno dei nostri?". Noi ci guardammo perplessi e gli dicemmo "Tu sei matto!", ma subito dopo sentimmo delle voci parlare in tedesco nel silenzio della notte. Evidentemente anche chi avevamo davanti nell'oscurità ci aveva sentiti, e tentava di fregarci! Per fortuna c'era Tommasini, un friulano che sapeva sloveno e tedesco, e rapidamente ci disse che sentiva anche parlare sloveno; pochi attimi dopo sentimmo distintamente "Na prej!", ossia "Avanti!" in sloveno, e allora saltammo su e dicemmo "Cacchio! Sono slavi!" e immediatamente, senza ordini, abituati dallo stile da Compagnia di Ventura della Decima a reagire autonomamente, aprimmo il fuoco con la Breda, seguiti subito dalle altre mitragliatrici, puntando le armi verso le voci di quel nemico che non scorgevamo. Anche l'altra Squadra del mio Plotone, accanto a noi, quella con il mitr. Egidio Cateni, il porta treppiedi Tito Montanari, Ravazzini e Renato Tripodi aprì il fuoco seguendo l'esempio della nostra, senza attendere ordini; anzi, sulle prime qualcuno dei nostri Ufficiali ci gridò di cessare il fuoco, perchè credevano stessimo sparando per sbaglio contro dei tedeschi! Subito dopo la prima raffica, mi resi conto che non vedevo dove finivano i miei proiettili, poichè il nemico attaccava dal pendio sottostante alle nostre postazioni, e non riuscivo a dare l'alzo giusto all'arma, così urlavo dietro: "I traccianti! I traccianti!", per farmi portare dai miei camerati le lastrine con i proiettili traccianti; finalmente capirono, e potei aggiustare il tiro efficacemente. Poi qualcuno di noi tirò un razzo illuminante e ormai ad appena una decina di metri vedemmo quella che ci sembrava una marea di nemici agitarsi sulla neve, e con la mitragliatrice li mollammo là! Le nostre mitragliatrici avevano falciato gli slavi. Sparammo tutta la notte, con poi l'intervento dei mortaisti della IV Cp.; la mattina dopo rimanemmo turbati nel vedere i nemici morti davanti alle nostre posizioni. Per uno che va a pisciare abbiamo salvato la baracca, sennò ci avrebbero sommersi. Il Tenente Tajana, Cte della IV Cp Mortai, l'Ufficiale che si trovò a dirigere l'azione, e che in quel frangente ci "rimbrottò" di grave insubordinazione, dopo la guerra, ci disse che senza noi Mitraglieri, quella notte, tutto il Barbarigo, colto di sorpresa, sarebbe finito nelle foibe! Questa è stata l'ultima battaglia del IX Korpus prima di ritirarsi, e quella che gli impedì di infiltrarsi nel Goriziano. Il ricordo che ho più vivido è il freddo che ci faceva ghiacciare il nostro fiato sul passamontagna, formando minuscoli ghiaccioli che rimuovevamo con le mani. Noi eravamo dei ragazzi di 17-18 anni, me lo chiedo ancora adesso come abbiamo fatto a resistere in quelle condizioni.Era un attaccamento fraterno, quasi un amore, che ci teneva uniti in quei frangenti. C'era un attaccamento, non abbiamo mai lasciato indietro nemmeno uno dei nostri morti, anche nella ritirata, perché ti sembrava di perderli del tutto a lasciarli andare". "Poi ci hanno dato il cambio, ma noi Mitraglieri eravamo sempre a dare supporto ai Fucilieri, mi sono trovato con il Valanga e con la Cp Serenissima, con il tutto il mio Plotone compreso la Squadra con il mitr. Egidio Cateni, ci avevano aggregati per portare aiuto al Fulmine a Tarnova per lo sganciamento dall'accerchiamento. Partecipammo anche al recupero dei caduti del Fulmine, mi è toccato vedere dove erano sepolti, dietro il Cimitero, con 20-30 cm di terra. Recuperati i morti li portammo a Gorizia. Mi ricordo che passai tutta una notte di sentinella a vegliare quei caduti, per un ragazzo come me fu un'esperienza molto dura. Rientrati alla Caserma Gotti a Vittorio Veneto fummo poi, con una cerimonia alla Caserma del Castello del Col di Luna a Conegliano, sede delle nostre Ausiliarie SAF Xa, presente anche il nostro Cte Cp Mitr. GM Giorgio Farotti, premiati con Encomi Solenni e furono nominati Sergenti gli AU del nostro Plotone, Augusto Bruzzesi e Benedetto Niccolai, e Egidio Cateni fu nominato Sottocapo e Comandante di Squadra, sostituendo in tale funzione il Secondo Capo Domenico Gravoglio, proveniente dai Mezzi d'Assalto di Superficie, caduto eroicamente in azione a Chiapovano il 24 dicembre 1944".
3 commenti:
Onore e massimo rispetto a questi Eroi dimenticati
Che splendore leggere e rivivere il coraggio di giovani ragazzi.
Mi alzo in piedi e Vi saluto con rispetto.
Grazie a entrambi delle belle parole!
Andrea
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