Qualche tempo fa è uscito un libro di Sergio Nesi, ex Uff.le dei mezzi navali della Xa MAS, che ricostruisce la strage di Ozegna:
Ozegna, 8 luglio 1944. Cronaca di una inutile strage, Nesi Sergio, - Lo Scarabeo (Bologna). Nel libro
e in un suo blog, dal quale sono tratte le seguenti citazioni in corsivo, Nesi cita la
biografia scritta dallo scrivente, Andrea Lombardi, nel 2005. Il giudizio che Nesi dà della
mia ricostruzione della vita del fondatore del Btg Barbarigo è solitamente buono. Purtroppo però, nel corso della sua disanima sul Comandante Bardelli e sulla sua carriera militare in generale, e su Ozegna in particolare, Nesi scrive:
Bardelli non era un comandante nel senso vero e proprio, non aveva le caratteristiche di un Master and Commander nel significato che si dà in Marina a queste due parole. Master, capitano, lo era di sicuro per via dei suoi gradi, ma Commander proprio no, non era un condottiero che si mette a capo dei suoi uomini in battaglia, che si comporta verso di loro come un padre responsabile e non li manda al macello inutilmente.Bardelli, abituato a quella vita e a quel frastuono, non si esprimeva con toni normali, ma istintivamente parlava ad alta voce o urlava e i suoi scatti d'ira, come è noto e come è confermato nella sua biografia, erano incontrollabili.
La "biografia" citata sarebbe la mia; Nesi utilizza capziosamente alcune citazioni: in numerosi passi della mia biografia la "durezza" di Bardelli è sempre seguita, dalla parole di chi lo ha conosciuto, da considerazioni sulla sua umanità e bonarietà, dietro il suo fare burbero. Inoltre, "duro" o "deciso" non è necessariamente sinonimo di "irresponsabile" "scatti d'ira" "raptus di nervi", come da citazioni di Nesi... Tale incredibile forzatura di Nesi, vero atto di disonestà intellettuale, la dice lunga sulla bontà storiografica delle sue considerazioni "storiche" su Bardelli e Ozegna, e sui suoi scopi reali dietro questo libro di "indagine". Le considerazioni di Nesi su "master e commander", peraltro fuori luogo nel caso di Bardelli, che, a detta di chi era stato ai suoi ordini, era un vero Leader of Men, come era stato un eccellente Ufficiale di macchina.
Nel corso delle mie visite a Ozegna mi sono ricordato di loro, perchè ho pensato che forse uno di quei ragazzi scampati dall'inferno di Nettuno era venuto a morire sulla piazza Umbertp I di quel paesino, senza sapere perchè e per colpa di un irresponsabile (che sarebbe Bardelli, nota mia).
Ecco perchè non riesco a capire tutto quel fanatismo di alcuni reduci del Barbarigo verso la figura di quel "Leggendario Comandante", fanatismo che ho potuto osservare anche al Campo della Memoria quando gli oratori di turno hanno rievocato solo Bardelli, dimenticandosi completamente che sul campo di battaglia di Anzio e Nettuno il loro vero comandante si chiamava Vallauri; e che ad Anzio e Nettuno c'era pure il Gruppo di Artiglieria San Giorgio, al comando del ten. di vasc. Renato Carnevale.
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E' la storia di una inutile strage avvenuta in pochi minuti nella stretta piazza di Ozegna, una piccola località del Canavese, verificatasi nel pomeriggio dell'8 luglio 1944. Una sessantina di uomini dei battaglioni "Barbarigo" e "Sagittario" della X Flottiglia MAS, al comando del maggiore del Genio Navale Umberto Bardelli, si scontrarono improvvisamente con una ventina di partigiani al comando del loro capo Piero Urati, nome di copertura "Piero Piero", dopo essere stati per una ventina di minuti mescolati tra loro in amichevoli conversari. Improvvisamente "Piero Piero", con un balzo si allontanò da Bardelli e gli urlò: "Comandante, siete circondati...arrendetevi!", ma Bardelli, preso di sorpresa, gli replicò con un altro urlo: "Barbarigo non si arrende!...", ma, in un incontrollato raptus di nervi,purtroppo soggiunse: "FUOCO!".
(Nesi scrive nel suo Ozegna che il rifiuto del Cte Bardelli di arrendersi fu un atto irresponsabile e solo frutto di uno "scatto d'ira", foriero dell'inutile morte dei suoi Marò. In realtà, la situazione nella piazza di Ozegna non era quella di "amichevoli conversari", ma nonostante gli sforzi di dialogo tra Bardelli e Urati, molto tesa: il successivo ingresso sulla scena dei partigiani di Urati ben difficilmente avrebbe condotto a un esito differente... e non riusciamo a vedere quanto "irresponsabile" o da "incontrollato raptus di nervi" sia la decisione, fatale ma attinente in pieno all'onore militare, il non arrendersi al nemico senza combattere - e qui purtroppo gioca nell'accanimento di Nesi la sua stessa biografia, essendosi per l'appunto arreso agli Alleati al termine di una inconcludente missione a fine guerra, da lui ricostruita come invece un'epica impresa. Lo scrivente, peraltro, segnala che diversi veterani videro in quella "missione" del Nesi una vera e propria fuga; missione che avrà come conseguenza ad ogni modo la fine del reparto comandato da Nesi, lasciato privo di ordini e quindi facile preda dei titini. Non ci sentiamo di avvallare quest'ultima tesi: il dato di fatto è che la missione di Nesi portò alla perdita del suo mezzo e a nessun risultato; anche il riflesso psicologico della stessa "beffa" sugli Alleati e sugli italiani occupati è tutto da verificare, visto che è basato solo sulle affermazioni di Nesi.
(Il capo partigiano Urati, che uccise Bardelli, in questo dimostrandosi infinitamente superiore umanamente e militarmente a Nesi, mi disse telefonicamente di recente, parlando del suo nemico di allora, che "Bardelli era un coraggioso, e non vorrebbe averlo ucciso")
(In realtà, vedi quando Nesi scrive -scoprendo le carte sulle sue vere motivazioni- "fanatismo... alcuni reduci del Barbarigo... Campo della memoria", questo libro è basato non su una ricerca storica senza ira et studio, ma solo sui rancori personali del Nesi, cfr. le annose e controverse questioni relative alla progettazione e costruzione del Campo della Memoria a Nettuno, che -a ragione o a torto- coinvolsero anche Nesi, la cerimonia del 2005 al citato Campo dove Nesi fu trattato da alcuni veterani del Barbarigo come ospite non gradito, o le reiterate e non certo encomiastiche opinioni del Nesi verso i reparti di terra della Xa, e alcuni veterani del Barbarigo in particolare).
AGGIUNTA del 12 luglio 2011
Sul sito web dell'ass. comb. Xa viene postato l'8 uglio 2011 il seguente comunicato, che non saprei definire se ipocrita o vergognoso, visto l'autore di detto comunicato e ciò sopra esposto:
Ozegna 8 Luglio 1944 - 8 Luglio 2011 - RICORDO DI UNA INUTILE STRAGE
«s.c. a.u.MARIO TEDESCHI - btg. Barbarigo - "...Piero Piero balzò indietro (dietro a un albero...ndr) puntando l'arma contro il Comandante, ordinando di arrendersi... Ma Bardelli, invece di arrendersi, rispose lanciando un grido che poi diventò la nostra divisa fino alla fine: Barbarigo non si arrende! FUOCO!...»" (da M.Tedeschi: "Sì bella e perduta" ed. Serarcangeli - Roma - 1953 - pag. 47 e ss.).Morirono in quel giorno:il c.c. Umberto Bardelliil s.t.v. Salvatore Beccocciil capo di 3ª cl. Francesco Redentinoil s.c. Ottavio Gianolliil marò Gianni Biaghettiil marò Franco De Berardinisil marò Pietro Fiaschiil marò Giovanni Grossoil marò Armando Masiil marò Pietro Repetti
L'Associazione Combattenti della X Flottiglia MAS li ricorda tutti con immutato rimpianto per il loro inutile sacrificio.
T.V. Sergio Nesi, Comandante dei Mezzi d'Assalto
Il significato di quell'"inutile" sarà sfuggito ai più, ma è chiaro dopo aver letto il libro Ozegna o questo post.