Gli ultimi combattimenti dell'aprile 1945 nella prosa di Marco Pittaluga, Battaglione "Barbarigo" della Divisione "Decima", in azione contro gli Alleati sul Fronte Sud.
«Marcia il reggimento per le strade d’Italia».
«Pesante il cuore per la ritirata che continua, per la guerra perduta, per i compagni morti, per l’odio che spia continuo, per l’inutilità di tutti i sacrifici. Pesanti sono anche le membra, ora che il morale scende: l’elmetto è un cerchio di ferro intorno al cranio, gli spallacci del bastino col mortaio segano le spalle, gli abiti fradici raschiano la pelle, i piedi gonfiano e gorgogliano stranamente nelle scarpe sfondate, le reni fanno male, il sole acceca.
Non piangere, fante del mare, la gente ti guarda e ti odia e gioisce. Dimentica i chilometri che hai nelle gambe, dimentica le croci con l’elmetto in cima: “Qui riposa un soldato italiano”, dimentica il grido dell’amico morente, lo strazio di quello ferito, ricordati solo che qui rappresenti i morti e i feriti, il fronte, il sangue, il soldato italiano; ricordati solo che per la gente tu sei colui che ha fatto continuare la guerra, ricordati sempre che c’è gente che guarda, che odia, che gioisce di ogni tua debolezza per fartene, domani, l’accusa più atroce.
Raddrizza le spalle fante del mare, alza il mento, solleva i piedi, guarda in faccia chi ti odia, sii fiero della tua tuta strappata, delle tue mostrine rosse, del tuo ideale, che oggi sta morendo, che domani risorgerà!
Che cosa sono le marce spietate, la pioggia, il sole, lo stillicidio degli aerei, la fame, la sete, il sonno, quello che ti aspetta domani, di fronte alla messa di chi è morto, fra le navate della battaglia e il possente armonico suono dell’organo dalle canne d’acciaio, il cannone?
Perché singhiozzi, senza lacrime, fante del mare? Perché ti fanno male i piedi? Perché la schiena è rotta? Perché la febbre ti divora? No, non sono i piedi, non è la febbre, lo so, tu vivi ancora nella mistica, rovente aria della linea, tu senti il cuore rombare il suo inno di vita fra lo schianto della granata ed il sibilo del proiettile, senti scivolare sotto la pelle della spina dorsale l’inesprimibile brivido della morte bella, tu aspetti ancora, col corpo smanioso di scattare, l’ordine dell’assalto, la corsa vertiginosa alla meta, il riso folle di gioia del primo scontro, il bivacco nostalgico sulla posizione conquistata.
Iddio non l’ha voluto, fante, Iddio volle che l’ordine dell’assalto non venisse, che tu finissi il nastro della mitragliatrice sul nemico senza fermarlo, che non ci fossero più pietre da scagliare, che tu conservassi la vita per altri dolori.
Non imprecare, non bestemmiare, domani forse il tuo nastro non finirà subito, il nemico si fermerà, sarà la sua mitraglia a tacere sotto il tuo urto. Hai vent’anni, fante del mare, la vita è lunga, la fortuna è bendata.
Marcia il reggimento sulla strada bagnata su cui dardeggia il sole e gli uomini fumano come cavalli sudati, i piedi strascicano, le spalle sono curve. E ogni tanto una macchina lo supera urlando, ogni tanto si ferma nei fossi, aspettando che l’aviatore nemico finisca i colpi.
Ad una svolta dello stradone appaiono delle cupole, delle torri: una città.
Togliti l’elmetto, fante del mare, e raccogliti: quella città è Padova ed inizia la messa del reggimento. È il 28 di aprile, la guerra è finita, i nemici, coll’aiuto di altri soldati italiani, per te traditori, hanno già liberato la tua Patria.
Ma tu non lo sai, fratello fante, non lo vuoi sentire quando te lo dicono, invidi la croce coll’elmetto sfondato e non perdi il collegamento con chi ti precede, quando ti dicono di salvarti, di fuggire.
Hai ancora il pregiudizio che salvarsi sia sinonimo di disertare, che l’onore sia una cosa a cui si debba attenersi, che la vigliaccheria sia indegna dell’uomo.
Aggiornati, fante, oggi si parla di doppio gioco, di collaborazionismo, di vendere e di comprare. Se hai combattuto, l’hai fatto per l’oro tedesco, se ti sei arruolato, l’hai fatto per evitare il carcere, se sei morto, un cane di meno, se hai amato una donna, sei stato un sadico seduttore.
Non stupirti, non negare, è il mondo che si evolve, è la libertà, è la giustizia.
Alle porte della città un ordine, il primo dopo ore: Alt, cos’è? Cosa succede? Silenzio, soldato, passa la voce: “Comandante in testa alla colonna”… Eccolo, passa, è passato.
Le voci si incrociano, “È ribaltato un carro”, “la strada è minata”, “È morto il Capitano tale”.
Silenzio, perdio, siete soldati o donnette? Ma chi è quel tale in divisa inglese, più bianco dello straccio bianco che ha in mano, che gesticola? Non angustiarti, fante del mare, lo saprai troppo presto chi è quell’uomo. Sdraiati e riposati, altre fatiche attendono. Non sciupare energia. Ecco la notizia vera: “Quell’uomo era un traditore, che prendendo per l’occasione il nome di patriota e di eroe annuncia a te, fante straccione e infangato, che vieni dal fuoco, che Padova è liberata, che la guerra è finita, che vuole le tue armi o non ti lascerà passare”. Non ridere, fratello, il tuo comandante ha risposto per te ed ha detto: “Annuncia che il reggimento non si cura di straccioni, che le armi che abbiamo tenute per tanti anni non finiranno in mano a dei venduti, e due minuti do a te per sparire con il tuo cencio. Poi farò il mio dovere”.
Ben detto, eh, fante di mare? Avresti detto altrettanto anche tu. Sollevati ora e raccogliti di nuovo: un invisibile sacerdote legge il Vangelo della messa del Reggimento.
Il reggimento marcia ancora per qualche centinaio di metri e poi si ferma.
Drizza le orecchie, fante, cosa sono questi spari, cos'è questo sibilo che straccia la seta dell’aria? Allegro, ragazzo, si combatte di nuovo. E arrivano i ragguagli: più avanti, dietro quella casa, c’è un ponte, quel ponte i nuovi eroi han deciso di difenderlo, su quel ponte, ragazzo, tu non devi passare.
Ridi pure ora vecchio pattugliatore di Nettuno e del Senio, ridi o superstite del fuoco dei più potenti eserciti del mondo, ridi, o tu che col mitra hai fermato per diciotto mesi il torrente di lava dell’esercito alleato.
C’è qualche salumiere che perché la guerra è finita immagina di poter fare quello che vuole, e vuole fermare te, soldato, dopo aver finito un’ora prima di affettare salami.
Siediti pure e fumati in letizia una sigaretta, bastano quattro uomini a spazzare il ponte. Goditi queste ultime stupide pallottole e attendi. Tutto il Reggimento attende.
I quattro uomini, abitudinari dell’ardimento, hanno spazzato il ponte. Passa la voce però, fratello fante: “Portaferiti avanti, medico avanti”. Il Reggimento passa e la bandiera si adorna dell’ultimo sacrificio. L’ardimento vuole sempre il suo contributo di sangue.
Passi per Padova ora, e non vedi più nessuno. Eppure l’hanno liberata da tre giorni; possibile che quattro uomini abbiano fatto fuggire tutti i patrioti?
Annotalo questo, fante, perché molto si parlerà, in seguito, dell’eroismo partigiano.
Perché tutte quelle finestre chiuse, perché non si vede nessuno?
Non stupirti, ragazzo, tu sei un morto che cammina, tu sei un fantasma risuscitato dopo tre giorni, sei un morto che non vuol morire o che non si rende conto di essere morto.
Chi non ha paura dei fantasmi?
Ed ora mettiti sull’attenti, fante del mare, il sacerdote invisibile solleva l’Ostia, invisibili trombe suonano l’elevazione.
Fragore di ferraglia ad un’estremità della strada, rumore di lotta, ordini affrettati. Il torrente di lava ti ha raggiunto e superato.
Retrocedi, cerca un’altra via, in fretta, fante… Ah, è inutile, un’altra colonna incalza da dietro.
Ed un prato verde nella luce viola della notte accoglie l’ultima resistenza del Reggimento. In quel prato verde, poco dopo, echeggia l’ultimo commiato strozzato del Comandante e il primo elogio del nemico. In quel prato sanguinante di mille cuori, tu, fratello fante, nascondesti gelosamente un brandello della tua bandiera.
Inginocchiati pure, ora, fratello fante, e piangi. La luce viola della notte ti nasconde. Appoggia la fronte all’acciaio gelido del tuo fucile e prega: si compie il sacrificio della tua Messa.
Domani, inizierà il tuo calvario».